di Cristina Belloni*
Sempre più animali domestici
Ci sono sempre più animali nelle nostre case, un dato supportato dalle recenti ricerche di mercato. In Italia in un’abitazione su tre c’è un animale da compagnia: 37,3%; +4,6% rispetto al 2023 secondo i dati Eurispes, Rapporto Italia 2024.
E’ anche aumentata l’attenzione al benessere dei nostri amici animali. Basti pensare a quante linee di prodotti alimentari esistono, con una forte attenzione alle esigenze specifiche in base alla razza, abitudini, patologie ed età. Questo porta a ricadute di carattere economico. Il mercato dei prodotti per l’alimentazione dei cani e dei gatti in Italia ha sviluppato un giro d’affari che ha superato i 3 miliardi di euro nel 2023 (Rapporto Assalco – Zoomark 2024).
La crescita costante di questa attenzione al mondo animale ci invita a riflettere su un aspetto fondamentale del rapporto uomo-animale: la capacità di comprenderci e relazionarci al di là delle parole.
Comunicare e mediare… da cani
Watzlawick ci insegna che comunicare è inevitabile. E questo vale anche per i cani che. come i mediatori, hanno una cassetta degli attrezzi per comunicare e per risolvere conflitti?
Chi vive il mondo della mediazione sa quanto sia importante studiare e imparare quanto più possibile sulla comunicazione.
Anche i cani hanno un loro modo di comunicare tra loro, ma soprattutto con noi.
Così come accade in mediazione, quando la comunicazione verbale fallisce, entrano in gioco segnali non verbali che possono rivelarsi fondamentali, anche per i cani esistono quelli che sono stati definiti “segnali calmanti”.
L’utilizzo di questi segnali non è una capacità innata ma un vero e proprio linguaggio che il cane apprende già dalle prime ore di vita, non appena inizia a prendere coscienza del proprio corpo.
Grazie allo studio di queste tecniche, oggi sappiamo che i cani sono … ottimi mediatori, avendo una notevole predisposizione a gestire i conflitti (T. Rugaas)
Esattamente come fa l’uomo, i cani utilizzano ogni parte del corpo per inviare messaggi e comunicare sia con i propri simili che con noi. La gestione dello spazio prossemico, ad esempio, è qualcosa che i cani sanno usare perfettamente. Si pensi al muoversi descrivendo una curva anziché andare direttamente verso un altro cane. In questo modo l’animale comunica di avere intenzioni pacifiche e non aggressive. Allo stesso modo, se ci pensiamo, quando iniziamo una mediazione è importante avere contezza dello spazio disponibile e del setting da adottare prima di iniziare l’incontro, sia che si tratti di un evento in presenza oppure on-line.
Alcuni esempi
Un altro esempio efficace è rappresentato dalla capacità di interporsi tra due litiganti. Quando sale la tensione all’interno di gruppo di cani, molto spesso uno di loro si frappone, per creare una barriera che consenta agli animi di raffreddarsi. Un occhio allenato si accorgerà subito che quel cane sta, in qualche misura, “mediando” una situazione che potrebbe, potenzialmente, degenerare.
Lo stare in mezzo è l’essenza stessa del mediare, quasi ad impedire fisicamente che il confronto diventi troppo acceso e si perda il controllo. Appare evidente quanto questo appartenga all’attività del mediatore.
Altri segnali calmanti possono essere leccarsi il muso, socchiudere gli occhi, guardare altrove o girare la testa. Si tratta di azioni che il cane adopera per trasmettere calma ad altri cani, a sé stesso e, il più delle volte, al proprio umano.
Alcuni comportamenti possono essere facilmente fraintesi. Quando il cane si sente un po’ impaurito o insicuro, può capitare di vederlo sbadigliare. Contrariamente a quanto normalmente si tende a pensare, non ha sonno. E’ semplicemente un modo per calmarsi e comunicare il proprio stato di stress.
Questi esempi ci riconducono ad un particolare strumento che dovrebbe essere presente nella cassetta degli attrezzi di ogni mediatore. Si tratta dello studio delle microespressioni facciali. Nella mediazione, riconoscere una microespressione, come un rapido accenno di rabbia o di disprezzo, può aiutare il mediatore a intervenire tempestivamente per gestire il conflitto latente. Come dice Paul Ekman, psicologo che ha molto lavorato su questo ambito, “il viso è un sistema duplice, che comprende espressioni scelte intenzionalmente e altre che emergono in maniera spontanea, a volte senza che l’interessato nemmeno sappia che cosa si dipinge sul suo stesso volto”.
Una cosa curiosa è che i cani sono una delle poche specie in grado di creare espressioni nuove all’interno del proprio linguaggio solo per poter parlare con noi: guardarci dolcemente e inclinare la testa mentre gli parliamo non è un segnale calmante ma è un’espressione che impara ad usare per poterci parlare e perché no, manipolarci e addolcirci all’instante.
Imparare da Fido
E noi, siamo in grado di imparare nuove modalità per dialogare con loro? Possiamo dire con certezza che gli strumenti per farlo oggi ci sono. Se impariamo a riconoscere i segnali che i cani utilizzano tra loro e li adottiamo nelle nostre interazioni, possiamo migliorare significativamente la nostra capacità di comunicare con loro.
I cani ci possono insegnare un’altra cosa fondamentale ovvero a stare nel momento.
I cani, infatti, non vivono di ricordi. Mettono a frutto le esperienze passate per poter migliorare. Per lo più agiscono per star bene e convivere pacificamente con chi sta loro intorno. Forse anche noi dovremmo imparare da loro a non rimuginare, a non far tornare alla mente ricordi spiacevoli che possono minare relazioni, anche a distanza di anni.
Prendendo in esame qualche segnale calmante o fermandoci a indugiare solo per qualche secondo sulla loro capacità di adattarsi a ciò che li circonda, possiamo capire come i segnali calmanti vengano utilizzati per lo più per prevenire i conflitti, ancora prima che risolverli.
Anche il mediatore, e tutti noi, abbiamo a disposizione uno strumento efficace utile alla prevenzione dei conflitti, la “Comunicazione Non Violenta” (CNV), che insegna a comunicare prediligendo l’empatia e l’ascolto. “La CNV si basa su abilità di linguaggio e di comunicazione che rafforzano la nostra capacità di rimanere umani, anche in condizioni difficili” (Marshall B. Rosenberg).
Tuttavia, usarla nella vita di tutti i giorni non è semplice e soprattutto non è sufficiente se a usarla sono in pochi “la comunicazione non violenta è importante e non può essere circoscritta alla dimensione personale o individuale perché inserita all’interno del contesto culturale e sociale in cui il singolo vive.”.
Possiamo quindi provare a imparare anche dai nostri amici cani a comunicare in modo efficace e cercare di prevenire i conflitti. I cani ci ricordano quanto sia importante sentirsi parte di un gruppo, riconoscere il valore della comunità come elemento fondamentale per la nostra serenità e sopravvivenza. Ci insegnano, inoltre, a prestare attenzione alle emozioni altrui, a cogliere quei segnali che possono anticipare tensioni e, con un atteggiamento empatico, a prevenirle prima che si trasformino in veri e propri conflitti. Incorporare questa saggezza nella nostra pratica come mediatori può fare la differenza, aiutandoci a creare un ambiente più collaborativo e armonioso.