Il passaggio generazionale è argomento di grande interesse sotto molti profili. Chi si occupa di mediazione sa perfettamente quali conflitti possono nascere in ambito successorio. E’ peraltro noto che molte imprese incontrano gravi difficoltà quando il bastone del comando passa dai genitori ai figli e peraltro non si possono dimenticare le difficoltà legate al patrimonio stesso della famiglia: da prestigiose collezioni smembrate senza alcun criterio a immobili storici lasciati in stato di abbandono, è lunga la lista delle problematiche che possono riguardare questo delicatissimo momento.
Su questo aspetto abbiamo incontrato Mariaclaudia Perego, mediatrice ed avvocato che segue da vicino queste tematiche e che sarà tra gli ospiti del seminario Passaggio generazionale e gestione delle conflittualità che si svolgerà il prossimo 11 Novembre a Monza.
Quale definizione si può dare di passaggio generazionale e perché è un tema importante anche dal punto di vista sociale?
Ogni organizzazione, o professionista singolo, che si occupi di questo aspetto potrebbe dare una definizione differente basata su due fattori principali: il tipo di approccio alla gestione del passaggio generazionale utilizzato e l’esperienza maturata sul campo.
L’approccio che utilizzo in questo ambito vede il patrimonio di una famiglia composto da tre aspetti principali: quello finanziario, quello culturale e quello umano. Per quanto mi riguarda gestire un passaggio generazionale significa creare un processo attraverso il quale si possano sviluppare delle soluzioni tali da creare ponti di trasmissione da una generazione all’altra che comprendano tutti e tre i livelli e che abbiano solide basi di appoggio da entrambe le parti.
Questo significa, prima di tutto, comprendere bene chi sono tutti i soggetti coinvolti dal passaggio generazionale, ascoltarli e includerli nel processo, con l’obbiettivo chiaro di ottenere il loro assenso rispetto alle scelte che verranno effettuate man mano.
Quanto è possibile pianificare il passaggio generazionale e quali tipologie di conflitto si sollevano?
In teoria è sempre possibile pianificare un passaggio generazionale, nella realtà non lo è, spesso i nodi relazionali sono così complessi da impedirlo.
Anche in quest’ambito, e forse soprattutto in quest’ambito, il denaro e i beni materiali acquistano, con insistente frequenza, un valore simbolico e i conflitti, che sorgono per la loro ripartizione o gestione, in realtà nascondono dinamiche relazionali conflittuali da affrontare prima di poter parlare degli aspetti finanziari.
Il vero scoglio sta nella mancanza di volontà di molti soggetti di mettersi in gioco dal punto di vista relazionale.
In questo settore le soluzioni apparenti, cioè quelle che si limitano a ottenere benefici dal punto di vista fiscale, sono quelle più richieste dai nostri clienti.
Sta quindi al consulente proporre, con competenza ma anche con tanta passione, un approccio integrativo, facendo emergere la complessità della realtà di una famiglia in tutte le sue sfaccettature pluridimensionali.
Pensare al “come” ripartire la liquidità del patrimonio significa anche comprendere come quella liquidità potrebbe essere utile per gli eredi; provate a pensare di ricevere oggi €50.000,00 di liquidità, come li utilizzereste? Ritengo molto probabile che ognuno di noi abbia la “sua” risposta; questo accade in ogni famiglia.
Che ruolo può avere, nella prevenzione (non nella gestione) di questo conflitto, un mediatore? e quale ruolo gli altri professionisti?
Ritengo che il mediatore possa avere un ruolo fondamentale nella prevenzione dei conflitti successori. Il mediatore ha competenze che riguardano la gestione delle emozioni, dei conflitti, sa come funzionano i processi decisionali, conosce le dinamiche dei contesti multiparte.
Questo vuol dire che è un professionista che può creare, e divenire il custode, del processo di esplorazione del contesto familiare e della fase decisionale, può mediare i conflitti che emergono man mano che si procede, può sostenere la comunicazione tra i soggetti coinvolti creando uno spazio neutro di ascolto e può coordinare l’intervento dei professionisti.
Avvocati, notai, commercialisti, consulenti tecnici e altre figure professionali sono un plus valore importante. Ogni professionista apporta le proprie competenze ed esperienze così da poter integrare ogni aspetto nella soluzione che la famiglia deciderà di adottare.
E’ pensabile un’interazione tra le varie figure professionali per consentire un passaggio generazionale soft?
Ritengo che in qualsiasi campo i vari consulenti dovrebbero aprirsi a una collaborazione interdisciplinare, K. Blanchard ci dice: “nessuno di noi è intelligente quanto tutti noi messi insieme”.
Penso anche che se una interazione tra le figure professionali possa dare un buon vantaggio ciò che può fare la differenza sia il lavoro in team di un gruppo di professionisti che assistono la famiglia nel passaggio generazionale.
La differenza tra le due modalità è rilevante: nel caso di interazione tra professionisti parliamo di soggetti distinti che spesso vengono coordinati dal cliente stesso nell’occasione di quella singola pratica; per team intendo, invece, professionisti con competenze diverse che hanno però una formazione comune e lavorano alla posizione come una squadra, coordinata da un mediatore e/o facilitatore che si occupa di organizzare e gestire tutto il processo.
Esistono dei casi di successo da raccontare?
Direi proprio di sì anche se la cultura della gestione preventiva dei passaggi generazionali integrativo non è ancora molto diffusa soprattutto nelle pmi. Come ho detto la situazione più classica è quella del soggetto che si rivolge al consulente per cercare soluzioni che siano vantaggiose dal punto di vista fiscale.
L’idea di un trasferimento del patrimonio familiare in tutta la sua complessità è ancora ai primi passi.
Posso però raccontarvi di un caso semplice ma significativo che ho gestito alcuni anni fa quando ancora non avevo definito con sistematicità il mio approccio, ma agivo in base a un mix di esperienza e intuito.
Venne da me una signora titolare di una piccola, ma prospera, attività nel campo alimentare; mi disse che voleva preparare la propria successione, perché i suoi genitori si erano ammalati quando avevano raggiunto la sua età attuale ed erano entrambi morti pochi anni dopo.
Le intenzioni della cliente erano quelle di lasciare al marito il patrimonio immobiliare e tutta la liquidità (la coppia non aveva figli e il marito non era interessato all’attività della moglie), al fratello scapestrato una piccola rendita, e alla sua collaboratrice più stretta l’attività.
Con l’aiuto di alcuni consulenti verificammo subito se la sua idea rispettasse, considerati i valori del momento, la quota di legittima che sarebbe spettata al marito; la verifica diede esito positivo.
La cliente era soddisfatta, le dissi allora che, a mio avviso, sarebbe stato meglio parlare della sua idea coi familiari e con la collaboratrice.
Fare questo passo permise di evitare una “delusione post mortem”; la collaboratrice le disse, infatti, che non si sentiva in grado di gestire un’azienda: le piaceva il suo attuale lavoro con le responsabilità che finivano con l’orario di lavoro, voleva godersi il suo tempo libero senza preoccupazioni.
Questa risposta creò non poca tensione tra le due, almeno nei primi mesi; aver esplicitato le proprie intenzioni e accolto la risposta ricevuta, permise alla cliente di cercare soluzioni differenti, che, come in ogni lieto fine, coinvolsero sia il marito che il fratello.
In questo caso l’interazione tra i professionisti è stata fondamentale per arrivare a definire uno scenario del tutto inaspettato ma che teneva conto degli interessi di tutti i soggetti coinvolti.