Primo incontro di mediazione: novità e riflessioni tratte dalle prime esperienze.

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Una delle principali novità introdotte dalla Riforma Cartabia in materia di mediazione è la nuova modalità di svolgimento del primo incontro. Con l’entrata in vigore della nuova norma, avvenuta lo scorso 30 giugno, il primo incontro di mediazione diventa effettivo e la partecipazione richiede il versamento di una prima quota di indennità (comprensiva delle spese di avvio), il cui importo è stabilito in base al valore della controversia. In caso di prosecuzione oltre al primo incontro, le parti sono tenute a versare il saldo delle indennità complessive, come previsto dal DM 150/2023, emanato in attuazione della norma sopra citata e in vigore dallo scorso 15 novembre.

Della nuova configurazione del primo incontro di mediazione e delle riflessioni che derivano dai primi mesi di sperimentazione, parliamo con Silvia Pinto (Avvocata e Mediatrice) e Cristina Bianchi (Consulente in Proprietà Industriale e Mediatrice), nell’intervista doppia che segue.

Quali sono le principali sfide che il passaggio del primo incontro da introduttivo a effettivo pone ai mediatori?

Silvia Pinto: Personalmente, da sempre, oriento il primo incontro per porre le basi di un dialogo efficiente tra le parti coinvolte nel conflitto. I soggetti che si presentano all’incontro spesso non sono consapevoli che questa è una necessità prodromica alla trattativa e considerano il primo incontro come la mera prosecuzione dell’attività negoziale anticipatamente svolta e, più o meno inconsapevolmente, ne ripetono le modalità, il contenuto e quindi anche gli esiti. Gli scambi iniziali tra le parti ed i loro avvocati perlopiù sono il frutto di un ascolto selettivo che conferma il loro pensiero e determina la loro condotta, generando spesso sfiducia nella possibilità di un cambiamento. Il mio compito di mediatrice è quello di includere tutti i punti di vista, per consentire a coloro che partecipano al conflitto di dare spazio anche agli altri suoi significati, emotivi, relazionali, di reazione svalutativa dell’altro. Nel primo approccio con i miei interlocutori cerco di renderli consapevoli del mio ruolo, terzo ed imparziale, volto a far precedere al negoziato la verifica delle reciproche informazioni, la valutazione degli interessi coinvolti, il reciproco potenziamento emotivo e decisionale, la ponderazione delle alternative al negoziato. Quindi per me la sfida del primo incontro è far dire di sì al cambiamento che richiede l’approccio collaborativo per la soluzione dei conflitti, proprio della mediazione. Far dire di sì all’intervento del mediatore come guida del processo di reciproco ascolto attivo, per una comunicazione effettiva e produttiva di consapevolezza, orientata alla definizione degli spazi decisionali reciproci.
Quando il primo incontro era solo introduttivo, le parti ed i loro avvocati erano chiamati a scegliere il metodo con cui confrontarsi, più che a definire il contenuto della soluzione alla controversia ed infatti il verbale dell’incontro registrava solo se le parti fossero concordi o no nell’iniziare la mediazione.
Oggi il primo incontro assume un connotato diverso, perché le parti sono obbligate ad iniziare la mediazione ed il verbale dell’incontro può, sin da subito, registrare il mancato accordo di conciliazione.
Alla luce di questa modifica la sfida per me è infondere nei miei interlocutori la consapevolezza che il processo di mediazione richiede del tempo e che difficilmente l’intera attività a cui si è chiamati si può esaurire con un unico incontro, indipendentemente dalla sua durata.
Le tariffe del primo incontro, stabilite dall’art. 28, comma 5, del D.M. n. 150/23, comportano il rischio che gli avvocati, prima delle parti, lo considerino come un adempimento solo formale, per dare atto che non è possibile trovare un accordo di conciliazione.
Prima della Riforma, gli organismi di mediazione, in aderenza all’art. 8, comma uno, del D. Lgs. 28/10 previgente, riportavano nel verbale dell’incontro quale parte ritenesse possibile la mediazione e quale parte non la ritenesse possibile. In alcuni Fori gli avvocati delle parti che non la ritenevano possibile, temendo che il giudice adito per la soluzione della controversia giudicasse, dal verbale di mediazione, non assolta la condizione di procedibilità, sceglievano di proseguire il tentativo di mediazione come un male, per così dire, necessario ad evitare le conseguenze pregiudizievoli nella causa giudiziaria, non solo con riferimento al giudizio di improcedibilità, ma anche con riferimento alla pronuncia sulle spese del giudizio. Per evitare di incorrere nella pronuncia di improcedibilità o di vedersi condannati a pagare le spese di lite, si iniziava la mediazione che, peraltro in molti casi, superato lo scetticismo iniziale degli avvocati e dei loro assistiti, si concludeva con un accordo di conciliazione.
Le principali sfide nella gestione del primo incontro per me oggi sono quelle di:
– Evitare che si precipiti immediatamente nel negoziato, senza aver dedicato il tempo necessario all’ampia ricognizione del conflitto.
– Conseguentemente valutare quanto tempo dedicare a questo incontro e organizzarsi con l’Organismo sulle modalità del suo svolgimento. Un primo incontro della durata di almeno due ore, come dettato dall’art. 22, comma 1, lettera n) del D.M. n. 150/23, può non essere sufficiente a definire in modo corretto che le parti non possono raggiungere un accordo di conciliazione. Tuttavia la determinazione della durata dell’incontro risente anche del modestissimo valore economico riconosciuto al servizio reso, ai sensi dell’art. 28, comma 5, già citato.
– Stimolare le parti a partecipare attivamente al dialogo. Oggi, anche per effetto della preponderante diffusione degli incontri in videoconferenza, si assiste alla tendenza delle parti a ritrarsi dal dialogo, per delegarlo al proprio avvocato. Le ragioni di questo fenomeno possono essere le più varie. La parte, ad esempio, sente di avere meno dimestichezza con la comunicazione a distanza e la delega al suo consulente, limitandosi ad un ascolto passivo. La comunicazione a distanza di per sé raffredda le reazioni cosiddette emotive e quindi l’avvocato può trovarsi ad assumere un ruolo preponderante, convogliando la mediazione in un negoziato prematuro o circoscrivendola a delle prese di posizione che limitano le proprie e le altrui potenzialità negoziali.

Cristina Bianchi: Ogni tavolo di mediazione rappresenta una sfida, non solo per il mediatore, ma anche per tutti i soggetti che sono chiamati a svolgere un ruolo in questo contesto. La sfida è infatti di per sé data dalla presenza di (normalmente, come minimo) una questione controversa, (almeno) due parti che rappresentano posizioni (quanto meno apparentemente) discordanti, consulenti legali e avvocati che ne sostengono le ragioni giuridiche sottostanti. In questo mare, spesso anche molto agitato, il mediatore dovrebbe utilizzare al proprio meglio tutti gli strumenti che ha a disposizione. Il contesto normativo, che a volta sembra soffiare come un vento contrario, va, pertanto, abilmente utilizzato per condurre la barca (il tavolo di mediazione) verso la direzione che le parti (passo dopo passo) decidono insieme di voler raggiungere.
Riforma dopo riforma, il mio obiettivo è per il momento rimasto sempre quello di essere efficace, nel mettere in pratica la mia intenzione di aiutare le parti a:
– chiarire i termini della loro questione,
– comunicare efficacemente ciò che sta loro a cuore e/o li preoccupa,
– generare opzioni e scegliere quella da loro preferita, quando è chiaro che conviene a tutti/e evitare che il conflitto rimanga irrisolto e produca danni alle loro vite.
Il passaggio da un incontro introduttivo a un primo incontro effettivo di mediazione sta comportando per me la sperimentazione delle modalità più efficaci che consentano alle parti e a chi le assiste, di comprendere, cogliere e valorizzare l’opportunità loro offerta dalla mediazione, anche alla luce della nuova cornice normativa.
Per fare questo, mi preoccupo di non trascurare di introdurre comunque alle parti e ai loro avvocati le informazioni generali sulla mediazione, perché non do mai per scontato che quest’ultima sia intesa da tutti/e alla stessa maniera. Mi sono infatti accorta che, in questa delicata prima fase di ogni primo incontro, è importante fin da subito ascoltare i partecipanti con attenzione e lasciare spazio a dubbi e domande, per cercare di creare, insieme, un clima favorevole al confronto produttivo.
Tra le questioni (anche formali) che propongo normalmente alle parti di trattare in via preliminare, c’è quella relativa alle indennità di mediazione (collegata al valore della controversia) e la firma digitale del verbale, entrambe toccate dalla recente riforma.

Quali adeguamenti hai adottato per fronteggiare le novità normative?

Silvia Pinto: In ordine al mio approccio di mediatrice ho messo in campo le medesime competenze che offrivo prima della Riforma, senza apportare degli specifici cambiamenti.

Cristina Bianchi: Durante il primo incontro e prima di entrare nel merito delle questioni che stanno a cuore alle parti, affronto sempre con loro (e ciò avveniva anche ante Riforma) il tema delle indennità, che può anche non essere di poco conto. Mi preme, infatti, provare a contribuire alla creazione di un contesto favorevole al confronto, partendo anche da questi argomenti più formali.

Puoi farci un esempio di primo incontro che incarni i cambiamenti portati dalla riforma Cartabia?

Silvia Pinto: Posso fare alcuni esempi delle distorsioni possibili, conseguenti alla Riforma e che ho sperimentato antecedentemente all’emanazione del D.M. n. 150/23.
Ho gestito un primo incontro all’esito del quale è stato raggiunto un accordo di conciliazione e gli avvocati delle parti hanno voluto un verbale di mancato accordo, per evitare di pagare le spese di mediazione. Né io, né l’Organismo abbiamo potuto evitarlo.
Ancora mi è accaduto che al termine del primo incontro, in cui ho svolto la mia attività di mediazione del conflitto, sebbene una parte fosse propensa a fissare il successivo incontro, come naturale conseguenza dell’attività che restava da fare nell’ambito della mediazione, l’altra abbia inteso chiudere al primo incontro con un verbale di mancato accordo di conciliazione, ritenendo che il dialogo iniziato potesse essere proseguito tra gli avvocati, senza incorrere nel pagamento delle spese di mediazione. La volontà della parte che voleva proseguire il tentativo di mediazione oltre il primo incontro è stata totalmente frustrata dalla volontà dell’altra, atteso che il verbale relativo all’incontro ha registrato solo che le parti non hanno raggiunto un accordo di conciliazione.
Questi casi si sono verificati prima dell’emanazione del D.M. n. 150/23, quando gli Organismi di mediazione, di fronte al vuoto legislativo sulla disciplina dei costi, non chiedevano alcun compenso alle parti per il servizio reso in occasione del primo incontro. A mio avviso il rischio che queste situazioni si verifichino permane, anche alla luce del D.M. n. 150/23, attesa la modestissima entità delle spese di mediazione per il primo incontro.

Cristina Bianchi: Premesso che, anche prima della Riforma affrontavo con le parti il tema dei costi, in via preliminare, e che non ho neppure smesso, con l’introduzione della novella, di illustrare le caratteristiche del procedimento (che includono, ad esempio: riservatezza, volontarietà, informalità, agevolazioni fiscali, titolo esecutivo e possibilità di esplorare soluzioni creative), da quando è entrata in vigore la Riforma concludo il mio discorso introduttivo con un invito alle parti e agli avvocati che le assistono, ora sancito dal nuovo testo normativo, a “cooperare in buona fede e lealmente al fine di effettuare un effettivo confronto sulle questioni controverse”, offrendo loro il mio aiuto e la mia esperienza.
Spesso, trovo utile proporre alle parti di provare a costruire, con pazienza e fiducia, opzioni condivise, piuttosto che scambiarsi frettolosamente proposte che normalmente non tengono conto di tutti gli interessi delle parti. Illustrare che la mediazione è una procedura, che ha basi scientifiche e segue delle fasi, mi aiuta nell’argomentare questa modalità di lavoro proposta. Questa Riforma mi suggerisce di insistere particolarmente su questi aspetti, per indurre le parti a riflessioni più profonde.
Chiedo poi alle parti se se la sentono di iniziare subito, a lavorare insieme, o se preferiscono fissare la data del prossimo incontro, prevedendo una durata idonea a trattare le questioni che stanno loro a cuore, e che propongo di iniziare a definire già prima della fine del primo incontro effettivo.

Quali opportunità offre, a tuo avviso, la nuova formula del primo incontro?

Silvia Pinto: Sotto la vigenza della precedente disciplina era frequente che, al termine del primo incontro, gli avvocati chiedessero di verbalizzare il rinvio del primo incontro ad un’altra data. Dopo l’iniziale confronto avvenuto nel corso del cd. primo incontro, gli avvocati, sottovalutando l’importanza del processo mediativo e sovrastimando l’entità delle spese di mediazione, miravano a vagliare la sussistenza di margini negoziali, al di fuori della mediazione, con lo scopo di non incorrere nel pagamento delle spese di mediazione. Si trattava di un fenomeno ampiamente diffuso che, talvolta, portava a plurimi rinvii del procedimento di mediazione che restava ancorato alla fase del primo incontro.
La nuova formula del primo incontro che prevede sin da subito lo svolgimento della mediazione offre l’opportunità di evitare la distorsione che ho descritto. Ciò che si è già iniziato può solo proseguire o fermarsi del tutto e non sembra configurabile un rinvio della decisione al riguardo, allo scopo di non incorrere nel pagamento delle spese di mediazione.

Cristina Bianchi: Tra le nuove opportunità che mi sento di cogliere, e che si potranno cogliere, anche alla luce dei decreti, al momento mi pare ci sia la possibilità per il mediatore di non dover più rimandare il confronto con le parti sulle questioni che le interessano e preoccupano, a un incontro successivo a quello introduttivo.
La possibilità per il mediatore, sancita ora espressamente dalla riforma, di “adoperarsi affinché le parti raggiungano un accordo” (cit.) è una opportunità da cogliere concretamente, per cercare di essere di aiuto effettivo, fin dal primo incontro.
Con flessibilità e creatività. E con qualunque vento.