di Nicolò Cermenati
Mediazione e ambiente sembrano ormai un binomio tanto attuale quanto vincente. Dall’idea di mediazione ambientale a quelle di mediatori più attenti all’impatto ambientale durante lo svolgimento del proprio lavoro. Oggi ne parliamo con Maria Francesca Francese, avvocato e mediatrice civile commerciale e familiare, oltre che coach di competizioni internazionali di mediazione.
Francesca, anzitutto grazie per aver aderito al nostro invito. Cosa puoi raccontarci del progetto Green Pledge?
Il Mediators Green Pledge nasce da un impulso di John Sturrock QC, mediatore e avvocato. Sturrock racconta di aver notato che nelle sue recenti mediazioni sui più svariati temi il cambiamento climatico ed i suoi effetti sono emersi, anche solo incidentalmente, sempre più di frequente. Si è quindi domandato pubblicamente, in un post all’inizio del 2020, in un’epoca pre-pandemia, se valesse la pena formare un’alleanza di mediatori su questo tema, ispirandosi alla UK Health Alliance for Climate Change, un’iniziativa britannica nata nel 2016 che riunisce medici, infermieri e personale sanitario per dare risposte al cambiamento climatico che proteggano e promuovano la salute pubblica e proponendo un’iniziativa ai mediatori analoga ad un’altra iniziativa green per gli arbitri.
Il suo invito è stato raccolto e ne è nata la World Mediators Alliance on Climate Change, da cui scaturisce il Green Pledge di cui stiamo parlando.
Ad oggi, i mediatori di tutto il mondo che lo hanno sottoscritto sono quasi duecento ed il numero aumenta di giorno in giorno.
Ci puoi dire come, secondo il progetto, la mediazione e i mediatori possono aiutare l’ambiente ed essere più environmental friendly?
Sottoscrivendo il Green Pledge ogni mediatore si impegna a minimizzare l’impatto sull’ambiente di ogni mediazione che lo riguardi. In particolare, ogni volta che sia possibile, ogni mediatore si impegna a:
• incoraggiare l’utilizzo in tutti gli aspetti della mia pratica di mediazione della condivisione dello schermo/tecnologia video se è adeguata, accessibile ed accettabile da tutte le parti interessate;
• prendere in considerazione la modalità di viaggio più ecologica, se il viaggio è necessario, in qualunque momento del processo di mediazione;
• compensare le emissioni di anidride carbonica di ogni volo che effettuo da e verso le mediazioni, pur riconoscendo che questo non è in alcun modo un sostituto per evitare di volare e volerò solo quando è necessario;
• corrispondere durante la mediazione solo tramite mezzi elettronici, a meno che la corrispondenza cartacea non sia espressamente richiesta nelle circostanze, pur riconoscendo che la comunicazione elettronica stessa emette carbonio e dovrebbe essere limitata a quanto necessario;
• non richiedere che mi vengano fornite copie cartacee dei documenti a meno che non ci sia una necessità speciale di farlo e scoraggerò in generale l’uso di documenti cartacei;
• incoraggiare le parti e i loro consulenti a considerare la necessità di partecipare di persona alla mediazione se questo comporta viaggi significativi e non è necessaria;
• ove possibile, incoraggiare le parti e i loro consulenti a considerare il luogo più rispettoso dell’ambiente per la loro mediazione;
• nei luoghi di mediazione, nelle stanze in cui sto mediando, ad incoraggiare, ove possibile, un approccio rispettoso dell’ambiente all’uso dei materiali di consumo (ad esempio, evitare la plastica monouso) e all’uso di energia (ad esempio moderando il livello di aria condizionata e riscaldamento);
• prendere in considerazione l’opportunità di viaggiare e la mia modalità di viaggio da e per conferenze e altri eventi e, ove possibile, incoraggerò e utilizzerò opzioni di live streaming / partecipazione remota;
• adottare misure per ridurre l’impatto ambientale del mio ufficio / posto di lavoro;
• cercare di aumentare la consapevolezza di questo impegno, ad esempio facendo riferimento ad esso sul mio sito web e / o nel piè di pagina dell’email.
Risulta importante, quindi, che anche nella pratica della mediazione i mediatori prestino attenzione all’impatto che la mediazione può avere sull’ambiente.
Sulla base della tua esperienza, pensi che l’accoppiata mediazione e ambiente sia un’idea/una sfida utile da portare avanti?
Mediazione e ambiente sono un’accoppiata naturale, per usare la tua espressione. Non è una novità che la mediazione e la negoziazione basata sugli interessi sia efficiente, economica e sostenibile, soprattutto se paragonata all’alternativa del lite. In mediazione si possono allocare al meglio risorse che appaiono scarse (ricordi la storia ormai classica e intramontabile delle due sorelline e dell’arancia?), si possono trovare soluzioni creative che evitino o limitino il consumo di energie e risorse. In questo senso, la mediazione è un’opzione ecologica.
Inoltre, nell’Agenda 2030 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, la mediazione entra a pieno titolo. L’obiettivo numero 16 degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile parla della promozione di società pacifiche ed inclusive ai fini dello sviluppo sostenibile, e punta a fornire l’accesso universale alla giustizia, e a costruire istituzioni responsabili ed efficaci a tutti i livelli. L’ulteriore sviluppo e la diffusione della mediazione come processo responsabile ed auto diretto delle parti, con l’aiuto del mediatore, è uno dei passaggi ineliminabili verso il raggiungimento della sostenibilità, per come è intesa nell’obiettivo 16.
Tra i suggerimenti che ci hai raccontato e che si possono leggere sul sito internet del progetto, viene incentivato l’utilizzo della mediazione online. Fino a poco tempo fa era, se così la vogliamo chiamare, una cenerentola nella mediazione. Pare che però sia arrivato il suo momento e ultimamente viene largamente sponsorizzata anche tra i mediatori più scettici. Qual è la tua posizione a riguardo?
Penso che occorra partire dai bisogni. La pandemia ci ha messo di fronte al bisogno delle parti che necessitano della mediazione in modalità diverse rispetto a quelle a cui eravamo normalmente abituati. Non bisogna drammatizzare. Come una volta curavamo il setting della mediazione dal vivo, ad esempio offrendo un ambiente fisico adeguato, allo stesso modo occorre approntare un setting idoneo anche online. Sembra difficile perché non ci siamo abituati, ma non lo è. Il fatto di essere da remoto, online, è solo il mezzo con cui si svolge la mediazione, ma il processo di mediazione e le sue fasi, sono le stesse, basta adeguarsi e fare esperienza. Non si tratta di “inventare” o “reinventare” la mediazione online, ma solo di imparare ad usare un mezzo che per alcuni è nuovo e talvolta ostico, per i meno avvezzi alla tecnologia. Aggiungo che noi mediatori siamo ben attrezzati per affrontare questo cambio di scenario, perché non può esserci mediatore che non sia curioso, flessibile e attento ai bisogni delle parti. E’ un banco di prova per sperimentarsi, affinare le proprie competenze, riflettere sul proprio operato, ma soprattutto un modo per rispondere ad un bisogno cogente di chi chiede la mediazione in questo periodo.
Cosa vorresti dire ai tuoi colleghi mediatori per “persuaderli” a prendere parte al progetto, anche se forse non ce n’è bisogno?
Non penso che ci sia bisogno di persuadere nessuno. Semmai occorre far conoscere la prospettiva del Green Pledge e offrire una riflessione matura sull’apertura della mediazione al mondo in un modo congruente con la mediazione stessa. In mediazione noi mediatori facciamo emergere i bisogni ed è dai bisogni che costruiamo strade per la comunicazione, la costruzione di relazioni, l’accordo su soluzioni condivise. Allo stesso modo, con il Green Pledge il mondo della mediazione prende coscienza del bisogno di un futuro sostenibile ed offre i propri strumenti per soddisfarlo. La mediazione non è solo un accessorio, l’ennesimo strumento nella cassetta degli attrezzi, ma un mezzo potente di cambiamento, un nuovo paradigma non solo per affrontare il conflitto, ma per prevenirlo in modo consapevole e responsabile, costruendo relazioni e canali di comunicazione trasparenti e basati sul rispetto reciproco. Chiunque se ne renda conto non potrà esimersi da una riflessione attenta sul valore del Green Pledge per se stesso, per la propria pratica professionale, e per gli altri.
Ed, infine, qualora non fosse già abbastanza chiaro perché tu hai sottoscritto il Green Pledge?
Il Green Pledge mi è sembrato un modo per aprirmi ad una discussione importante e per partecipare attivamente alla costruzione di un futuro sostenibile mettendo a disposizione in modo ecologico le possibilità che la mediazione offre anche in uno scenario più ampio rispetto a quello della risoluzione dei conflitti a cui siamo abituati. Un posto dove si parla di futuro, di relazioni, di responsabilità, di partecipazione, di ambiente, di sostenibilità mi è sembrato il posto giusto in cui esserci come mediatore.