La riforma della giustizia civile è legge

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di Marco Marinaro

Con 364 voti favorevoli, 32 contrari e 7 astenuti, il 25 novembre 2021, la Camera dei Deputati – nel rinnovare la fiducia al Governo – ha approvato il ddl n. 3289 (che era stato approvato con il n. 1662 al Senato il 21 settembre 2021) che contiene la “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”, con il dichiarato obiettivo di ridurre la durata dei processi concordata in sede europea entro i 5 anni del PNRR (riduzione della durata del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè ad una durata media dei processi di mille giorni).
In un tempo record (le linee programmatiche sono state tracciate dalla ministra Cartabia alle Commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento il 17 e il 18 marzo 2021) prende corpo una profonda riforma della giustizia civile i cui princìpi sono orientati non soltanto all’efficienza e, quindi, alla riduzione dei tempi processuali, ma alla realizzazione di un sistema integrato tra giurisdizione e strumenti consensuali in una logica non meramente deflativa.

Il presidente Draghi aveva invocato «il coraggio delle visioni» al Senato riunito per votare la fiducia al nuovo Governo che si accingeva a lavorare per la «nuova ricostruzione». E la Ministra Cartabia nelle sue linee programmatiche aveva assegnato centralità alla mediazione ed agli altri sistemi di risoluzione delle controversie diversi dal processo valorizzandone i loro effetti virtuosi non solo per l’alleggerimento del carico giudiziario, ma in una funzione di «complementarità» e, quindi, di coesistenza più che di alternatività.
La legge delega nella sua complessità è infatti chiaramente volta alla costruzione di un sistema virtuoso della giustizia civile, sempre più orientato al radicamento di strumenti coesistenziali ed assiologicamente orientata al solidarismo costituzionale. Queste sono le ragioni sottese ad una ampia riforma della mediazione perché possa consolidarsi e ulteriormente diffondersi quale strumento privilegiato per la pacifica convivenza sociale, in uno spazio regolamentato di leale collaborazione con l’ausilio di professionisti esperti. Un sistema poliedrico, integrato e sostenibile. Anche perché soltanto un sistema che sia sostenibile può garantire la effettività della tutela dei diritti e per ciò stesso la efficienza della giurisdizione.

Molto dipenderà dalla fase che si è appena aperta e che condurrà all’approvazione dei decreti delegati. La legge prevede infatti che i princìpi e i criteri direttivi dettati dal Parlamento debbano essere attuati dal Governo entro un anno.
Già dalla prima lettura della legge delega si può rilevare come per la mediazione l’impianto della riforma sia stato strutturato in quattro aree di intervento.
In primo luogo, si investe sulla mediazione incentivando e sostenendone l’utilizzo; si prevede infatti il riordino e la semplificazione degli incentivi fiscali, ma anche l’incremento della misura dell’esenzione dall’imposta di registro sugli accordi conciliativi stipulati ed inoltre il riconoscimento di un credito d’imposta commisurato al compenso dell’avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione nei limiti previsti dai parametri professionali; con l’ulteriore riconoscimento di un credito d’imposta commisurato al contributo unificato versato dalle parti nel giudizio che risulti estinto a seguito della conclusione dell’accordo di mediazione. Ed ancora l’estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione (e di negoziazione assistita) e la previsione di un credito d’imposta in favore degli organismi di mediazione commisurato all’indennità non esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, infine, la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione.

Una seconda area di intervento – di particolare interesse per i professionisti e gli operatori del settore – riguarda poi quei princìpi che mirano a risolvere le diverse criticità processuali emerse nel corso del primo decennio di vigenza della mediazione c.d. obbligatoria, al fine di risolvere i dubbi interpretativi e i contrasti giurisprudenziali che ne sono scaturiti (e che in questi anni hanno minato la effettività e le potenzialità della mediazione). Si pensi alla individuazione dell’onere di avvio della mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ma anche alla partecipazione personale delle parti (con la limitazione e la regolamentazione del potere di delegare) e alla effettività della procedura con le relative sanzioni; ed ancora allo “scudo” per la responsabilità erariale dei funzionari delle amministrazioni pubbliche che partecipano alla mediazione, alla possibilità di utilizzare la relazione dell’esperto in mediazione nel successivo processo o, ancora, alla possibilità dell’amministratore di condominio di attivare e aderire alla procedura senza la preventiva delibera assembleare.

Una terza area riguarda gli interventi sulla mediazione c.d. obbligatoria nella sua duplice declinazione del filtro preventivo (posto dal legislatore in via astratta e generalizzata) e di quello successivo (affidato al giudice per una selezione mirata fatta caso per caso). Per la mediazione preventiva viene prevista l’estensione della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale ad altri ambiti di controversie (in particolare, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di sub fornitura). Decorsi cinque anni dall’ampliamento viene prevista una verifica, alla luce delle risultanze statistiche, dell’opportunità della permanenza della procedura di mediazione come condizione di procedibilità. Quanto alla mediazione successiva, nel corso del processo, l’obiettivo è quello di valorizzare e incentivare la mediazione demandata dal giudice in un regime di collaborazione necessaria fra gli uffici giudiziari, le università, nel rispetto della loro autonomia, l’avvocatura, gli organismi di mediazione, gli enti e le associazioni professionali e di categoria sul territorio, che consegua stabilmente la formazione degli operatori, il monitoraggio delle esperienze e la tracciabilità dei provvedimenti giudiziali che demandano le parti alla mediazione.

Alla quarta ed ultima area di intervento (probabilmente quella più lungimirante) possono ricondursi quei princìpi che puntano ad innalzare il livello qualitativo della mediazione. Infatti, il legislatore prevede un intervento sulla normativa che regolamenta gli organismi che amministrano il servizio e sugli enti di formazione. Si prevede così la revisione della disciplina sulla formazione e sull’aggiornamento dei mediatori (aumentando la durata della stessa) e dei criteri di idoneità per l’accreditamento dei formatori teorici e pratici; ma si prevede altresì di potenziare i requisiti di qualità e trasparenza del procedimento di mediazione, anche riformando i criteri indicatori dei requisiti di serietà ed efficienza degli enti pubblici o privati abilitati a costituire gli organismi di mediazione come anche la riforma e la razionalizzazione dei criteri di valutazione dell’idoneità del responsabile dell’organismo di mediazione, nonché degli obblighi di quest’ultimo e del responsabile scientifico dell’ente di formazione. Resta invece da affrontare la questione relativa all’autonomia scientifico disciplinare della mediazione (di competenza del Ministro dell’Università e della Ricerca) il cui riconoscimento costituisce una esigenza ormai da più parti auspicata costituendo invero il nodo nevralgico della formazione perché la mediazione possa davvero radicarsi consentendo il raggiungimento di obiettivi qualitativi per l’intero sistema in una prospettiva di più ampio respiro.

Infine, il legislatore assegna al Governo un ulteriore compito che attiene alla armonizzazione, all’esito del monitoraggio che dovrà essere effettuato sull’area di applicazione della mediazione obbligatoria, della normativa in materia di procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie previste dalla legge e, allo scopo, raccogliere tutte le discipline in un testo unico degli strumenti complementari alla giurisdizione (TUSC), anche con opportuna valorizzazione delle singole competenze in ragione delle materie nelle quali dette procedure possono intervenire.

Il percorso normativo e culturale avviato con la legge delega potrà consentire di riscrivere il rapporto tra i cittadini e la giustizia e, quindi, tra giurisdizione e ADR.
Un sistema poliedrico, aperto, flessibile di ADR ove il processo con la sua funzione baricentrica può stemperare la sua rigidità nell’integrazione con altri procedimenti ad esso esterni mantenendo la sua funzione di garanzia in una prospettiva di sussidiarietà.
Ciò dipenderà ovviamente dalla puntuale e consapevole attuazione dei princìpi indicati rendendo più efficace la mediazione e ponendo le basi per la realizzazione di un sistema evoluto di giustizia sostenibile.
Appare così evidente che l’impatto della nuova normativa potrà essere davvero significativo sul sistema della giustizia civile. Ma soltanto all’esito della legislazione attuativa e di quella regolamentare sarà possibile valutare appieno le innovazioni che saranno apportate.

(Il presente contributo è già comparso sul www.costozero.it. Ringraziamo l’autore e il sito per aver permesso la condivisione)