La composizione negoziata introdotta dal DL 118/2021
Il 25.8.2021 è entrato in vigore il D.L.118/2021 (con efficacia in parte differita al 15.11.2021), che, all’art. 2, introduce un istituto nuovo e di notevole interesse:
“Composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa”.
La mediazione per la gestione delle crisi di impresa è entrata a far parte nella normativa di settore in Italia. Più precisamente, nell’Italia contemporanea, perché era già presente nello jus mercatorum e, soprattutto, nella legislazione della Serenissima Repubblica di Venezia.
Dopo travagliata gestazione, il D.Lgs. 12.2.2019, n.14 aveva introdotto il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza – CCII, che, tra l’altro, normava indici di allerta basati su procedure burocratiche, poco consoni all’attività aziendale.
Nel 2019 fu pubblicata la Direttiva europea Insolvency 2019/1023, su ristrutturazione preventiva e insolvenza, che prevedeva la possibilità di una procedura stragiudiziale, volontaria e negoziale, tra debitore e creditori (1).
Acquisiti obblighi nei confronti dell’Unione Europea, tra i quali la riduzione della durata dei processi civili e delle procedure concorsuali, il governo italiano nominò una commissione di studio (Commissione Pagni), che tenesse conto anche della Direttiva Insolvency. L’elaborato finale, dal titolo “Misure urgenti in materia di crisi impresa e risanamento aziendale”, è stato condiviso dal Consiglio dei Ministri del 5.8.2021, pubblicato sulla G.U. del 24.8.2021, divenuto D.L.118/2021 e accompagnato da una corposa relazione illustrativa.
Tra le misure adottate: entrata in vigore del CCII rinviata al 16.05.2022, per adeguarne gli istituti alla Direttiva Insolvency; gli indici di allerta al 31.12.2023 (2).
La novità più interessante è l’introduzione di una procedura nuova, la “Composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa”, volontaria, attivabile solo su richiesta del debitore in condizione di squilibrio economico finanziario. Questi, mantenendo la disponibilità e l’esercizio dell’impresa, può chiedere l’intervento di un esperto, che gestisca le trattative tra lui ed i creditori per trovare una soluzione alla crisi. Durata della procedura 180 giorni, a meno che tutte le parti non ne chiedano il prolungamento (in questo caso non è prescritta scadenza).
Quale formazione per gli esperti?
Le analisi su vari aspetti del decreto legge sono state immediatamente numerose (3). Negletto un aspetto, che ritengo essenziale: la formazione nelle tecniche di facilitazione e mediazione per la gestione delle crisi di impresa (su questo, si veda quanto a suo tempo scritto su questo blog).
Art. 2 – Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa
1. L’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere – alla CCIAA- la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. … .
2. L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.
Art. 3 – …… – 3. Presso la -CCIAA- è formato un elenco di esperti nel quale possono essere inseriti: gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili; … all’albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa; … all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti … . – Chi ha svolto- funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, …
4. L’iscrizione all’elenco di cui al comma 3 è altresì subordinata al possesso della specifica formazione prevista con decreto … del Ministero della giustizia… .
5. La domanda di iscrizione all’elenco … è corredata dalla documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti, dalla certificazione attestante l’assolvimento degli obblighi formativi di cui al comma 4, e da un curriculum vitae …, dal quale risulti ogni altra esperienza formativa in materia, anche nelle tecniche di facilitazione e mediazione . …”.
La stragrande maggioranza dei professionisti che finora, in Italia, ha gestito procedure concorsuali lo ha fatto, in genere, con tecniche avversariali, del resto sottese alla normativa in vigore. Le tecniche negoziali, di mediazione, invece, non sono particolarmente conosciute né apprezzate, nonostante che in Italia la mediazione, sul modello Harvard basato sugli interessi, sia stata introdotta nel 1993 presso le Camere di Commercio; sia stata prevista per le controversie bancarie, creditizie e finanziarie dal D.Lgs. 5/2003; sia stata normata come condizione obbligatoria di procedibilità dal D.Lgs. 28/2010 per alcune materie di diritto civile.
Il problema di base sta nella formazione, in relazione alla durata, di sole 50 ore (come del resto in molte altre nazioni) (4), ed ai contenuti: la stragrande maggioranza dei mediatori sono avvocati, che in genere ricevono formazione focalizzata su aspetti giuridici e procedurali. Invece, poiché la mediazione è un insieme di conoscenze e tecniche variegate, è necessaria formazione non solo su tematiche legali, ma anche su metodi di comunicazione, su principi di psicologia e sociologia, su come gestire i soggetti “difficili”, sulle conseguenze delle diversità culturali nei rapporti tra i singoli, sul timing nella gestione della mediazione. Inoltre, in questa particolare mediazione, la gestione della cristi di impresa sarà multiparte e multilivello; pensare di gestirla come un tradizionale concordato preventivo potrebbe riservare sorprese sgradite.
La riscoperta delle ADR
Il 2021 pare essere in Italia, quanto meno a livello istituzionale, l’anno della riscoperta delle ADR. Tra gli impegni presi dal governo con l’Unione Europea, come già detto, c’è quello di una riduzione dei tempi della giustizia civile. Istituita a tal fine una specifica commissione di studio, presieduta dal Prof. Luiso, questa ha proposto l’ampliamento delle materie oggetto di mediazione obbligatoria e la resa effettiva dei benefici fiscali già previsti da tempo, nonché una revisione dei criteri di formazione. Sarebbe questa l’occasione per inserire, in ambito universitario e nei corsi per mediatori, anche l’argomento gestione – meglio ancora, prevenzione – dell’insolvenza. Purché sia ben presente che, in una situazione di crisi finanziaria, due sono i fattori, di cui è più acuta la mancanza: il denaro ed il tempo per trovarlo. Ed il tempo, nella Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, sarà una variabile cruciale.
Nella stragrande maggioranza dei casi i creditori determinanti sono fisco/istituti previdenziali e banche. Fisco ed istituti previdenziali hanno i loro vincoli normativi. Per le banche la situazione è, a dir poco, nebulosa: le aziende di credito sono ormai diventate reti commerciali con alcuni, pochi, specialisti nella gestione delle criticità a 3 / 400 chilometri di distanza (ed a volte gli addetti alle vendite non conoscono neanche chi siano questi ultimi); gli operatori commerciali in genere non hanno esperienza di recupero crediti e, quando la situazione della posizione di rischio è quasi decotta, la riclassificano tra gli Unlikely-To-Pay o i Non-Performing-Loans, dopodiché quasi immediata cartolarizzazione. Fino a 20 anni fa il mestiere principale delle banche era quello di prestare soldi e, se ne erano capaci, farseli restituire; oggi, invece, vendere prodotti che con l’attività creditizia hanno poco a che fare.
In quanto tempo le banche risponderanno alla sollecitazione dell’esperto della negoziazione? Parteciperanno alla composizione negoziale per una mediazione della crisi d’impresa rappresentate da un avvocato o da un legale accompagnato da un responsabile del settore commerciale? La prima soluzione darebbe molto probabilmente risultati non gratificanti, la seconda permetterebbe di valutare soluzioni commerciali alternative, favorite dal fatto che le banche hanno nel loro portafoglio molteplici prodotti, che possono soddisfare le necessità del cliente debitore (e salvare il rapporto, che produce utili) con modalità diverse, anche fortemente differenziate.
Rispetto agli istituti di credito, i servicer, cessionari degli UTP e dei NPL, saranno più disposti a negoziare e con quali modalità e tempistiche?
Formazione negoziale, che tenga conto anche di questi aspetti, sarà necessaria.
Il debitore: un soggetto con cui entrare in sintonia
Ma il primo soggetto con cui negoziare, quello forse più difficile con cui entrare in sintonia, è il debitore, il quale spesso vive in una situazione psicologica distaccata dalla realtà, focalizzata su alcuni problemi da gestire o singoli obiettivi da raggiungere, raramente con una percezione complessiva della situazione. E per “fotografare” quest’ultima spesso si perde tempo prezioso. Una formazione specifica sarà particolarmente utile.
Tra le norme introdotte dal decreto legge, poi, presterei particolare attenzione agli artt. 6 e 18:
Art. 6 – 1. L’imprenditore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza presentata con le modalità di cui all’articolo 5, comma 1, l’applicazione di misure protettive del patrimonio. … dal giorno della pubblicazione, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.”; si riproporrà la sconcertante vicenda del concordato in bianco?
Art. 18 (Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio)
1. Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni … non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’articolo 5, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti ….“.
Non c’è riferimento all’art.160 Legge Fallimentare, per cui pare essere non necessaria la soddisfazione dei crediti chirografari, nella misura per lo meno del 20%. Ciò faciliterebbe la soluzione di molte crisi, però potrebbe permettere anche percorsi non del tutto cristallini.
Ultima considerazione: “L’imprenditore commerciale -in generale- e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” può chiedere l’ammissione alla composizione negoziata. Cioè questa procedura si aggiunge a quelle previste per gli imprenditori dalla legge sul sovraindebitamento (ne rimangono fuori solo il piano del consumatore e la liquidazione del suo patrimonio). Terminata la composizione negoziata con esito negativo, si potrebbe ricorrere al sovraindebitamento (con buona pace della tempestività della soluzione della crisi).
In conclusione, la “Composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa” è una novità interessante. Per un suo adeguato utilizzo servirà un consistente cambio culturale, che richiederà tempo, ed un’adeguata formazione alla negoziazione / mediazione, realizzabile, questa, in breve termine.
26.8.2021
Giovanni Matteucci
(1) Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza) PE/93/2018/REV/1 – Considerando 2) “… I quadri di ristrutturazione preventiva dovrebbero innanzitutto permettere ai debitori di ristrutturarsi efficacemente in una fase precoce e prevenire l’insolvenza e quindi evitare la liquidazione di imprese sane”. Considerando 4): “… Alcuni Stati membri prevedono una gamma limitata di procedure che consentono di ristrutturare le imprese solo in una fase relativamente tardiva, nell’ambito delle procedure d’insolvenza. Altri invece permettono la ristrutturazione in una fase precoce ma le procedure disponibili sono meno efficaci di quanto potrebbero essere oppure sono molto formali; in particolare poiché limitato l’uso di metodi stragiudiziali”.
(2) In relazione a queste ultime, c’è chi sostiene che almeno l’allerta interna è in parte già penetrata nel sistema a seguito della riforma societaria, con l’obbligo di adeguati assetti amministrativi organizzativi e contabili ed i doveri per amministratori e sindaci, previsti dagli articoli 2381 e 2403 del codice civile. Qualche dubbio sul riscontro operativo di tali affermazioni sussiste. Inoltre la stragrande maggioranza delle imprese italiane non ha struttura giuridica ed amministrativo contabile, che ricada sotto tali norme. Tuttavia, per le imprese medio piccole, da venti anni esiste un indice di allerta, efficace nel 70% dei casi; è il rating che le banche attribuiscono a tutte le loro posizioni di rischio. Peccato che venga scarsamente utilizzato.
(3) Danilo Galletti, “E‘ arrivato il venticello della controriforma? Così è se vi pare”, Il Fallimentarista, 27.7.2021
Massimo Fabiani, “La proposta della Commissione Pagni all’esame del Governo: valori, obiettivi, strumenti”, in Diritto della crisi, 2.8.2021
Salvo Leuzzi, “Una rapida lettura dello schema di D.L. recante misure urgenti in materia di crisi di impresa e di risanamento aziendale”, in Diritto della crisi, 5.8.2021; Andrea Fontana, “La (nuovissima) composizione negoziata della crisi d’impresa”, in Linkedin 6.8.2021; Luigi Amerigo Bottai, “La rivoluzione del concordato liquidatorio semplificato”, in Diritto della crisi, 9.8.2021; Marcello Pollio e Filippo Pongiglione, “La gestione delle crisi d’impresa si potrà fare fai-da-te”, in Italia Oggi Sette, 9.8.2021; Stefano Ambrosini, “La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti”, Il Caso 23.8.2021
Luciano Panzani, “Il D.L. ‘Pagni’ ovvero la lezione (positiva) del covid”, in Diritto della crisi, 25.8.2021
(4) Greg Bond, “I have always been sceptical about one-week forty-hour mediation courses leading to accreditation and people being able to say they are qualified mediators. This is because I, like most people most of the time, tend to see the world through the prism of my own experience, and I give that experience so much value that it colours my judgements. I was proud to have to do two hundred hours of mediation training, then several mediations, and coaching on those mediations before I could become accredited by the German Mediation Association (Bundesverband Mediation). I was and am convinced that this is a sign of quality”. In ““On the benefit of mediation training, and on getting things wrong”, Kluwer Mediation Blog,24.3.2019