Al via la riforma della mediazione

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La riforma della mediazione civile e commerciale è al varo.

Il 28 febbraio scorso sono entrate in vigore le prime novità introdotte dal Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 e la restante parte del provvedimento diventerà operativa a partire dal 30 giugno prossimo.

Abbiamo posto alcune domande al Prof. Filippo Danovi, Ordinario di Diritto processuale civile nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, già Vice-Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, al fine di fornire un inquadramento generale delle principali novità introdotte dalla riforma Cartabia.

Prof. Danovi, quali sono le novità più rilevanti della riforma Cartabia in materia di mediazione?

Nello spirito che ha animato la riforma Cartabia sulla giustizia civile (attuata in due distinte tappe, dapprima con la l. 26 novembre 2021, n. 206, recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”, e quindi con il successivo decreto attuativo, il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), un posto indubbiamente di rilievo è occupato dagli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al processo ordinario, tra i quali l’arbitrato, la negoziazione assistita, e soprattutto la mediazione.
Con riferimento a quest’ultima, la riforma si è in particolare focalizzata sulla valorizzazione dei principi. Ha ridefinito la perimetrazione dell’area della mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e quindi del rapporto di necessaria “pregiudizialità” tra mediazione e processo ordinario). Ha attuato una migliore definizione delle norme sul procedimento di mediazione, anche con valorizzazione della mediazione con modalità telematiche. Ha posto in essere una organica revisione della disciplina dei rapporti con la giurisdizione ordinaria, in particolare attraverso il rafforzamento della figura della mediazione demandata. Ha sollecitato un investimento sulle professionalità e quindi sulla formazione e competenza dei mediatori e sulla trasparenza e affidabilità degli organismi. Infine, last but not least, ha dimostrato sensibilità e attenzione anche per gli aspetti più “materiali” e “pratici”, rafforzando gli incentivi fiscali alla mediazione e disciplinando in modo compiuto il patrocinio a spese dello Stato.

Quali logiche hanno guidato le scelte normative?

La principale direttiva di riferimento è indubbiamente quella di un generale favore per i metodi di giustizia alternativa, verso i quali particolarmente attenta si è rivelata la sensibilità della Ministra Marta Cartabia. L’idea di fondo è quella per cui tali metodi non sono chiamati ad agire esclusivamente in funzione deflattiva, per un alleggerimento del carico degli organi giurisdizionali e quindi per una maggiore efficienza della giurisdizione ordinaria, ma rappresentano vere e proprie forme di giustizia “complementare”, idonee ad attribuire alle parti risultati ed effetti che le stesse non potrebbero neppure perseguire per il solo tramite della via processuale ordinaria. La mediazione, in effetti, è volta a soddisfare non soltanto i diritti delle parti, ma può abbracciare un campo molto più esteso di interessi, bisogni e aspettative che il processo non può in alcun modo soddisfare, per la semplice ragione che gli stessi operano fuori dal suo campo di applicazione.
In questa linea prospettica, si è scelto in primo luogo di provvedere a una estensione – ma meditata e mirata – dell’area della mediazione cosiddetta obbligatoria, ovvero della mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, nella consapevolezza che per la piena diffusione della cultura della mediazione è tuttora necessario sollecitare gli operatori di giustizia e gli utenti a ricorrere a tale strumento. Ecco, quindi, che la mediazione obbligatoria è stata non solo confermata ma estesa (sia pure con previsione di un monitoraggio di cinque anni, all’esito del quale sarà possibile anche operare sostanziali modifiche del sistema) a tutta una serie di contratti di durata (contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone, subfornitura) per i quali maggiormente utile è lo strumento della mediazione. L’idea di fondo è infatti quella per la quale in quest’area, attraverso il raggiungimento di un accordo, le parti possano ritornare a esprimere la fisiologia di una relazione che per qualche motivo era stata troncata, ma che nelle aspettative iniziali era invece destinata a durare nel tempo.
A fianco a questa scelta di fondo sull’ambito di applicazione della mediazione, si collocano poi gli ulteriori interventi, tutti nel segno di una decisa valorizzazione dell’istituto.

Quali step renderanno operativo il decreto e in che tempi?

L’operatività della riforma passa attraverso una serie di tappe. La legge di Bilancio (l. 197/2022) ha infatti introdotto diverse modifiche all’originaria previsione contenuta nel d.lgs. 149/2022, anticipando al 28 febbraio 2023 l’entrata in vigore di una serie di disposizioni, tra le quali, in particolare, le seguenti previsioni: l’indipendenza del mediatore, da assicurare – insieme all’imparzialità – nel corso del procedimento di mediazione (artt. 3 e 14 d.lgs. 28/2010); la possibilità per le parti di derogare concordemente alla competenza territoriale dell’organismo di mediazione (art. 4 d.lgs. 28/2010); la disciplina della mediazione con modalità telematiche (nuovo art. 8-bis d.lgs. 28/2010); l’estensione dell’obbligo di riservatezza a chiunque partecipa alla mediazione (art. 9 d.lgs. 28/2010); le revisioni in materia di fase conclusiva del procedimento e di esecuzione dell’accordo di conciliazione (artt. 11 e 12 d.lgs. 28/2010); nonché le limitazioni alla responsabilità in caso di accordo sottoscritto da funzionari pubblici (art. 11-bis d.lgs. 28/2010). Il successivo step è invece rimasto fissato al 30 giugno 2023, e prevede, oltre alla già indicata estensione delle materie per le quali la mediazione è considerata come condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010), la disciplina del rilievo dinamico di tale condizione di procedibilità della domanda (art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010), anche nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo (art. 5-bis d.lgs. 28/2010), la previsione della legittimazione a ricorrere alla mediazione da parte dell’amministratore di condominio (art. 5-ter d.lgs. 28/2010), le importanti modifiche alla mediazione demandata dal giudice (art. 5-quater d.lgs. 28/2010) e alla formazione dei magistrati in materia di mediazione, oltre che alla valutazione in termini di professionalità degli stessi del contenzioso definito a seguito di mediazione demandata (art. 5-quinquies d.lgs. 28/2010). Nonché le importantissime previsioni in tema di patrocinio a spese dello Stato (artt. 15-bis ss. d.lgs. 28/2010) e di incentivi fiscali sugli accordi di mediazione, esenti dall’imposta di registro fino al limite di € 100.000,00, la nuova disciplina delle spese anche per il primo incontro di mediazione e la revisione dei crediti di imposta in favore delle parti e degli organismi di mediazione (artt. 17 e 20 d.lgs. 28/2010). Entro la stessa data del 30 giugno 2023 dovrà poi avvenire anche la revisione del d.m. 180/2010, fonte secondaria, ma tutt’altro che sussidiaria, della materia e dunque indispensabile completamento della riforma.

Quale impatto possiamo prevedere in termini di regolazione del mercato e quali miglioramenti in particolare possono aspettarsi le imprese rispetto ai tempi della giustizia?

Il miglioramento della funzionalità dell’istituto della mediazione dovrebbe indubbiamente agire anche come elemento trainante per rendere più virtuoso il sistema nel suo complesso, con conseguenti rilevanti positive ricadute in favore degli utenti e delle imprese. È noto a tutti, invero, che nel nostro ordinamento vi è un generale clima di sfiducia da parte, non soltanto degli investitori stranieri, ma altresì e prima ancora delle imprese operanti sul territorio nazionale, assai scettiche (se non timorose) per i tempi troppo lunghi della giustizia civile, che costituiscono un deterrente per la conclusione di affari e operazioni commerciali. Da questo punto di vista è stato giustamente sottolineato come vi sia un rapporto se non sinallagmatico, quanto meno di reciproca influenza, tra mediazione e processo; il rafforzamento della prima potrà quindi innegabilmente portare non solo un alleggerimento del carico della giustizia, ma anche un complessivo miglioramento di questa, riattivando in tal modo la fiducia nel sistema da parte delle imprese.

Quali ricadute sono previste sulla formazione degli operatori coinvolti?

La diffusione di prassi virtuose sulla mediazione passa naturalmente attraverso una responsabilizzazione dei soggetti e degli enti che sono deputati ad amministrarla e quindi, in primis, dei mediatori e degli organismi. Da questo punto di vista la riforma intende valorizzare la competenza dei mediatori (fondamentale fattore per una mediazione “equa”, consapevole ed efficiente), in particolare sotto il profilo della formazione e del necessario aggiornamento. In parallelo, poi, dovrà essere rafforzata la trasparenza e la serietà degli organismi, affinché gli utenti e tutti gli operatori del settore giustizia possano ritrovare fiducia verso le forme complementari di risoluzione delle controversie, nella generale consapevolezza che la giustizia rappresenta un bene comune, la cui efficienza ed effettività sono indispensabili per un ordinamento che aspiri a salvaguardare i diritti di tutti i consociati.