Mediazione familiare tra tradizione e novità: intervista a Isabella Buzzi

4752
Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

Il recente Disegno di Legge Pillon ha fatto discutere e promette di essere al centro dell’attenzione per molto tempo ancora. Ha però avuto l’indubbio merito di attirare l’attenzione sulla mediazione familiare. Abbiamo quindi chiesto a Isabella Buzzi (mediatrice familiare da quasi 30 anni, fondatrice del Forum Européen Recherche et Formation a la Médiation Familiale – Francia e dell’Associazione Italiana Mediatori familiari) di rispondere a qualche domanda per aiutarci meglio a capire i termini della vicenda.

E’ possibile avere qualche dato che possa meglio descrivere lo stato della mediazione familiare nella nostra penisola?

La mediazione familiare è una realtà presente nel nostro territorio dalla fine degli anni Ottanta, Milano, Torino e Bari hanno aperto centri comunali fin dai primi anni Novanta. Oggi è diffusa a livello nazionale: oltre che presso Servizi Sociali della propria città è possibile fare percorsi di mediazione familiare presso centri convenzionati e centri privati.
La mediazione familiare è sempre stata un percorso volontario, cui accedere in coppia, per affrontare insieme e in modo non antagonistico, nonostante la crisi in atto, questioni importantissime e concrete come la cura dei figli e la loro educazione, la gestione dei beni e degli eventuali debiti comuni, il far fronte alle spese della famiglia che, proprio in seguito alla separazione, aumenteranno. Si è affiancati da un professionista che ha l’impegno deontologico di capire se la mediazione familiare faccia al caso e possa aiutare veramente quella coppia e quella famiglia e, quando la mediazione non fa il caso loro, li aiuterà a rivolgersi al professionista più indicato.
Il mediatore familiare facilita l’ottenimento di accordi dando voce ai bisogni della coppia, come individui e come genitori, ma li aiuta soprattutto a mettere al centro delle loro preoccupazioni future i bisogni dei loro figli, in modo collaborativo e funzionale. Da decenni a Milano esiste una buona collaborazione tra mediatori e famiglie, e avvocati, magistrati, terapeuti, consulenti tecnici e assistenti sociali, perché quando una famiglia raggiunge accordi in mediazione familiare significa che la coppia è riuscita a mantenere aperta la comunicazione e questo è vitale per i figli, i professionisti che ho citato lo riconoscono.
La vera efficacia della mediazione familiare si misura sulla soddisfazione delle coppie circa l’operato del mediatore familiare, dove siamo vicini alla quasi totalità delle persone che hanno fatto il percorso, e sulla mantenuta o ritrovata capacità della famiglia di “funzionare” dopo la separazione, dove i numeri sono quasi il 93%, non attraverso gli accordi consensuali raggiunti, anche se questi sono il pretesto per accedere o consigliare alle coppie di accedere alla mediazione.
Per il professionista che volesse incontrare la mediazione familiare nell’attuale stato dell’arte in modo più approfondito, il 17 Maggio prossimo ci sarà il Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari, in breve AIMeF, a Milano presso la Sala Valente, con crediti formativi.

Il mondo della mediazione civile – commerciale è caratterizzato dal convivenza di modelli di riferimento tra loro molto diversi. Esiste la stessa situazione anche nella mediazione familiare?

La mediazione familiare è stata subito abbracciata da professionisti provenienti dalle scienze psicologiche, preoccupati di assicurare un futuro sereno ai figli coinvolti nelle liti legate alla separazione, oltre che da mediatori di altri contesti come quello penale e sociale; dunque, anche nel caso della mediazione familiare, ci sono almeno una dozzina di modelli di riferimento. La modalità operativa, essendoci una deontologia comune e condivisa, è tuttavia molto simile, direi che, forse, il modello di riferimento incide soprattutto sulle modalità di lettura, da parte del mediatore, della conflittualità e della relazione della coppia, e sulla sua maggiore o minore direttività. È vero che ci sono mediatori familiari che preferiscono lavorare in modo sistemico, dunque chiedono di incontrare i figli e/o altri familiari, altri mediatori, invece, comunicano che non incontreranno mai figli, alcuni mediatori non trattano gli aspetti di gestione economica o patrimoniale della coppia, altri invece sono disponibili a farlo se la coppia ne ha bisogno, in modo sempre molto concreto e in accordo con i legali. Alcuni mediatori familiari scelgono di scrivere per la coppia gli accordi raggiunti, altri lo demandano agli avvocati, altri ancora scelgono di non mettere nulla per iscritto, ma ciò che conta è che in mediazione familiare si procede sempre e solo per accordi condivisi e nel rispetto della decisionalità della coppia.
Per i suddetti motivi, oltre che per ottenere informazioni sulla mediazione familiare in generale, è fondamentale il primo incontro di orientamento gratuito, quando il mediatore familiare si presenta alla coppia e spiega come intende lavorare. La coppia è poi libera di proseguire o di rivolgersi ad un altro mediatore, o può scegliere di non mediare affatto.
Sabato 18 maggio, sempre a Milano, le attività congressuali dell’AIMeF proseguiranno e avremo tutti modo di sperimentarci e di apprendere diversi modelli operativi con workshop interattivi e ludici. Sarà una bella occasione per conoscere insieme aspetti che solitamente restano relegati solo agli addetti ai lavori, oltre che un modo diverso per dar voce alle famiglie stesse.

Chi concretamente volesse individuare un mediatore familiare, a chi si deve rivolgere? A quali costi va incontro?

I mediatori familiari, dal 2016, possono essere certificati attraverso la Norma Tecnica UNI 11644 “Mediatore familiare”, inoltre le associazioni di mediatori familiari iscritte al Ministero dello Sviluppo Economico, grazie alla Legge 4/2013, assicurano al pubblico la qualità dei servizi erogati, sorvegliano che i professionisti abbiano la copertura dell’RC professionale specifica, offrono uno sportello reclami, sorvegliano sull’aggiornamento professionale dei soci. In Italia esistono almeno 5000 mediatori familiari professionisti seri e qualificati. Se non si conosce un mediatore familiare in particolare, il mio suggerimento, oltre che a chiedere al proprio professionista di fiducia, è di consultare gli elenchi on-line delle associazioni di mediatori familiari iscritte al MISE.
I costi della mediazione familiare devono, deontologicamente, essere comunicati per iscritto dal mediatore alle coppie, prima di cominciare il percorso, durante il primo incontro gratuito. Il costo, molto contenuto presso centri convenzionati e pubblici o di ispirazione religiosa, e comunque piuttosto modesto anche in molte realtà private, è legato al numero degli incontri effettivamente svolti e viene sostenuto dalla coppia. Non è necessaria la presenza degli avvocati, ma se viene richiesta è possibile, il costo è a carico della coppia. Non è possibile prevedere con precisione e in anticipo quanti incontri ci vorranno, in quanto molto dipende da quanti aspetti la coppia ha bisogno di trattare in mediazione e da come si rapportano (ovvero da come comunicano). Se la coppia porta in mediazione familiare solo gli aspetti più conflittuali e a casa riesce a prendere molte decisioni, a volte, possono bastare due o tre incontri. Mediamente le coppie fanno circa 7 incontri. Deontologicamente il mediatore deve segnalare se la coppia si è arenata e continuare ad incontrarsi in mediazione è inutile. La mediazione familiare è un percorso breve che, comunque, va contenuto in 12 incontri al massimo.

Il Ddl Pillon fa riferimento all’obbligo di ricorrere alla mediazione familiare. Il concetto di “mediazione obbligatoria” non è certo nuovo ai lettori di Blogmediazione. Nella mediazione familiare potrebbe funzionare?

Nella mediazione familiare capita già dalla Legge 54/2006 che le coppie accettino il suggerimento del giudice, qualora lo ritenesse opportuno, a fare un incontro con il mediatore familiare, non ci arrivano quindi in modo completamente spontaneo e questo si percepisce bene, ma poi circa la metà delle coppie capisce che la mediazione può essere d’aiuto e partecipano con impegno. Nella crisi che porta alla separazione e al divorzio è particolarmente opportuno considerare la presenza del legame che passa attraverso i figli e che, se mal gestito, può procurare moltissima sofferenza a tutti, genitori e figli, per questo diversi progetti di legge, negli ultimi anni hanno inserito la mediazione familiare, non solo il Ddl 735 o Pillon. Potrebbe funzionare l’obbligatorietà? Come mediatori familiari professionisti e di esperienza, supportati dalle ricerche, stiamo dicendo tutti la stessa cosa: è possibile obbligare le coppie a fare un colloquio informativo per conoscere la mediazione familiare ed è corretto che ricevano queste informazioni da un mediatore familiare professionista, all’estero non sono poche le nazioni che hanno questa procedura, ma non sarà mai possibile imporre alle coppie di restare in mediazione contro la loro volontà, perché l’autodeterminazione dei partecipanti (in altre parole la loro volontà) è la condizione senza la quale non è proprio possibile fare mediazione.