di Riccardo Maggioni*
Nell’Opera da tre soldi, Bertolt Brecht fa esclamare al protagonista Mackie Messer “Che cos’è l’effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?”
Dalla prima rappresentazione dell’Opera nel 1928 di tempo ne è passato, ma i metodi con cui oggi in Italia le persone vengono indotte ad agire in giudizio contro le banche ricordano certamente Brecht per aggressività anche se non per ispirazione ideologica, tanto più che attualmente le contestazioni nei confronti degli istituti di credito non sorgono mai quando viene ottenuto un finanziamento, ma solo al momento in cui è previsto il rientro.
E infatti il vasto pubblico di chi ha rapporti con il sistema bancario viene sollecitato ad agire nei modi più incisivi e disparati, come ad esempio con blog e siti internet, email massive, pagine di pubblicità acquistate sui giornali, cartellonistica, procacciatori che nei centri commerciali fermano i passanti per prospettare la concreta possibilità di non dover più pagare le rate del mutuo, naturalmente senza rinunciare alla proprietà della casa.
Tali metodi promozionali per l’accaparramento di incarichi sono di regola adottati da soggetti organizzati che, facendo leva sull’intensa carica denigratoria con cui gli istituti di credito vengono dipinti quali veri e propri rapinatori istituzionali, offrono le proprie consulenze tecnico contabili a pagamento con formule complesse e incomprensibili ai più, attraverso le quali dovrebbe risultare inequivocabilmente dimostrata in giudizio l’illiceità della condotta delle banche, con conseguenti notevoli vantaggi economici per i clienti che vengono così indotti a intraprendere iniziative giudiziali in realtà del tutto aleatorie.
Dal canto loro gli istituti di credito, pur destinando risorse sostanziali alla corretta promozione della loro immagine pubblica, sembrano però trascurare del tutto le potenzialità della mediazione obbligatoria sotto tale specifico profilo, forse perché i relativi aspetti non vengono gestiti dalla funzione che si occupa di marketing e comunicazione bensì dagli uffici legali interni, i quali spesso la delegano a loro volta totalmente ai legali esterni.
In tal modo però la mediazione, quando non viene considerata come un mero passaggio burocratico necessario per coltivare la causa, nella migliore delle ipotesi è vista nella esclusiva prospettiva di un possibile compromesso al ribasso rispetto alle posizioni giuridiche, senza prendere minimamente in considerazione l’opportunità costituita dal fatto che dinanzi al mediatore il cliente è di regola presente personalmente.
Anche se invero una fetta sostanziosa del contenzioso bancario è costituita da cause attive in cui la controparte è semplicemente sovraindebitata e magari del tutto priva di risorse liquide, con margini quindi estremamente ristretti o addirittura inesistenti per una negoziazione effettiva, altrettanto spesso la vertenza riguarda un cliente solvibile che è stato convinto a fare causa alla propria banca ma in definitiva è destinato a diventare cliente di un’altra banca, quando oggi l’avviamento e la clientela sono tra i beni più preziosi di qualunque impresa, anche di credito.
La circostanza che in mediazione sia presente personalmente il cliente della banca con i suoi bisogni e aspettative, spesso distorte dalla comunicazione faziosa di cui si è detto sopra, dovrebbe dunque essere presa in seria considerazione dalla funzione aziendale preposta al marketing e alla comunicazione, per valutare attentamente l’opportunità di far rappresentare la banca in mediazione da un funzionario con esperienza commerciale, pur nel rispetto delle regole giuslavoristiche in tema di mansioni e ferma restando la necessaria assistenza tecnica del legale esterno, con riferimento alla quale – oltretutto – la compresenza quale parte di un funzionario dell’ufficio legale interno si risolve talvolta in una mera duplicazione.
In effetti, la circostanza che la mediazione sia stata introdotta nell’ordinamento quale istituto nell’ambito del contenzioso giudiziale civile pare abbia comportato la sottovalutazione delle potenzialità derivanti dalla presenza personale delle parti e dalla vocazione a esplorare soluzioni diverse ed eccentriche rispetto alla mera transazione della vertenza che ha dato origine alla procedura.
Le potenzialità della mediazione come strumento per gestire il rapporto con la clientela e capirne attese ed esigenze reali potrebbero essere invece utilizzate al meglio adottando una politica aziendale che si emancipi dal considerare l’istituto in una mera prospettiva “riduzionista” di possibile deflazione del contenzioso bensì come una seria opportunità di promozione dell’immagine e dell’attività della banca, suscettibile di tutelare l’avviamento costituito dalla clientela già acquisita e procurare nuovi affari.
Il suddetto approccio, della cui adozione con buoni risultati chi scrive ha già avuto talvolta occasione di essere testimone diretto quale mediatore, a ben vedere può essere allargato anche alle assicurazioni e in genere a tutte le imprese nei rapporti con la clientela, richiedendo peraltro un cambio di paradigma nell’impostazione aziendale.
In tale prospettiva la mediazione può essere dunque vista come una sfida adattativa per le imprese che operano oggi in un ambiente soggetto a veloci mutamenti, tali da imporre la massima attenzione per cogliere le opportunità che si presentano e che, per essere utilizzate appieno, richiedono flessibilità ed efficienza adeguate.
*Avvocato e Mediatore in Milano