di Nicola Giudice
“Se sei costretto a farti operare e qualcosa non va per il verso giusto, la normale reazione è pensare che sia stato il chirurgo a sbagliare qualcosa. Se però si partecipa ad una mediazione e questa non dà l’esito sperato, la conclusione è pensare che la mediazione non serva a nulla!”.
Ho sempre trovato questo esempio molto illuminante della percezione distorta che in Italia si ha del fenomeno mediazione: un qualcosa che non si conosce e che, anche per questo, genera timore e sospetto.
Oggi questa percezione, fortunatamente, è solo di alcuni, sicuramente non della maggioranza e di certo non di quelli che hanno fruito, effettivamente, dei servizi di un organismo di mediazione efficiente e di un mediatore efficace.
E’ però ancora radicata e bisogna tenerne conto almeno per due ragioni.
Innanzitutto perché, innegabilmente, esiste un problema di qualità della mediazione in Italia. Molte mediazioni falliscono quando, invece, potrebbero essere di grande aiuto. Ci sono disservizi e comportamenti scorretti, incertezze e confusione. E non è di grande conforto il fatto che altri contesti professionali vivano in similari condizioni. Ma, se il problema esiste, è del mediatore forse non sufficientemente preparato o esperto; oppure dell’organismo di mediazione che non è abbastanza organizzato e efficiente; o, ancora, delle parti che semplicemente non sanno come sfruttare al meglio l’occasione. Questi sono problemi reali e tangibili a cui bisogna trovare una soluzione. Ma non si può addossare la responsabilità alla mediazione in sé. Peraltro, sorprendentemente, in altri paesi la mediazione (USA e Regno Unito, per citare i principali) funziona e prospera. E in altri ancora, tra cui molti dell’Unione Europea, si guarda all’Italia come ad un caso di successo.
Il secondo motivo è particolarmente evidente oggi, visto che il Consiglio dei Ministri ha varato un disegno di legge che, nel progettare una profonda riforma del processo civile, sembra drasticamente ridurre il campo d’azione della mediazione. Bisognerà vedere quali saranno le effettive previsioni del DDL (ad oggi sono disponibili solo slides illustrative) e poi comprendere quale modifiche saranno apportate in Parlamento ma già da ora sembra imperare una visione di scarsa fiducia nei confronti dello strumento della mediazione.
I problemi di qualità sono innegabili ma per porvi rimedio occorrono controlli e risorse economiche.
I primi sono stati fino ad ora limitati e non sempre efficaci. Questo consente ad alcuni organismi di mediazione di operare con eccessiva discrezionalità, talvolta al limite della correttezza.
Le seconde rappresentano, se possibile, un ostacolo ancora maggiore. Le tariffe della mediazione sono ancorate ad una disposizione del 2013 (e già all’epoca erano somme piuttosto modeste). Come si può pensare che con compensi così bassi un mercato possa svilupparsi in maniera efficiente? Come si può pensare che la buona volontà, la passione e l’impegno di istituzioni e privati rappresentino l’unico vero sostegno per uno strumento che dovrebbe rappresentare una seria alternativa al processo? Senza dimenticare che gli incentivi fiscali previsti esplicitamente dalla norma del 2013 non sono mai diventati operativi e nessun utente ne ha mai goduto.
Purtroppo il Ministero che oggi sembra non dimostrare fiducia nei confronti della mediazione è la stessa istituzione che, nel corso di questi anni, per prima avrebbe dovuto adoperarsi per contribuire a creare e sostenere lo strumento.
Spetta infatti a Via Arenula la responsabilità di vegliare sulla qualità di questo mercato, di effettuare controlli, pretendere dati e, se necessario, sanzionare ove necessario.
E’ un Decreto Ministeriale che può rendere effettivi gli incentivi all’impiego degli strumenti ADR.
E, ancora, è di responsabilità del Ministero intervenire sulle tariffe per consentire al professionista che vuole dedicarsi a tale attività di ricevere un dignitoso compenso e un’adeguata motivazione ad investire sul miglioramento delle proprie competenze.
Intervenire sull’assetto normativo e regolamentare della mediazione è non solo legittimo ma anche doveroso.
Sembra però che il dibattito si concentri tutto sul fatto che la mediazione sia o meno utile. E’ forse il caso di concentrarsi di più sui protagonisti: mediatori, organismi di mediazione, avvocati e Ministero della Giustizia, dovrebbero tutti fare uno sforzo in più per fare meglio il proprio lavoro.
L’auspicio è che si sia ancora in tempo per ragionare su queste modifiche e farle diventare innovative e migliorative, utili a correggere gli errori commessi.
L’alternativa è di andare ad affossare un’esperienza che dall’estero viene osservata con apprezzamento e ammirazione.