Riservatezza

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A cura di Silvia Pinto avvocata in Firenze e mediatrice

Definizione in un minuto: Cos’è la riservatezza?
La riservatezza è un connotato che qualifica le persone e le cose.
Si dice di una persona riservata che è discreta e controllata nell’esprimersi e nel comportarsi.
Di un ambito riservato che riguarda aspetti segreti, intimi, non pubblici e non divulgabili.
Di un colloquio riservato che è segreto e fiduciario.
Di un posto riservato che ammette solo alcune persone.
La riservatezza è un limite che protegge qualcosa e qualcuno e li separa, li differenzia dagli altri.

Mediazione e Riservatezza: segreti, confidenze e fiducia
Nella mediazione la riservatezza è una condizione tanto indispensabile che assurge, per disciplina normativa, ad un obbligo che si assumono tutti coloro che sono coinvolti nel procedimento. Infatti, il richiamo a questa regola è sempre contenuto nei verbali degli incontri di mediazione e l’assunzione dell’impegno collettivo alla riservatezza è sempre esplicitata dal mediatore, quando illustra la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione.

Il vincolo della riservatezza determina alcuni effetti che sono decisivi.
Ha l’effetto di unire le persone nel segreto. Quando esse entrano nello spazio della mediazione, sono portatrici di contrasti divisivi, per cui sono più i “no” che risuonano che i “sì”. Confermare, sin da subito, il reciproco impegno al segreto è un primo “sì” di riconoscimento che mette le parti insieme, nella mediazione, separandole da tutto ciò che sta fuori dal procedimento.

Ha l’effetto di liberare le persone. Un conflitto irrisolto spesso ingenera sentimenti repressi. La protezione della riservatezza concede a ciascuno la libertà di esprimere, sia le emozioni implicate nel conflitto, sia i pregiudizi che esso ingenera verso l’altra parte. L’ascolto reciproco di questi aspetti modifica la premessa comunicativa: dalla considerazione che l’altro sia l’ostacolo si accede alla consapevolezza che si sta insieme per tentare di risolvere un problema che finalmente viene percepito come comune.

Ha l’effetto di creare un’alleanza con il mediatore. Nell’ambito dei colloqui che il mediatore può avere con le parti, ciascuna di esse può ampliare il novero delle riflessioni, esporre e vagliare elementi che ritiene rilevanti, ma anche prematuri o inopportuni da manifestare all’altra. Anche grazie a queste confidenze espresse al mediatore, la persona coinvolta acquisisce sempre più coscienza che ciò che è importante può essere raggiunto solo parlando con l’altra persona e che il modo in cui si dicono le cose conta almeno quanto le cose stesse che si dicono, se non di più.
La regola della riservatezza quindi costituisce la base su cui costruire una prospettiva di fiducia.

Storie di mediazione: mi ricordo quella volta in cui …
Mi ricordo quella volta in cui l’incontro si è aperto con un intervento laconico degli avvocati che, presa la parola, si sono richiamati agli atti processuali, rinnovando le opposte richieste.
Ho iniziato a riassumere i temi che risultavano dagli atti e alla mia seconda frase, una delle parti è intervenuta: “Abbiamo detto che qui è tutto riservato, vero?” “Sì, certo”, rispondo. “Ecco, allora il problema qui è tutto un altro” e ha incominciato a raccontare dei fatti che davano una diversa luce alla vicenda, ricevendo dal suo interlocutore immediati cenni di assenso e di interesse.

Non è eccezionale che i consulenti delle parti, ascoltandole parlare nel corso della mediazione, commentino dicendo: “Questo non lo sapevo, lo sento per la prima volta”.
La circostanza non discende mai da una pregressa negligenza, superficialità o inadeguatezza nell’affrontare il caso. E’ semplicemente l’effetto che deriva dall’accompagnare il proprio cliente in uno spazio la cui riservatezza ha il fine di proteggere lo sviluppo del confronto tra le parti che, coadiuvate dal mediatore, sono indotte all’ascolto completo delle ragioni del conflitto, la cui comprensione determina l’abbandono dell’approccio selettivo, proprio della logica avversariale.

Se la riservatezza fosse l’eroe principale di un cartone animato, quale sarebbe lo speciale superpotere che gli consentirebbe di risolvere il conflitto?
Sarebbe la bacchetta magica che trasforma, per il tempo della mediazione, la negatività con cui si esprime il conflitto, nella fiducia che, affrontandolo insieme e con un mediatore qualificato, lo si possa sicuramente comprendere meglio e spesso superare.