Di Nicolò Cermenati*
Parlando di mediazione ambientale, abbiamo spesso analizzato da un punto di vista teorico le ragioni per cui si è ritenuto necessario sviluppare un progetto specifico settoriale; questa volta, diversamente, vorrei raccontare un caso concreto, ovviamente anonimizzato, gestito dalla Camera Arbitrale di Milano, al fine di provare a trasmettere l’idea da un punto di vista diverso.
Una società, dopo 15 anni di procedimenti giudiziari, deposita domanda di mediazione per un valore molto elevato (qualche milione di euro) nei confronti di 3 enti pubblici. Il caso vede al centro una cava, ora in disuso, e la sua futura destinazione. Ci sono enormi debiti rivendicati da enti pubblici per danni ambientali (circa 1 milione, riconosciuto da una sentenza emessa) e multe amministrative per attività di escavazione impropria.
Il caso si presenta, sin da subito, molto intricato sia a causa del valore ingente sia per la complessità giuridica e tecnica, ma anche per l’accentuata conflittualità che si protrae da molti anni. La situazione si è arenata nei tribunali e sembra non avere possibilità d’uscita. I vari giudizi non sono riusciti a trovare una soluzione per ripristinare il danno ambientale, anche a causa delle complessità tecnico-scientifiche che non rendono di facile applicazione la normativa stessa.
A questo si aggiunga che la società, ormai in bancarotta, si trova nell’impossibilità di pagare l’ingente credito richiesto dagli enti pubblici e il sito in questione è in disuso da ormai 15 anni.
Al tavolo della mediazione la società ha manifestato l’interesse e la disponibilità a valutare proposte alternative di soddisfazione dei diritti degli enti pubblici creditori.
Tra le alternative sottoposte alla valutazione degli enti ci sono, ad esempio, il trasferimento gratuito alle amministrazioni della proprietà dei terreni della società su cui si sono verificati gli eventi che hanno generato il danno ambientale, unitamente alla predisposizione di un progetto di riqualificazione ambientale delle stesse aree, redatto secondo criteri individuati collettivamente al tavolo.
La sfida è stata trovare una soluzione che soddisfacesse l’elevato credito pubblico, in considerazione di una società debitrice che dichiara di non avere liquidità; a ciò si aggiungano le molteplici sentenze in essere, la cui esecuzione in forma alternativa avrebbe potuto sollevare problemi legali relativi al rispetto degli obblighi monetari che gravano sugli enti pubblici.
Inoltre, la disputa risulta fortemente localizzata, poiché si contestualizza su un territorio specifico, e coinvolge una comunità locale radicata e che avverte il peso del contenzioso e la possibilità di un danno reputazionale per la cittadina che si trova in prossimità della cava.
A questo si aggiunga che la natura di utilità pubblica del settore in cui opera la società contribuisce ad aumentare ulteriormente il fattore di complessità.
In ultima analisi, le complessità tecniche e scientifiche hanno generato un bisogno di assistenza tecnica durante tutto il processo di mediazione, il cui contributo si è rivelato fondamentale per garantire un efficace scambio e comprensione di tutte le informazioni presentate.
Anche in presenza di tali criticità, quello esposto risulta un caso molto interessante, in quanto l’eventuale conclusione positiva del tentativo di mediazione – pur non soddisfacendo appieno il credito delle amministrazioni – avrebbe consentito la conclusione di una contingenza durata anni, con un importante beneficio per la comunità, in termini di ritorno alla viabilità pubblica delle aree interessate, e per il territorio e l’ambiente, in termini di ripristino ambientale delle aree fortemente colpite dall’attività antropica.
L’ipotesi di accordo che è stata delineata includeva infatti i punti elencati di seguito:
1. Lievi interventi di ripristino delle aree interessate. Le aree in questione sono rimaste, infatti, stazionarie per 15 anni e quindi la natura è già stata in grado di rinvigorirle.
2. Smantellamento delle attrezzature industriali presenti nel sito.
3. Vendita/trasferimento di terreni per coprire parzialmente il pesante credito pubblico accumulato dalla società nei vari processi.
Va segnalato come, in questo caso, i tempi di mediazione (che solitamente non oltrepassano i 5 mesi) sono stati molto dilatati a causa della presenza delle Pubbliche Amministrazioni che, prima di poter prendere decisioni, hanno dovuto riportare gli esiti di ciascun incontro ai relativi consigli.
Sebbene la mediazione non sia giunta alla formalizzazione di un accordo finale tutte le parti hanno, tuttavia, concordemente tenuto a verbalizzare come positivo il complessivo lavoro svolto, ritenendolo utile per l’eventuale riavvio delle attività conciliative, anche in sede diversa e separata con opzione di ritentare un procedimento di mediazione nel caso di emersione di ulteriore conflittualità.
Come si potrà ben capire, la sfida in questo caso era davvero grande e la cristallizzazione di quindici anni di conflitto hanno ostacolato la possibilità di spezzare alcune rigidità. Si può affermare, tuttavia, che sebbene la situazione non si sia completamente risolta, l’accesa conflittualità tra le parti sia stata in larga parte smaltita e la mediazione abbia smosso l’immobilità che il giudizio e l’arroccamento nella propria posizione avevano generato.
Le riflessioni che possono essere tratte al termine della lettura del caso sono di varia natura.
In primis, l’idea di riportare un fatto evidenziandone le criticità che non hanno portato al buon esito della mediazione (se con tale termine si intende solo la formalizzazione di un accordo) serve per aiutare il lettore a non prefigurarsi la mediazione come uno strumento deus ex machina che risolva magicamente qualsiasi tipo di controversia.
Al contrario la mediazione può rappresentare un inizio per cominciare a rimuovere quello strato rugginoso generato dal conflitto.
In seconda battuta, si è voluto evidenziare come la materia ambientale contenga complessità tali da richiedere interventi specifici e diversi che non possono ridursi al ricorso di un unico strumento di tutela. L’azione combinata di vari strumenti, che potrebbero essere la mediazione e il processo, ha il vantaggio di permettere un’osservazione più accurata della situazione, considerata nella sua interezza. In questo senso la mediazione si pone non come strumento alternativo in un senso strettamente oppositivo, ma di raccordo e attuazione con aderenza più sartoriale al caso di specie.
Infine, si è ritenuto che la narrazione di un caso concreto potesse dare una prospettiva più concreta e realistica a tutti i ragionamenti sinora fatti in astratto, nella speranza che ciò possa essere maggiormente di aiuto ai professionisti che volessero avvicinarsi allo strumento.
*Funzionario del servizio di mediazione e responsabile del progetto di mediazione ambientale presso la Camera Arbitrale di Milano