Entra in vigore la Convenzione di Singapore. Un altro passo verso uno sviluppo sostenibile?

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di M.Francesca Francese *

Con una cerimonia online, la prima nella storia delle Nazioni Unite, il 12 settembre scorso è entrata in vigore la Convenzione di Singapore sulla mediazione.
Assieme alla Convenzione di New York (1958) e alla Convenzione de l’Aia (2005), la Convenzione sul riconoscimento e sull’esecuzione degli accordi raggiunti ad esito di una mediazione, aggiunge un ulteriore tassello nella costruzione di un quadro internazionale relativo al riconoscimento e all’esecuzione degli accordi in ambito ADR. L’auspicio comune è che questa Convenzione faciliti per la mediazione commerciale internazionale lo stesso successo che la Convenzione di New York ha promosso per l’arbitrato.

Approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU alla fine del 2018, aperta alla firma degli stati nell’agosto dello scorso anno a Singapore, prima tra le convenzioni delle Nazioni Unite ad essere denominata in onore di quella città, entra in vigore dopo poco più di un anno.

L’accoglienza della Convenzione da parte della comunità internazionale è stata significativa sin dall’inizio. Gli originari stati firmatari (first-day signatories) furono 46, inclusi Cina e USA, le due maggiori economie mondiali, e questo la rende una delle convenzioni meglio accolte in tutta la storia delle Nazioni Unite. Ad oggi la Convenzione conta 53 stati aderenti ed entra in vigore a sei mesi esatti dal deposito del terzo strumento di ratifica da parte del Qatar lo scorso 12 marzo, dopo che già Singapore e Fiji avevano depositato i loro e a cui si sono aggiunti in seguito Arabia Saudita, Bielorussia e, dal 9 settembre, Equador.

L’intento della Convenzione di Singapore è di superare lo sfavore con cui il mondo degli affari internazionale ha guardato sino ad oggi alla mediazione, offrendo uno strumento di riconoscimento ed esecuzione degli accordi raggiunti nelle mediazioni commerciali internazionali, che sia in grado di eliminare le incertezze relative all’esecuzione e di impedire l’insorgenza di ulteriori costi nel caso in cui una delle parti si rifiutasse di onorare l’accordo.

Come ha osservato il Ministro degli Interni e della Giustizia di Singapore, K. Shanmugam, nel discorso di apertura della cerimonia organizzata congiuntamente dall’UNCITRAL e dal governo di Singapore, la mediazione sta assumendo un ruolo sempre più importante nella risoluzione delle controversie commerciali internazionali ed il mondo degli affari la apprezza sempre più.

La Convenzione stabilisce un regime legale semplice ma bilanciato che gli stati possono adottare in maniera abbastanza lineare.

Uno dei punti di forza della Convenzione è senza dubbio l’ampiezza e la flessibilità della definizione di mediazione che è definita come il processo, indipendentemente dalla sua denominazione o dalle basi su cui viene condotto, nel quale le parti cercano di raggiungere un accordo amichevole della loro controversia attraverso un terzo o dei terzi (il mediatore) che non hanno l’autorità di imporre una soluzione alle parti della controversia.

In questo senso la Convenzione abbraccia la più vasta gamma di stili e metodi, approcci, definizioni, oltre a risolvere in nuce le questioni logistiche che, in ambito internazionale, non sono mai da sottovalutare. E’ noto, ad esempio, che ai sensi della Convenzione, sarebbe perfettamente valida una mediazione svolta interamente al telefono, ad esito della quale l’accordo venga scambiato tra le parti per email. Ed ancora, la Convenzione detta il requisito della forma scritta per l’accordo, “in writing”, ma sin dai lavori preparatori è emerso chiaramente che la modalità “in writing” contiene ogni tipo di forma scritta, comprese le comunicazioni elettroniche di ogni tipo, a condizione che se ne possa identificare il mittente, anche semplicemente attraverso l’account della posta o l’intestazione del numero di telefono.

Alcune voci critiche si sono levate circa quanto dispone la Convenzione per il rifiuto a concedere l’esecutività dell’accordo, in particolare riguardo alle previsioni dell’art. 5 relative alla condotta del mediatore.
Gli appunti si incentrano sul fatto che, onde rilevare le criticità nella condotta del mediatore, tali da impedire il riconoscimento dell’accordo raggiunto in mediazione, occorre un’indagine destinata ad infrangere la confidenzialità della mediazione stessa, minando uno dei pilastri su cui la mediazione si basa ed aprendo le porte ad un uso strumentale dell’art. 5 con gravissime conseguenze per tutta la comunità della mediazione internazionale.

C’è stato anche chi, già un anno fa in occasione dell’apertura alle firme della Convenzione, ha prefigurato uno scenario fosco, da qui a dieci anni, nel quale riferendosi alla Convenzione, non si parlerà più tanto di mediazione, ma saranno gli organi giudiziari e le sentenze di tutto il mondo a parlare.

Senza avere la sfera di cristallo e senza indulgere nell’ottimismo o nel pessimismo a seconda dell’impeto del momento, osservo che la mediazione internazionale si basa normalmente sull’altissima professionalità e sulla reputazione di chi la pratica, mediatori ed istituzioni, e questo non verrà verosimilmente intaccato dalla Convenzione di Singapore.

Occorrerà senz’altro vigilare contro possibili abusi e distorsioni che sono possibili, come in ogni attività umana. Tuttavia, invece di temere ipotetici scenari di decadenza della mediazione internazionale, preferisco rifarmi alle parole del sottosegretario generale agli affari legali e legal counsel delle Nazioni Unite, Miguel De Serpa Soares, il quale ha fatto un collegamento esplicito tra il successo della mediazione, anche attraverso l’adozione diffusa della Convenzione, ed il 16mo obiettivo di Sviluppo Sostenibile “Promuovere società pacifiche ed inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli.”

La mediazione è uno strumento per la risoluzione delle controversie efficiente, efficace ed inclusivo. Fa parte di un cambiamento di paradigma che è già in atto e che riguarda il modo in cui si affrontano le controversie e, più in generale, in cui si impostano le relazioni, anche quelle del commercio internazionale.

Se la Convenzione di Singapore farà da sprone e da facilitatore agevolando questo cambiamento verso l’adozione della mediazione nelle controversie commerciali internazionali, oppure se cederà alle pressioni opportunistiche e reazionarie di chi la utilizzerà, in parte lo dirà la storia, in parte lo diremo anche noi attraverso l’osservazione e la partecipazione critica alla comunità della mediazione internazionale.

*MCIArb – IMI Certified Legal Designer, Mediator