Nato a:
Verona
Professione:
Mediatore full-time, in Italia ed all’estero, dal 2006. E mi occupo di formazione in conflict management, negoziazione e mediazione, e di accreditamento internazionale di mediatori.
Ti occupi di mediazione perché:
Perché ho avuto molta fortuna. La fortuna di poterla conoscere presto, già durante gli studi universitari: anche per questo, devo molto all’Università di Trento, che spero di riuscire a ricambiare con i corsi di negoziazione e mediazione, e con il progetto Conflict Managers of Tomorrow, come componente di un team di docenza promosso e coordinato dalla prof.ssa Silvana Dalla Bontà, che ha da subito supportato e sviluppato le mie idee iniziali. Ma anche la fortuna di diventare mediatore prima ancora di conseguire il titolo di avvocato, e di riuscire, da subito, a potermici dedicare full-time. Continuo, infine, ad occuparmi di mediazione perché la trovo ancora estremamente stimolante, sempre sorprendente, molto arricchente, ed il modo più intelligente di gestire un conflitto: prendendo in prestito il titolo di un bel libro sulla mediazione, “dobbiamo parlare, perché siamo in grado di farlo”!
La vicenda più curiosa che ti è capitata in mediazione:
Stavo gestendo una mediazione commerciale tra due società, una statunitense, l’altra scozzese. Ora dopo ora, sessione dopo sessione, le forti incomprensioni maturate nel tempo lasciavano via via il passo ai chiarimenti, e la distanza iniziale all’individuazione di una soluzione, che avrebbe peraltro portato ad una prosecuzione dei rapporti tra le due società. Gran lavoro degli avvocati, gran lavoro degli imprenditori. E si intravvedeva sempre più l’accordo, sempre più vicno, sempre più delineato. A quel punto, era ormai pomeriggio inoltrato, il rappresentante scozzese, titolare della società, ha preso parola, dicendo “abbiamo raggiunto un’intesa, ci siamo chiariti, ma prima di firmare un accordo pretendo un’altra cosa”. Voleva condividere un paio di bicchieri di whisky “della pace” con la controparte, gli avvocati, ed il mediatore. E’ stato curioso anche riuscire a tornare attorno al tavolo, dopo…
Hai avuto paura quando:
Nel corso di una complessa mediazione, riguardante una azienda in serie difficoltà economiche, il suo titolare, nel corso di una sessione privata, mi ha detto “se questa mediazione non dovesse portare ad un accordo, ad una soluzione per me sostenibile, le garantisco che aprirò la finestra e mi butterò di sotto…”. Piangeva, era serio, serissimo, e realmente disperato: davvero, non esagerava. Il mediatore lavora sempre cercando di dare il massimo affinché le parti possano individuare ogni tipo di possibilità risolutiva, che sia economica, relazionale, di chiusura con il passato o apertura verso il futuro. Ma senza poter (e voler) restringere la libertà che le parti sempre hanno, nel decidere. Quella mediazione si è chiusa positivamente, le parti hanno trovato una soluzione per loro soddisfacente. Ma ricordo ancora l’angoscia con cui dovevo lavorare, la paura che il gap negoziale non riuscisse a colmarsi, il batticuore con cui aiutavo faticosamente le parti ad elaborare le varie contro-offerte, così lontane, inizialmente…la paura che quella finestra venisse aperta…
La soddisfazione più grande, in mediazione, l’hai avuta quando:
(è emozionante metterci un po’, a passare in rassegna le moltissime, per trovare la più grande soddisfazione! Società che scampano disastri economici, o che raddrizzano situazioni di collaborazione in crisi; persone che riallacciano relazioni! Ma direi) quando due fratelli che la vita, le sue difficoltà e molte incomprensioni hanno portato tanto lontano, hanno trovato, attorno al tavolo di mediazione, il modo di aprirsi ad un confronto profondo, mai accaduto in anni ed anni, parlandosi dei rispettivi guai economici, delle ansie nel coprire i bisogni delle figlie e delle famiglie, e della depressione che aveva colto uno dei due, dopo la morte della madre. Non ne avevano mai parlato. In realtà, non si parlavano più, prima della mediazione. E non si conoscevano più: erano entrati, spinti dalle urgenze economiche e dalla distanza, in un conflitto profondissimo per dividersi l’eredità, peraltro assai magra, in quel caso. Fin qui, “niente di nuovo”: una situazione che si ripresenta molto di frequente, al tavolo di mediazione, e la ricerca di sviluppare tra le parti un confronto costruttivo, negozialmente, e di riconoscimento reciproco. Ma poi si salutano le parti, e “fine”, non si legge mai il capitolo successivo, la riservatezza della mediazione prevale sulla curiosità del mediatore. Quella volta, però, qualche mese dopo l’accordo e le strette di mano finali, la funzionaria di CAM che mi aveva supportato durante il lavoro mi ha detto di aver rivisto una delle avvocatesse che assistevano le parti in quella mediazione, per un altro caso. Con delle belle notizie: i due fratelli e le loro famiglie avevano passato insieme il Natale, riavvicinati.
La delusione più significativa è stata:
Ogni volta (e succede ancora troppo spesso!) che una mediazione, potenzialmente carica di possibilità risolutive per le parti, spesso simile ai “casi scuola” che si usano durante la formazione dei mediatori, naufraga prima ancora di potersi sviluppare: prima ancora che le parti riescano ad allacciare una vera conversazione, prima ancora che possa dare fondo a tecniche di mediazione. Dal mio punto di vista, è il “dark side of the moon” dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione, e della presenza obbligatoria degli avvocati al tavolo, in assistenza delle parti: entrambi elementi ricchissimi di potenzialità più che positive, non sempre realizzate. Dover provare la via della mediazione prima del giudizio porta le parti a percorrere una strada difficile e complessa che, per ragioni anche emotive, rischierebbe di non percorrersi altrimenti (si vedano i dati statistici relativi al numero di mediazioni volontarie rispetto alle obbligatorie), e stimola fortemente la cultura e la conoscenza della mediazione (qui, si veda come il numero delle volontarie sia cresciuto notevolmente dopo il 2010 e la previsione del tentativo obbligatorio di mediazione, ovvero: “non la conoscevo prima, l’ho dovuta provare, ha funzionato e mi è piaciuta, l’ho utilizzata anche in una controversia esclusa dalla obbligatorietà”). Così come l’avere obbligatoriamente, affianco alle parti, i loro avvocati che li assistano, permette di avere al tavolo professionisti che possano non solo prestare ai loro clienti supporto tecnico-legale, ma anche negoziale, ed emotivo: importantissimo! Ma ecco il lato oscuro di queste due previsioni preziose: talvolta, si hanno al tavolo parti costrette a sedervisi, che rifiutano ogni logica, danno sfogo a questioni di principio e fuggono via immediatamente; talvolta, senza alcun supporto dei loro avvocati a prendere la mediazione in maggior considerazione, che riducono il primo incontro ad una sterile fotografia delle ovvie, necessarie (perché sarebbero lì seduti, altrimenti?!) distanze posizionali e giuridiche, sancendo l’inutilità di ogni ulteriore dialogo e la morte cerebrale della mediazione. Come mediatore, nulla si può fare a quel punto, per rivitalizzare una mediazione, appunto, magari così simile ad un “caso scuola”, ad altri casi sviluppati con successo in passato, bastava solo crederci di più…che delusione!
Una cosa che vorresti migliorare di te stesso come mediatore:
Non si smette mai, davvero mai di migliorare, anche come mediatore. Non solo nella conoscenza di nuove tecniche, approcci, metodi, ma anche nella preparazione a quel difficile, impegnativo -anche emotivamente- momento di sedersi al tavolo con persone in forte conflitto. E nella gestione dell’appesantimento che, terminato un incontro di mediazione, ascoltate parole importanti, assorbite emotività intense, si deve riuscire a rielaborare e smaltire, senza rimbalzarlo su chi mi circonda. Inoltre, vorrei avere il tempo (e ci vuole pure un po’ di coraggio!) di approfondire un settore importantissimo e davvero interessante, come la facilitazione dei conflitti ambientali, di cui CAM si occupa con il progetto FacilitAmbiente.
Gli avvocati in mediazione sono:
Utilissimi, quando preparati. Preparati ad assistere il cliente tecnicamente ed umanamente, a non a sostituirsi ad esso, relegandolo in secondo piano; a collaborare con il mediatore per rendere la negoziazione tra le parti più approfondita, più sostanziale e meno posizionale o meramente “di diritto”; a vivere la mediazione come una possibilità per il proprio cliente di ottenere (spesso, unica chance, dopo negoziazioni naufragate – ma perché la negoziazione diretta tra le parti è una delle attività più difficili tra gli esseri umani! – e prima di prendersi a colpi di atti giudiziari) una soluzione davvero personalizzata e aderente alle esigenze, e non come un passaggio obbligato e fastidioso da percorrere di fretta.
I magistrati per la mediazione sono:
Anche loro, utilissimi, quando preparati. Preparati a comprendere quando una situazione di conflitto può avere un respiro maggiore, e trovare un risultato costruttivo, in una mediazione demandata, piuttosto che tra le righe delle loro motivazioni; a leggere alcuni verbali negativi di mediazione come il frutto di una mediazione abortita troppo presto e sbrigativamente, per considerare la possibilità di indirizzare le parti ad una seconda chance.
La qualità media della mediazione in Italia oggi è:
Immensamente migliorata, rispetto a tre lustri e più fa. Riscontro un uso sempre più consapevole, efficace e professionale da parte di molti avvocati per i loro clienti. Molti dei “pirati” (organismi di mediazione o enti di formazione che si sono lanciati nel business della mediazione dopo il 2010, unicamente interessati ad un ritorno economico e sfruttando le maglie larghe che erano state poste ai requisiti di preparazione) sono usciti di scena, una volta che si è capito cosa richiede una mediazione ben fatta; moltissimi mediatori hanno avuto modo di raffinare enormemente le loro abilità, con esperienza (nessun Paese, ad oggi, ne accumula come noi, in Italia!) e buona formazione, oppure hanno capito che la mediazione non è un semplice modo per arrotondare le entrate, che chiunque può fare o amare, e hanno lasciato stare. Ma rimangono ancora alcuni lasciti dell’iniziale, scarsa attenzione normativa ai parametri relativi alla qualità ed alla preparazione del mondo-mediazione. Inoltre, (altro “dark side of the moon” della normativa italiana sulla mediazione), la sensazione è che la mediazione sia ora in una fase di “giurisdizionalizzazione”, in cui l’attenzione iniziale, attorno al tavolo, è più legata agli effetti della mediazione sul giudizio, pendente o prossimo, che sulla sostanza della controversia. Resto però ottimista, e convinto di come basti osservare una buona mediazione in azione, per capire di cosa si tratti, e saperla sfruttare al meglio all’occasione successiva.
Tra dieci anni la mediazione in Italia sarà:
Ci sarà ancora? Mi deprime assistere (ancora! Posso capire dopo lo shock del 2010…ma son passati 14 anni…) su social media, o mezzi di informazione a detrattori e antagonisti, che a tamburo battente attaccano la mediazione, ne auspicano la abolizione, o quantomeno la gratuità (al di là del concetto stesso, piuttosto peculiare, poi, vorrei vedere che qualità otterrebbero, tra organismi senza cassa e mediatori morti di fame, oggettivamente incapaci di curare un buon aggiornamento continuo e di dedicarsi professionalmente alla mediazione in modo pieno…). Probabilmente, senza averne viste molte, né di qualità. Ma se ci dovesse ancora essere, posso immaginarla -come oggi è nel mondo anglosassone- molto specializzata per materia, e gestita da pochi, ottimi organismi di mediazione, oppure da associazioni tra mediatori. Sperando che, tra dieci anni, la mediazione venga riconosciuta come professione autonoma, non come un “cappello” che indossa un avvocato, un commercialista, ecc.. . E che l’obbligatorietà della mediazione non sia più determinata dalla norma, bensì dal buon senso e dalla consapevolezza.
Un libro che suggeriresti a chi vuole avvicinarsi alla mediazione è:
Il codice di procedura civile; le raccolte di giurisprudenza ordinaria, societaria e fallimentare. L’agenda di un imprenditore che deve passare più tempo nello studio di un avvocato che a produrre. E, se si potesse stampare, un report del benessere emotivo, affettivo e psicologico di una qualunque persona in conflitto, frustrata dall’incomprensione, arrabbiata per l’insoddisfazione, acciecata dal rancore sempre più profondo, impossibilitata a tentare la strada, già ben più complicata di quanto appaia, di una negoziazione con l’altro. Queste letture farebbero avvicinare chiunque, molto velocemente direi, alla mediazione.