di Stefano Pavletic*
E’ ben noto come la “terzietà” del mediatore rispetto alle parti, alla controversia ed agli interessi in gioco rappresenti una preliminare condizione per un qualificato svolgimento della mediazione. Peraltro la necessità che il mediatore sia effettivamente “terzo” rispetto alla controversia non significa che i concetti di indipendenza ed imparzialità non possano essere interpretati con una certa flessibilità.
Mai come durante l’attuale conflitto russo-ucraino viene però alla ribalta, con una certa brutale oggettività, una alquanto differente concezione di neutralità.
Dato per scontato che sia necessario l’intervento di un terzo, è proprio sulle modalità di selezione di una figura credibile di mediatore che si manifestano evidenti anomalie.
E così la sia gli USA che la UE si sono subito chiamati fuori per una evidente condizione di co-belligeranza nel conflitto. Ma ci sono altri soggetti che si stanno proponendo come mediatori, sulla base di presunte condizioni di imparzialità: Francia, Germania, Israele, Turchia. Quest’ultima non è attore indifferente ed estraneo alla vicenda. Turchia e Russia sono tutto tranne che amici. Ankara si propone come mediatore con la volontà di difendere la supremazia sul Mar Nero e, in quanto paese con grandi interessi, di fermare le ostilità altrimenti i Russi possono mangiarsi tutto.
Israele ha cercato di accreditarsi come potenziale soggetto mediatore, vantando oggettive e potenzialmente equidistanti affinità tra le parti contendenti (il Presidente ucraino Zelenski è ebreo, molti cittadini israeliani sono di origine ucraina e russa, in Israele vive una prevalente componente di popolazione russofona).
E poi la Cina. Come potenziale mediatore cerca faticosamente di costruire una equidistanza tra le parti, non senza una certa dose di ambiguità, cercando di smontare accuse e recriminazioni mosse da alcuni player coinvolti nella controversia.
C’è lo spazio per la mediazione? La Cina può giocare un ruolo? L’occidente come deve posizionarsi? Per poter guardare ad una trattativa bisogna lavorare anche ad una interpretazione. Se non si sostituisce l’idea della guerra con la prospettiva di un buon compromesso tra gli stati, è difficile che una trattativa riesca.
I vantaggi per indossare i panni del paciere sembrerebbero enormi per la Cina ma molti dicono che non lo farà. Xi deve proteggere Putin perché un fallimento dell’autocrate avrebbe conseguenze negative per il destino politico di ogni autocrate.
Certo appare autorevole e può vantare molti strumenti di persuasione nei confronti della Russia. Criticata per non avere forse l’agilità del mediatore, la Cina vuole essere coinvolta alla pari con l’Occidente. Cina e Russia sono partner strategici e si sono avvicinati moltissimo. Pechino può fare leva sulla Russia di Putin più dell’Occidente. E’ molto importante che la Cina riesca ad avere un ruolo, però una mediazione positiva sarebbe uno straordinario risultato per Xi che affermerebbe la propria potenza globale politica, non solo economica. Un importante successo in termini di soft power nel caso di una gestione di successo di una difficile situazione fuori controllo con potenziali effetti negativi anche per l’Europa.
Pur avendo dimostrato una solidarietà di principio con la Russia, la Cina ha interessi enormi al ristabilimento di condizioni pacifiche dell’ordine mondiale. Si trova in una posizione molto scomoda poiché la guerra ha interrotto i piani di sviluppo per la Via della Seta. Certo un vero mediatore che abbia possibilità di successo non deve essere troppo forte, anzi non dovrebbe essere minaccioso per nessuna delle parti, in qualche modo quasi “neutro”. Qualcuno a cui devi sentirti in grado di dire di no. Se il mediatore è troppo forte le parti hanno difficoltà a dire di no. In questo senso meglio i tentativi israeliani o turchi anche se possono non piacere. Perché sono potenze medie e siccome entrambe le parti dovranno fare concessioni, ci vorrà un mediatore sufficientemente debole, ma all’altezza del compito.
Per completare il quadro è interessante che gli USA cerchino un’interlocuzione con la Cina, una sorta di riconoscimento del suo ruolo, perché tutti hanno capito che l’unico stakeholder (portatore di interessi) che abbia una capacita di influenzare Mosca è proprio Pechino.
Con un approccio certo piuttosto ottimistico, e senza guardare solo al breve termine, la neutralità cinese potrebbe peraltro evolversi nel tempo, con una sorta di “interposizione dinamica” nel ruolo di mediatore.
Certo la sensazione è che per comporre un difficile conflitto, e per salvare forse le sorti del mondo intero, la ragion di stato e le priorità di real politik abbiano fatalmente la meglio e la prospettiva di impiegare strumenti negoziali efficaci porti con sè una ben strana idea di neutralità del mediatore. Più che vantare oggettive e particolari condizioni di “terzietà” al tavolo del negoziato, i più accreditati candidati al ruolo di mediatore, portatori di evidenti interessi in gioco, cercano di spendere proprie abilità di pressione e di condizionamento sulle parti.
*Mediatore ed arbitro, consulente aziendale e dottore commercialista in Milano