I piani della mediazione

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sognodi Stefania Lattuille

Primo incontro di mediazione: sulla domanda, come oggetto della mediazione, viene indicato “diritti reali”; parte istante e parte invitata sono due signore con cognomi diversi.
Entrano nella stanza due donne, una più giovane e una più anziana, affiancate dai loro legali.
Prende la parola l’avvocato dell’istante -la signora più anziana- dichiarando che la questione riguarda un contratto di comodato, del quale la sua assistita ha chiesto la risoluzione avendo necessità di vedersi restituire l’immobile oggetto del contratto.
Replica l’avvocato della parte invitata che la sua cliente, occupando l’appartamento da più di vent’anni, lo ha usucapito e che ha le prove per poter ottenere in giudizio il riconoscimento di tale suo diritto.
Guardo le signore presenti e domando loro che rapporto ci sia tra loro. Mi risponde la giovane donna dicendo che la controparte è la madre che le ha concesso in uso l’appartamento “perché in famiglia ci siamo sempre aiutati”.
Chiedo quindi se qualcuno vuole raccontarmi i fatti che hanno portato alla situazione attuale.
Da questa mia domanda in poi vi sono stati tre incontri di mediazione durante i quali le parole ‘comodato’ e ‘usucapione’ non sono state più citate, essendo evidente che nella fattispecie le qualificazioni giuridiche sono ‘altro’ rispetto alle vicende che riguardano questa famiglia.
E come mediatrice rilevo ormai quotidianamente questa discrasia tra piano del diritto e piano della realtà, al punto che quando qualcuno dei miei soci di studio mi parla delle cause che lo occupano, mi rendo conto di essere in effetti poco attenta al suo racconto –come mi viene anche detto- perché cerco d’immaginare quale possa essere la vera questione che potrebbe essere interessante condividere e analizzare nella stanza di mediazione.
Sia chiaro, con ciò non voglio dire che non si debba più parlare di ‘comodato’ e ‘usucapione’ o delle questioni giuridiche, ma che molto spesso –e molto più spesso di quanto non si ritenga comunemente- conviene esaminare a fondo, di persona e in confronto con la controparte, i diversi aspetti sottostanti i diritti e le pretese rivendicati, il piano della realtà, della vita vera direi, oltre a quello del diritto.
La mediazione cui ho accennato è ancora in corso e non è detto che si arrivi ad un accordo, anche se le parti stanno dialogando e confrontandosi (con la precisazione che all’ultimo incontro ha partecipato anche il papà e quindi è stata sentita pure la sua voce) e sono emerse varie ipotesi di soluzione per contemperare i diversi bisogni (della madre di vendere l’appartamento e della figlia di trovare una valida soluzione alternativa). Ma anche se non si dovesse arrivare ad un accordo, il fatto che madre, padre e figlia si parlino e si confrontino in uno spazio protetto e a questo deputato, dopo che da anni non si rivolgono la parola pur vivendo nello stesso stabile, è già di per sé, ne sono certa, un ottimo risultato e il tentativo sarà comunque valso la pena.