La tutela del profitto economico, della comunità locale e dell’ambiente presuppongono interessi che tra loro possono essere contrastanti. Eppure ognuno di essi è necessario e fondamentale al funzionamento della nostra società. Nessuno spera che venga costruito di fianco alla propria abitazione una centrale per lo smaltimento dei rifiuti, un aeroporto o altri tipi di strutture che possano mettere a rischio il proprio stile di vita. Tuttavia, non solo tutte queste attività sono fondamentali per la nostra società, ma sono anche ampiamente regolamentate per permettere la coesistenza sociale e lo svolgimento della vita quotidiana.
Le questioni ambientali sono sempre più frequenti e complesse, ci riguardano e spesso la loro ampiezza e il loro grado di reversibilità generano in noi un senso di impotenza. In realtà, esistono diverse strade che possono condurre alla risoluzione di tali problemi, così attuali e incombenti. Nell’immaginario collettivo si associa il conflitto ambientale a situazioni catastrofiche, cui i media ci hanno purtroppo tristemente abituato. Si pensi, ad esempio, al disastro nucleare di Fukushima, oppure alla vicenda della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. In realtà, la conflittualità ambientale è molto più vasta e pervasiva, e può riguardare la decisione di costruire un’opera pubblica, avere carattere prevalentemente sociale, oppure ruotare attorno a problemi ecologici di portata (apparentemente) minore, come la bonifica di un piccolo appezzamento. Il fenomeno della conflittualità ambientale ha quindi dimensioni, caratteristiche, conseguenze e parti coinvolte molto diverse e questa disomogeneità rende particolarmente complessa la loro gestione. Negli ultimi decenni sono nate iniziative di diverso tipo per trovare soluzioni efficaci a questo genere di situazioni; tra queste, la mediazione ambientale. Per colmare la mancanza di questo strumento in Italia, la Camera Arbitrale di Milano, già ampiamente riconosciuta ed operativa nel campo della risoluzione alternativa delle controversie, è stata la prima ad offrire servizi di mediazione ambientale per mezzo di un progetto iniziato nel novembre 2015. L’obiettivo è quello di ampliare il campo d’azione della mediazione civile e commerciale a quello ambientale, in modo da poter soddisfare una necessità sia delle aziende che dei cittadini e degli enti pubblici.
La mediazione ambientale è già praticata ampiamente all’estero: oltre ad essere predisposta da molti accordi internazionali (come ad esempio nell’eventuale CETA), viene utilizzata all’interno di molti Stati. In Germania esistono vere e proprie agenzie specializzate per la composizione amichevole di contenziosi ambientali, mentre in Canada la mediazione ambientale è istituzionalizzata e negli Stati Uniti viene regolarmente praticata per quasi ogni controversia già dagli anni ’70. La prima controversia transnazionale a carattere ambientale che fu risolta con la mediazione risale al 1973 e riguardava il posizionamento di una diga di contenimento dalle inondazioni del fiume Snoqualmie vicino a Seattle, Washington. Fino ad oggi le aziende chiamate in causa per la loro azione inquinante avevano intavolato una trattativa con la controparte che, nella maggior parte dei casi, si era conclusa con un vantaggio reciproco: gli ambientalisti avevano incassato il miglioramento delle politiche, le aziende avevano ottenuto un ritorno di immagine e spesso un aumento di efficienza. Dunque si parla già di mediazioni ambientali in cui tutte le parti coinvolte si siedono ad un tavolo per trovare una soluzione efficace e rapida, che eviti lunghi processi giudiziari, spreco di denaro e che permetta sia all’attività economica che all’ambiente di riprendere il loro corso.
In caso di conflitto di qualsiasi genere, il ricorso classico agli strumenti forniti dall’ordinamento giuridico comporta il doversi limitare alla determinazione del torto o della ragione, spesso senza poter fornire soluzioni concrete e praticabili ai problemi. In campo ambientale, la necessità di un’azione rapida, che possa limitare o ripristinare un eventuale danno, rende le procedure puramente giuridiche poco adatte a soddisfare l’esigenza di una pronta risposta. Ad esempio, se un determinato sito è stato inquinato, è molto probabile che il ricorso al giudice rallenti, quando non impedisca, lo svolgimento di un’appropriata procedura di bonifica.
La mediazione è un mezzo per cui un terzo neutro ed imparziale, il mediatore, facilita la comunicazione tra le parti affinché possano giungere ad una soluzione condivisa, un punto di incontro che realizzi gli interessi ed i bisogni di ciascuno. Questo ha grandi vantaggi: conserva i rapporti, i problemi chiave possono essere identificati e discussi, si possono raggiungere proposte che possono portare a soluzioni creative da cui tutti possono trarre vantaggio. Specularmente, risolvere tali controversie in modo non consensuale porta con sé la prospettiva di distruggere ogni possibilità di mantenere buone relazioni, fondamentali per ogni attività. Le parti possono addirittura accettare di non essere d’accordo su alcuni elementi, ma d’accordo su altri, oppure concordare sul fatto di non essere d’accordo su nulla. La connotazione ambientale coincide con una serie di caratteristiche molto peculiari, generalmente proprie delle controversie in questo ambito.
In primo luogo, questi conflitti nascono per il possesso e l’uso di risorse scarse (quali ad esempio risorse economiche, ambientali, tempo, spazio, etc…): se il tempo, il denaro o l’ambiente fossero infiniti, non ci sarebbe la necessità di tutelare nessuno di questi beni. Mentre tempo e denaro sono risorse limitate che le persone possono tutelare o ricavare a seconda delle modalità di vita scelte, l’ambiente va tutelato in modo che non perda la sua ricchezza che permette a noi e alle generazioni future di vivere e prosperare.
Un altro aspetto peculiare dei conflitti ambientali è che sono fortemente localizzati: colpiscono il territorio che fa parte della nostra esperienza quotidiana. Ad esempio, se si parla di opere pubbliche, ciò che viene costruito, in ultima analisi, diventerà parte dell’ambiente di un individuo per il tempo in cui egli vive in quel luogo.
Infine, questo genere di controversie si manifesta in ambiti molto differenti:
1. Infrastrutture di trasporto (strade, autostrade, aeroporti, ferrovie, porti …)
2. Impianti di gestione dei rifiuti (discariche, termovalorizzatori, gestione di rifiuti speciali e pericolosi)
3. Processi di bonifica di porzioni di territorio inquinate
4. Produzione di energia da fonti tradizionali
5. Produzione di energia da fonti rinnovabili e generazione diffusa
6. Impianti chimici con una percezione del rischio elevata
7. Gestione aree protette
8. Grandi e piccoli progetti di trasformazione e riqualificazione urbana
9. Grandi eventi.
Tuttavia, i conflitti, se interpretati nella maniera corretta, possono introdurre elementi utili, dato che consentono di far emergere e valorizzare conoscenze diffuse, che possono permettere di migliorare notevolmente la qualità dei progetti e dei modelli di gestione immaginati. Trovare una soluzione creativa, cosciente ed informata è fondamentale dal momento che questi conflitti influiscono in modo molto negativo su tre realtà fondamentali: la comunità locale, l’ambiente e l’attività economica.
Come è stato accennato, uno degli aspetti fondamentali della mediazione ambientale è la comunicazione, la circolazione di informazioni tra tutti i soggetti interessati. Proprio per questo motivo, coinvolgere tutte le parti è un passo fondamentale per trovare un accordo che sia effettivamente condiviso e che quindi duri nel tempo.
Questo tipo di controversie ha effetti straordinariamente distruttivi sulla comunità e duraturi nella vita personale delle persone. Molto spesso, più che trovare una soluzione, è importante confrontarsi ed esporre le varie posizioni e i vari interessi, in modo da permettere ad ogni attore di capire il quadro complessivo della vicenda. Portando tutte le parti ad un tavolo, la mediazione dà l’opportunità di superare lo squilibrio di potere che esiste qualora siano coinvolte grandi aziende o enti statali.
L’utilizzo della mediazione, nell’ambito dei contenziosi ambientali, può dunque costituire un approccio totalmente innovativo, di salvaguardia della salute degli ecosistemi ma anche delle attività produttive. Essa, infatti, potrebbe rivelarsi utile anche dal punto di vista del soggetto cui sia imputabile la contaminazione, il quale potrebbe avere interesse a definire la vicenda in tempi rapidi, con oneri inferiori e, soprattutto, con una minore esposizione mediatica. Non solo un accordo conciliativo può salvare la reputazione di un’attività, ma la riallinea con i nuovi precetti predisposti dalle istituzioni internazionali, quali la CSR, ovvero la responsabilità sociale d’impresa. Quest’ultima, infatti, spesso comporta un riallineamento degli interessi sulla scala temporale e questo è uno dei risultati più interessanti della mediazione: avere l’urgenza di creare profitto subito, senza la consultazione degli attori presenti nella località in cui si basa un’attività, intraprendendo un’estrazione delle risorse e senza avere pratiche trasparenti o di avvicinamento alle comunità locali nuocerà, a lungo andare, al profitto dell’azienda. Collaborare, per un futuro migliore insieme, porterà sicuramente ad un migliore funzionamento e maggior prestigio dell’attività economica sul lungo termine.
In questo senso, dunque, accedere a procedure conciliative in materia ambientale e con specifico riferimento alle tematiche connesse al ripristino del danno ambientale consente di:
• risolvere il problema di natura ambientale attraverso soluzioni concrete, difficilmente ottenibili – soprattutto in tempi rapidi – nelle sedi giudiziarie,
• ottenere soluzioni più aderenti alle peculiarità della lite, non imposte da un terzo, ma individuate dalle parti, che coinvolgano tutti gli attori
• soddisfare i reali interessi e bisogni delle parti sottesi alla lite,
• intervenire in modo tempestivo e adeguato,
• utilizzare uno strumento attivo per la prevenzione,
• raggiungere tali obiettivi con costi inferiori (e con specifiche agevolazioni fiscali) e maggiore riservatezza,
• evitare il rischio, per gli operatori economici e gli Enti Locali, di interruzione o sospensione dei lavori, nel caso di realizzazione di opere edili e/o infrastrutturali,
• migliorare l’immagine di tutti i soggetti coinvolti e creare consenso, migliorare i rapporti tra le parti e creare opportunità di lavoro e spesso nuove relazioni.
Quando si parla di ambiente, l’aspetto tecnico è importante; lo scopo della mediazione non è di negoziare la scienza, ma che tutte le parti acquisiscano la scienza correttamente. Nella mediazione, il tecnico viene chiamato a rispondere a tutte le domande che sono nelle menti delle parti coinvolte. Quindi, la mediazione può aiutare ad assicurare che tutte le parti abbiano capito e siano consapevoli di quale sia la situazione effettiva. La natura così tecnica e complessa delle tematiche affrontate crea la necessità di rendere queste comprensibili a tutti i partecipanti, anche negli aspetti tecnici e/o scientifici. Il mediatore e le parti potranno dunque concordare circa la presenza di un esperto (o di un’equipe di esperti) che si occupi di fornire dati tecnico/scientifici e rispondere alle domande che dovessero sorgere. Per di più, il contenuto della consulenza non ha finalità decisorie e non è vincolante, ma ha il mero scopo di condurre le parti alla stipulazione di un accordo consapevole.
Durante l’anno di sperimentazione della mediazione ambientale presso Camera Arbitrale di Milano, la possibilità di avvalersi di tecnici ha dimostrato essere molto importante. L’obiettivo, nonché il mezzo primario della mediazione è far circolare una corretta informazione tra le parti e riaprire i canali di comunicazione e questo non può essere fatto senza l’aiuto di “traduttori” che spieghino la materia in modo comprensibile a tutti i presenti.
Nel corso dei 15 mesi della sperimentazione, la Camera Arbitrale ha gestito 16 casi di mediazione attinenti vicende in materia ambientale; l’esito di alcuni di essi è ancora incerto trattandosi di procedimenti ancora in corso. Di questi 16 casi, in 3 casi è stato raggiunto un accordo, in 2 casi è cessata la materia del contendere, in 4 casi le parti non si sono sedute al tavolo o, comunque, hanno deciso di non avviare la mediazione, in 1 caso non è stato raggiunto l’accordo e 6 mediazioni sono ancora in corso.
Questo progetto ha goduto di partners e sostenitori che hanno sottoposto controversie ambientali all’organismo. Metà delle controversie provengono dai sostenitori del progetto, mentre l’altra metà è pervenuta in modo indipendente. Di questo secondo gruppo, in 3 casi le parti non avevano una reale consapevolezza della dimensione «ambientale» della lite, in quanto l’oggetto della lite non era un irrimediabile danno ambientale, ma una controversia territoriale in cui le peculiarità erano tante, non solo ambientali, ma anche sociali ed economiche.
Questo primo anno ha consentito di toccare con mano alcune caratteristiche dei conflitti ambientali esposti sopra: la pluralità delle parti coinvolte, la complessità delle vicende e la varietà degli interessi coinvolti. Infatti, in metà dei casi affrontati, si sono seduti al tavolo della mediazione tre o più parti. Nel totale complessivo delle mediazioni sono stati coinvolti 5 privati / comitati di cittadini, 3 associazioni, 12 imprese e 17 enti pubblici.
Le parti hanno quasi sempre partecipato personalmente alla mediazione, sempre assistite dai legali e l’approccio del mediatore nei casi ambientali, fino ad ora, non è risultato essere particolarmente differente dalla gestione dei casi di mediazione civile e commerciale “tradizionale”.
Questo esperimento ha dato modo di confermare l’efficacia della mediazione nel migliorare la comunicazione tra le parti e nell’aiutare le parti a negoziare meglio soluzioni ed è stata un’eccellente occasione per condividere informazioni che, prima della mediazione, non erano note a tutti i portatori di interesse.
*laureanda in Sustainable Development – Università Statale di Milano; collaboratrice CAM