Come valutare chi negozia meglio? Il caso della CIM

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La prossima edizione della Competizione Italiana di Mediazione (CIM) si avvicina. Dal 22 al 24 febbraio 2018 22 squadre universitarie saranno valutate per premiare il team che si sarà dimostrato più bravo a partecipare ad una mediazione. Già, ma come si può valutare un fatto tanto complesso e, in definitiva, così soggettivo? Lo abbiamo chiesto ad Antonia Marsaglia, mediatore, avvocato e componente del comitato organizzatore della CIM.

Nel corso della CIM, due squadre si confrontano per cercare di negoziare al meglio davanti ad un mediatore. Ma come è possibile dimostrare chi sia effettivamente il migliore se lo scopo non è quello di prevalere bensì di collaborare al meglio?

Farei una premessa. Non so se sia esatto dire che lo scopo della mediazione è collaborare al meglio. Io direi che per le parti lo scopo della mediazione è trovare una soluzione al problema dato dalla controversia, che sia accettabile per entrambe e quindi una soluzione che invece di identificare vincitori e vinti, tracci una terza strada.
Le squadre che si confrontano nella CIM dovrebbero pertanto dimostrare la capacità di negoziare seguendo la terza strada. “Seguire la terza strada” significa identificare quelli che sono i propri bisogni e essere consapevoli di quali sono le proprie priorità, ascoltare l’altra parte per capire quali sono i suoi bisogni e priorità, cercare bisogni comuni e una soluzione condivisa che rispetti al meglio le priorità di entrambe le parti.
La squadra migliore è quella che meglio riesce a uscire da uno schema di ragionamento ragione / torto e lavora per una soluzione pratica, non tanto per spirito di collaborazione, ma piuttosto con la consapevolezza di volere / potere raggiungere un risultato migliore negoziando piuttosto che andando in giudizio.

Si discute sempre molto di quale sia il ruolo di un avvocato in mediazione. Nella CIM i ragazzi, ancora studenti, riescono ad entrare nella parte in modo efficace?

Certamente non è facile per degli studenti ricoprire il ruolo di avvocato in mediazione. Diciamoci la verità spesso non è facile nemmeno per dei “veri avvocati”.
L’errore che si riscontra spesso è che “fare l’avvocato” in mediazione si ritiene sinonimo di essere aggressivi o far valere i diritti dell’assistito. Partendo da queste premesse si ritiene che un “bravo avvocato” in mediazione debba intervenire poco. In verità l’avvocato in mediazione dovrebbe condurre la negoziazione, consapevole delle priorità del proprio assistito, cedendo il passo alla parte lì dove ci sono aspetti personali, tecnici o commerciali da esaminare. L’incontro di mediazione dovrebbe sempre essere accuratamente preparato in modo che parte ed avvocato possano agire in squadra.
Nell’ambito della CIM, considerando il ruolo svolto dall’avvocato, io solitamente cerco di capire se parte e avvocato hanno studiato una strategia e premio l’avvocato che interviene guidando il cliente verso gli obiettivi che si sono posti.

Qual è l’aspetto più difficile del valutare le squadre?

Valutare capacità di negoziazione è molto difficile, perché le prestazioni di ciascuna parte dipendono non solo dalle proprie capacità ma anche dalla capacità e dalla modalità di reazione dell’altra. Ritengo che in una competizione, se si vuole fare una valutazione equa, bisogna necessariamente essere oggettivi e fare riferimento a dei parametri prestabiliti.

Anche in questa Competizione, alla fine, ci sono vincitori e vinti. Ma non è un controsenso, parlando di mediazione?
Non credo che sia un controsenso parlare di vincitori visto che una competizione la si fa per identificare il migliore. Nel caso della CIM sarà la squadra che ha dimostrato le migliori capacità di prendere parte ad una mediazione.