Mediazione e arte: intervista a Fabio Perrone

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Fabio Perrone

Mediazione e Arte è un binomio di cui Camera Arbitrale di Milano si occupa da tempo, anche attraverso il suo progetto ADR Arte. Ma l’arte, nel senso più ampio del termine, abbraccia anche campi peculiari come la musica e, nel caso specifico che affrontiamo in questa intervista, gli strumenti antichi. Fabio Perrone, mediatore cremonese, è un vero esperto in materia e ha risposto ad alcune domande per capire meglio le dinamiche di queste controversie.

Tu sei mediatore e anche perito di strumenti musicali: raccontaci di cosa ti occupi…

Sono mediatore civile e commerciale dal 2012 ed opero presso l’Organismo di Mediazione della Camera di Commercio di Cremona, l’International Court of Arbitration for Art e sono iscritto nell’albo periti di strumenti musicali della CCIAA e del Tribunale di Cremona, attività che ho iniziato nel 2000 dopo aver conseguito un diploma di pianoforte, una laurea in Musicologia a Pavia-Cremona e una in Conservazione dei Beni Culturali a Parma. La professione mi ha sempre appassionato perché mi ha consentito allo stesso tempo di conoscere moltissimi musicisti che suonano nei principali Teatri ed Orchestre in Italia e di studiare strumenti musicali sempre diversi ed interessanti sotto moltissimi profili.

Esiste un ambito di conflittualità specifica che contraddistingue il settore degli strumenti musicali?

Come ogni settore, anche in quello musicale esistono specificità: un restauro malfatto o contestato, un contratto di vendita non soddisfacente, lasciti ereditari complicati da gestire tra gli eredi, disaccordo sul risarcimento ottenibile a seguito di un sinistro possono essere alcuni tra gli esempi più ricorrenti. Se da una parte il mediatore si distingue per equilibrio, terzietà e disponibilità all’ascolto per poter accompagnare le parti nella risoluzione positiva del conflitto, dall’altra l’essere professionista di un settore specifico può aiutare le parti a vedere soluzioni che il diritto, per sua natura, non potrebbe neppure prendere in considerazione. Ad esempio una lite aveva coinvolto un restauratore di pianoforti ed un cliente molto esigente. Il primo aveva restaurato la meccanica e la tastiera in avorio di un antico pianoforte cercando di riportare tutto al primigenio splendore. Il lavoro era stato svolto egregiamente sotto il profilo squisitamente tecnico. Ma si sa che l’avorio tende ad ingiallire col tempo e, nonostante i trattamenti effettuati dal riparatore, la tastiera appariva non bianchissima. E non sarebbe mai potuta apparire tale. Questo particolare cromatico rappresentava un serio problema per il cliente… dentista. Il giallo dell’avorio gli ricordava così tanto l’ingiallimento dello smalto dentale, spia di carie in arrivo, che lo avrebbe disturbato visivamente troppo durante le sue esecuzioni musicali, così desiderate dopo ore ed ore trascorse alla poltrona ad osservare sorrisi variegati e spesso poco poetici. L’accordo? La sostituzione delle placchette della tastiera di avorio con eguali in osso, decisamente più bianche e capaci di estrarre dal pianoforte un suono perfetto e sorridente… tipo Durban’s. Stupito e incredulo dalla bizzarria del caso, un amico pianista mi ha chiesto alcuni anni dopo la riuscita mediazione: “Ma tu avresti mai sostituito l’avorio con l’osso in una tastiera antica?”. Non ho potuto rispondere se non che il mediatore deve essere terzo, imparziale ed aiutare le parti a trovare una soluzione condivisa e reciprocamente soddisfacente. Se la soluzione trovata è andata bene al dentista e al restauratore… nessun problema, anzi sicuramente uno in meno da risolvere! Cosa avrei fatto io, invece, è tutt’altra faccenda… ma la terzietà e l’esser super partes sono e rimangono delle virtù nella mediazione.

In quanto mediatore, ritieni che la mediazione possa dare un particolare supporto alla gestione di liti così peculiari?

Non posso che rispondere, e convintamente, sì! Dopo un decennio di attività ritengo che se da una parte l’incomprensione tra le persone è simile ad un percorso in un labirinto dove più ci si addentra per trovare la via d’uscita e più ci si ingarbuglia, dall’altra trovando il bandolo della matassa diventa facile trovare anche la soluzione che possa far convergere i differenti interessi e posizioni. A volte le parti si preoccupano solo del problema (di come è nato, del perché, da quanto tempo…) e poco delle possibili soluzioni che sono sempre la chiave di volta. Se le parti non desiderano trovare soluzioni perché questo – paradossalmente – scioglierebbe il loro rapporto che a volte è l’unica cosa che almeno inconsciamente o consciamente una delle parti spesso ha paura di perdere, il mediatore può poco o nulla. Se invece, cogliendo le motivazioni profonde che hanno condotto le parti a litigare, si intravvede la luce negli occhi delle parti… la soluzione può essere davvero a portata di mano. Ricordo un caso di un violoncello di pregio lasciato in eredità dal papà musicista ai suoi tre figli, nessuno di loro musicista. Che fare? Venderlo sarebbe stata la soluzione più semplice ed immediata con una equa ripartizione del ricavato tra gli aventi causa. Ma nessuno dei figli lo avrebbe venduto per ragioni affettive e nessuno di loro lo avrebbe acquistato. Ecco dunque la mediazione riuscita: affidare lo strumento ad un valente musicista di una primaria orchestra che lo avrebbe suonato, manutenuto ed assicurato – incrementandone così nel tempo il valore economico – consentendo almeno due volte all’anno ai figli del musicista scomparso di poter riascoltare la voce dello strumento che per molti anni aveva riempito di suono la casa di famiglia. L’oggetto della disputa, a ben guardare, non era il violoncello in sé né il valore economico ritraibile dalla sua vendita che non avrebbe modificato in nessun modo il patrimonio degli eredi benestanti… la vera questione riguardava piuttosto la paura di perdere per sempre la “voce” del padre scomparso e i ricordi che tale “voce” aveva il potere di rievocare nei tre figli tutte le volte che lo strumento veniva suonato. Non è stata una mediazione… è stata piuttosto una riconciliazione affettiva e familiare.

La mediazione può rappresentare una risorsa in più per la tutela del nostro patrimonio artistico, nella tua esperienza?

Anche in questo caso posso rispondere affermativamente. Ma mi distaccherò leggermente dalla mediazione civile e commerciale comunemente intesa per offrire un punto di vista più ampio. In Italia, nel 2022, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, posti a diretta collaborazione del Ministero della cultura, hanno recuperato 80.522 beni d’arte per un valore complessivo stimato di € 84.274.073, come è riportato nel dossier “Attività Operativa 2022” dell’Unità specializzata dell’Arma. Tale dato, contenente in quota-parte anche gli strumenti musicali, restituisce l’entità del fenomeno. A esempio il 26 luglio 2022 il Ministro della Giustizia albanese Ulsi Manja ha restituito all’Ambasciatore italiano a Tirana Fabrizio Bucci e al Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) Roberto Riccardi, il clavicordo da viaggio di autore anonimo risalente al XVIII secolo illecitamente sottratto nel 2015 dal Conservatorio di Musica di Parma. Lo strumento, prima di essere trafugato e recuperato in Albania, faceva parte della collezione “Laura Alvini”, e fu ceduto dai familiari dalla docente scomparsa in comodato d’uso al Conservatorio Arrigo Boito di Parma per essere non solo esposto ma anche suonato.
Il recupero dello strumento è stato possibile grazie alle indagini condotte dal Nucleo CC TPC di Bologna, che alla fine del 2018 ha intercettato in Albania la trattativa per la vendita dell’antico clavicordo. Gli accertamenti condotti dai Carabinieri hanno consentito alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma di inoltrare una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale alla Procura presso il Tribunale di prima istanza di Tirana, e poi di sequestrare, grazie al supporto dell’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza in Albania – Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale e della Polizia Albanese, l’antico strumento musicale poi rimpatriato e restituito al Conservatorio. Una storia tra tante che quotidianamente impegnano le Forze dell’Ordine e la Magistratura nel recupero di beni d’arte illecitamente sottratti al nostro Paese. Un lavoro encomiabile.
Esistono tuttavia ancora ampi settori dove la mediazione può operare e con successo. Mi riferisco nella fattispecie a vertenze legate alla cosiddetta looted art che ha suscitato negli ultimi anni crescente attenzione ed interesse anche perché, secondo stime più che attendibili, gli oggetti d’arte trafugati durante il periodo nazista sono state più di 500.000 di cui oltre la metà provenienti dall’Italia. Tra questi beni ritroviamo moltissimi strumenti ad arco di pregio di fattura cremonese realizzati da Stradivari, Amati, Guarneri del Gesù. Ad esempio si son perse le tracce di quasi 120 strumenti ad arco appartenuti a Giuseppe Strocchi (1855-1941), un importante collezionista ed esperto di liuteria italiano che aveva raccolto nel 1932 più di 118 strumenti ad arco tra i quali violini, viole, violoncelli e contrabbassi, realizzati da liutai italiani delle più importanti scuole attive fra il XVI e il XIX secolo. Morto il proprietario nel 1941, parte della collezione fu trafugata dalle truppe naziste durante gli eventi dell’ultimo conflitto mondiale. Strumenti depredati che certamente oggi suonano chissà dove.
Sul piano del diritto privato bisogna rilevare che esiste una differente visione fra l’approccio dei Paesi di diritto continentale che tendenzialmente accordano maggior tutela all’acquirente di un bene rubato sulla base del principio “possesso vale titolo”, e quelli di diritto anglosassone che consentono al proprietario illecitamente spossessato del bene di recuperarlo, secondo la massima derivata dal diritto romano “nemo dat quod non habet”. Nei vuoti normativi o in particolari situazioni complesse la mediazione può trovare non solo applicazione ma essere lo strumento per l’effettiva risoluzione della quaestio.
Cito solo due esempi di ambito liutario.
Il primo viene dalla Germania e ha come protagonista un violino Guarneri del 1706. Messo all’asta per dieci milioni di dollari dalla Fondazione tedesca Hofmann-Hagemann, attuale proprietaria dello strumento musicale, l’operazione di vendita aveva spinto gli eredi dell’antico proprietario Felix Hildesheimer, un negoziante ebreo di strumenti musicali al quale lo strumento fu sottratto dai nazisti e dopo alcune traversie finito nella disponibilità della Fondazione, ad un’azione legale risarcitoria. Felix Hildesheimer aveva comprato lo strumento nel 1938. Negli anni successivi, a causa delle leggi razziali, Hildesheimer aveva dovuto vendere sia il suo negozio sia la sua casa. L’epilogo fu tragico: il negoziante si tolse la vita mentre la moglie e le due figlie furono prima internate in un lager in Francia e, successivamente, riuscirono a fuggire negli Usa. Da quel momento, del violino si perse ogni traccia finché non venne acquistato nel 1974 dalla violinista Sophie Hagemann di Norimberga scomparsa la quale lo strumento divenne proprietà della Franz Hoffman und Sophie Hagemann Stieftung, Fondazione che sostiene i giovani musicisti.
I nipoti di Felix Hildesheimer avevano richiesto la restituzione dello strumento, anche in forza di un parere favorevole della Limbach Kommission, che si occupa appunto della restituzione dei beni sottratti alle famiglie ebree nel III Reich. Secondo gli esperti, lo strumento venne infatti ceduto da Hildesheimer sotto costrizione al fine di poter ottenere il visto per sfuggire alla deportazione. La controversia si è chiusa con una mediazione grazie alla quale la Fondazione Hagemann ha riconosciuto un risarcimento ai nipoti di Felix Hildesheimer, mantenendo la proprietà del violino e assumendosi l’impegno di affidarlo a giovani musicisti di talento.

Il secondo esempio che vorrei portare all’attenzione viene dalla Francia ed ha come protagonista il violino Stradivari “Lauterbach” che è stato oggetto di complesse ricerche da parte dello Studio Legale Herhkovitch di Parigi e dell’associazione «Musique & Spoliations». Con molta probabilità lo strumento si trova ancora oggi in Francia dopo essere “riemerso” dall’oblio. Il violino “Lauterbach” era scomparso dal Museo Nazionale di Varsavia nel 1944, sottratto da truppe naziste, e ritrovato nel settembre 1948 dall’ufficiale Stefan P. Munsing dell’esercito degli Stati Uniti nella casa di un ex membro delle SS, Theodor Blank, a Heinrichsthal, in Germania. Dopo un’accurata indagine, il violino con custodia e due archi erano stati inviati in Polonia per la restituzione ma da un’ulteriore indagine del 2008 condotta dal Ministero della Cultura polacco si è appurato che il violino Stradivari “Lauterbach” non è mai giunto al Museo Nazionale di Varsavia. Cosa sia successo nei sessant’anni tra il 1948 e il 2008 è ancora un mistero. Ecco, dunque, la necessità di indagine affidata allo Studio Legale parigino per la ricostruzione della vicenda del violino trafugato e della sua “riemersione” nelle mani del suo attuale proprietario. Come è facilmente intuibile, in gioco non c’è solo la storia dello strumento ma ci sono anche interessi economici e normative differenti che spesso e volentieri possono trovare una speciale armonizzazione e, forse, qualche risoluzione in un processo di mediazione che possa dare a ciascuno dei contendenti la soddisfazione di pensare di aver avuto ciò che non gli spettava e di non essere stato privato di nulla tranne che di ciò che gli era dovuto.