Mediazione e Rappresentanza

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di Riccardo Maggioni

Due recenti arresti della Corte di Cassazione (III Sezione civile, 27 marzo 2019 n.8473 e 5 luglio 2019 n.18068) hanno innescato una querelle in tema di rappresentanza nella procedura di mediazione.

A tale riguardo giova premettere che in entrambi i casi sottoposti al Supremo collegio l’esperimento della mediazione costituiva condizione di procedibilità ex art. 5 del D. Lgs. 28/2010 e all’incontro preliminare avevano preso parte esclusivamente i difensori delle parti muniti di una mera procura alle liti, senza che poi il procedimento proseguisse.

Così stando le cose, in tutte e due le richiamate decisioni la Corte ha ritenuto che la condizione di procedibilità non fosse stata validamente ottemperata, essendo mancata la partecipazione personale delle parti assistite dai loro difensori, secondo quanto previsto dall’art.8 della normativa succitata.

Nel pronunciarsi sui casi che le erano stati sottoposti il Supremo collegio ha peraltro ritenuto di esprimere in via incidentale un proprio orientamento in tema di rappresentanza in mediazione che, affermato già nella prima delle sentenze sopra citate, è stato poi ripreso e ribadito in quella più recente.

Secondo la Corte, invero, se da un lato risulta evidente l’intenzione del legislatore di promuovere la presenza avanti al mediatore delle parti personalmente (pur con l’assistenza dei difensori), onde consentire un’approfondita esplorazione dei reali interessi quale indispensabile premessa per una efficace negoziazione, dall’altro lato la legge non vieta e dunque non esclude a priori la rappresentanza, cui in linea generale è quindi consentito ricorrere alle parti in mediazione purché sulla base di una valida procura sostanziale, ben distinta dalla procura alle liti conferita al difensore con la quale non va confusa.

In tale prospettiva, nelle motivazioni di entrambi gli arresti ricordati si legge in particolare come la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione abbia la facoltà di farsi liberamente sostituire da chiunque e quindi anche dal proprio difensore “…ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista”.

Il Supremo collegio ha dunque precisato che la procura conferita per rappresentare la parte in mediazione ha natura sostanziale e per tale motivo non può essere autenticata dal difensore al quale – come è noto – l’art.83 co. 3 c.p.c. riconosce esclusivamente il potere di autenticare la procura speciale che gli attribuisce la rappresentanza della parte in giudizio e che deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata sulla base dell’art. 83 co. 2 c.p.c..

In modo del tutto analogo il legislatore, nel riconoscere con la riforma del 2005 alle parti la possibilità di nominare un procuratore generale o speciale per il tentativo di conciliazione disciplinato dall’art. 185 c.p.c., ha previsto espressamente che anche tale procura di natura processuale vada conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, attribuendo peraltro opportunamente anche qui il potere di autentica al difensore.

Se da un lato in campo processuale il conferimento di procura a mezzo di atto pubblico o scrittura privata autenticata risulta così espressamente previsto dalla legge, che nel processo attribuisce comunque il potere di autentica al difensore, dall’altro lato occorre tenere in considerazione la natura sostanziale della procura eventualmente conferita per la mediazione.

Ne consegue che la forma della procura per la mediazione deve ritenersi disciplinata dalle norme del codice civile e segnatamente dall’art. 1392 c.c. in base a cui, come è noto, la procura per essere efficace deve essere conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere.

Sulla base del diritto sostanziale sarà allora necessario ricorrere al notaio, mancando in capo al difensore i poteri di autentica secondo quanto la Cassazione ha ritenuto di precisare, solo quando nell’ambito della mediazione si tratterà ad esempio di stipulare una donazione ovvero procedere con la trascrizione in conservatoria, risultando invece sufficiente una delega per iscritto in tutti i casi in cui l’ordinamento prevede la semplice forma scritta, senza prescrivere atto pubblico o autentica.

In tutti i casi in cui non è previsto dal diritto sostanziale l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, una procura scritta dovrà così ritenersi sufficiente a documentare e giustificare i poteri del rappresentante.

Tale impostazione risulta altresì conforme alla disciplina del D. Lgs. 28/2010 il cui art. 3 co. 3 recita che “Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità”, laddove il successivo art. 11 co. 3 prevede espressamente ipotesi di autentica notarile soltanto per l’eventuale trascrizione di atti previsti dall’art. 2643 c.c..

Sul piano sistematico va evidenziato infine che, ove il legislatore ha ritenuto necessario l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, la legge lo ha previsto espressamente come nelle norme processuali citate sopra, mentre non esiste alcuna espressa previsione legislativa a riguardo in tema di mediazione, con conseguente piena applicabilità del principio generale di libertà delle forme sancito dall’art. 1325 co. 1 n.4) c.c. e dall’art. 121 c.p.c..

Alla luce di quanto si è detto sin qui risulta così priva di ogni pregio la tesi proposta da una giurisprudenza di merito e seguita da alcuni commentatori, secondo cui la rappresentanza della parte in mediazione richiede sempre necessariamente una procura speciale notarile.

Secondo quanto si legge in particolare nella stessa già citata sentenza della Cassazione n.8473/19, la Corte d’appello di Trieste con la sentenza n. 2010 del 2017 impugnata avanti al Supremo collegio, nel rigettare l’appello aveva invero affermato che in mediazione “pur potendo la parte farsi rappresentare dal difensore, non sia sufficiente a tal fine una semplice procura speciale alle liti rilasciata ex art. 185 c.p.c., contenente i poteri di transigere e conciliare la lite, trattandosi di procura con valenza processuale e non sostanziale, essendo necessaria una procura speciale notarile che conferisca al difensore la rappresentanza sostanziale della parte”

Oltre ad essere priva di concreta rilevanza per la decisione della Cassazione, atteso che – come già detto – nella fattispecie risultava pacifica l’assenza di qualunque potere sostanziale in capo al difensore munito esclusivamente della procura alle liti, la suddetta affermazione della Corte territoriale risulta apodittica nonché infondata sulla base del diritto positivo e in contrasto con lo stesso principio espresso dal Supremo collegio, che ha appunto affermato la legittimità del conferimento di eventuale procura precisandone la natura sostanziale.

Nemmeno appare infine auspicabile che la nomina con procura notarile di un eventuale rappresentante per il primo incontro di mediazione possa essere richiesta per indurre le parti a comparire personalmente, onde evitare gli oneri e le spese per il rilascio di tale procura.

Se invero tale impostazione potrebbe forse costituire un – improprio – incentivo per la presenza personale delle parti, d’altro canto risulterebbe contraria ai principi di fondo della mediazione, il cui scopo è facilitare una negoziazione informale ed efficace, né tanto meno varrebbe a garantire quell’atteggiamento sereno e costruttivo necessario per svolgere seriamente l’incontro preliminare, ma al contrario ben potrebbe comprometterlo perché chi si sentisse costretto a comparire personalmente davanti al mediatore sarebbe presumibilmente già maldisposto in merito alla possibilità di proseguire nel procedimento, ancor prima del suo inizio.