Il coraggio di copiare (Direttiva Copyright e Mediazione)

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di Cristina Bianchi*

Cari lettori del blog, forse vi starete chiedendo in che modo la mediazione c’entra anche con la direttiva copyright.
Per rispondervi mi piacerebbe, nelle righe che seguono, raccontarvi cosa mi è successo nelle ultime settimane.
Lo scorso 22 marzo sono stata invitata, come Consulente in Proprietà Industriale, a un evento formativo organizzato da Elsa Milano e Camera Arbitrale.
Come mediatore, ho a dir poco “gongolato”, quando ho sentito la testimonianza diretta di numerose esperienze positive che hanno avuto gli illustri relatori con la mediazione. In particolare, ne parlavano due importanti players dell’editoria e dell’industria musicale. A sentire loro, e a voler dar retta ai numeri snocciolati, la mediazione è un sistema efficace e conveniente di soluzione delle controversie. Per esempio, in particolare, Il Giornale si affida con successo, da anni, alla mediazione, per affrontare le delicate questioni che riguardano la diffamazione a mezzo stampa.
Del resto, anche con riguardo all’arte, l’ADR (e in particolar modo la mediazione) ha dimostrato, soprattutto negli ultimi anni di applicazione in Camera Arbitrale, di essere un valido strumento di risoluzione di controversie caratterizzate, per loro natura,  anche da “multidimensionalità, internazionalità e riservatezza, richiedendo specifiche competenze tecniche e legali che non sempre il giudice possiede”.
Poche settimane dopo, nell’immediatezza della approvazione della “direttiva copyright”, ho partecipato un altro evento formativo, teso a dare le prime risposte alle convulse domande che si agitano intorno a questa riforma.
Anche in questa occasione erano presenti giganti dell’editoria e dell’industria discografica e televisiva, tutti a esultare per la riforma che, come vedremo tra poco, dovrà essere introdotta in Italia entro i prossimi due anni.
“Internet è morto?” “Cosa succederà alla libertà di espressione?” Queste le domande più pressanti. Niente panico. Dopo la riforma, internet sarà solamente, a quanto pare, un posto più sicuro, dove gli autori e i creativi potranno finalmente sperare di essere pagati per il proprio lavoro.
Cosa è accaduto? Vi risparmio anni di dibattiti e modifiche sul testo definitivo della riforma recentemente approvata. Per farla breve e semplice, quando è divenuto insostenibile permettere che giganti come Google, YouTube e Facebook si arricchissero alle spalle di generatori di contenuti protetti dal diritto d’autore, si è pensato bene di rendere più effettive le tutele, introducendo un sistema più regolamentato, che include licenze obbligatorie.
In altre parole, si è voluto mettere la parola “fine” al “far west” (da alcuni definito “far web”). D’ora in avanti, per poter circolare su internet, in particolare, sulle piattaforme poco fa citate, certi contenuti (editoriali, musicali), necessiteranno di una preventiva licenza. Ai creativi viene quindi riconosciuto, in maniera molto più efficace (quanto meno in linea teorica) il proprio “salario”.
La riforma rappresenta, da un certo punto di vista, il risultato di una ideale mediazione tra gli interessi (e bisogni) di autori/editori/discografici/giornalisti, da un lato, quelli dei “giganti del web” (piattaforme come Google, Youtube), dall’altro, e quelli dei sostenitori del “web libero”, da un altro ancora.
Approfittando della (per ora) libera circolazione di contenuti in internet, qualche settimana fa ho avuto modo di leggere un interessante articolo di Marco Marinaro, intitolato “Il paese dove tutto finisce in tribunale. Riflessioni sparse sulle prospettive di riforma della giustizia civile.”
Questo contributo mette in luce i risultati raggiunti dalla mediazione negli anni di sperimentazione e la sua necessaria valorizzazione in un’ottica de iure condendo in tema di riforma della giustizia civile, anche sulla base dello studio della commissione Alpa e dell’esperienza di altre procedure di conciliazione introdotte come condizione di procedibilità, ad esempio, nel settore energetico.
In poche e semplici parole, a me pare che Marco Marinaro dica: gente, la mediazione funziona, usiamola sempre di più!
Come accennato poco sopra, la “direttiva copyright” dovrà essere introdotta nelle legislazioni dei Paesi dell’Unione Europea, che hanno due anni di tempo per adempiere. Gli addetti ai lavori si aspettano nuovi accesissimi dibattiti, e vi è molta attesa relativa al modo in cui l’Italia implementerà la direttiva.
Quest’ultima include, oltre alle linee guida poco fa accennate, la necessità che siano disponibili dei meccanismi di risoluzione stragiudiziale delle controversie (oltre a un meccanismo di reclamo e ricorso celere ed efficace) in merito al caricamento di materiali protetti dal diritto d’autore.
Ecco, io sento di poter affermare che abbiamo il diritto (o finanche il dovere) di “copiare” quanto già efficacemente avvenuto in altri settori del nostro vivere in comune (locazione, condominio, energia elettrica, etc.) e continuare a promuovere la mediazione come metodo di risoluzione delle controversie, introducendola anche nel campo della tutela del diritto d’autore in internet.
Vedo la conflittualità inerente il caricamento di materiali protetti dal diritto di autore in internet, al pari delle controversie artistiche, un ambito nel quale la mediazione può esprimere efficacemente tutte le proprie potenzialità, garantendo alle parti una procedura confidenziale, tesa a individuare e contemperare bisogni e interessi, in tempi più rapidi di quelli necessari a un procedimento giudiziario, tenendo debitamente conto delle particolarità, anche tecniche, delle questioni coinvolte.
Inoltre, trattandosi normalmente di conflitti i cui soggetti sono legati da relazioni commerciali (le licenze obbligatorie), l’intervento di un terzo neutrale potrà di fatto agevolare il consolidamento della collaborazione.
Internet è morto? No, è’ vivo più che mai, e, viva anche la mediazione!

*Consulente in Proprietà Intellettuale; Mediatore