Alla scoperta di un mondo nuovo. Incontro con Mariaclaudia Perego

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Mariaclaudia Perego è un avvocato che qualche anno fa, come molti suoi colleghi, ha incontrato la mediazione e da quel momento il suo modo di esercitare la professione è cambiato.
E’ stato proprio questo cambiamento a spingerla a dare una diretta testimonianza della sua personale esperienza, parlandone insieme a Mario Dotti, nel corso dell’interessante incontro che si è svolto lo scorso 22 novembre in Camera Arbitrale (Come preparare il cliente alla mediazione).
Abbiamo avuto modo di incontrarla a margine dell’incontro per confrontarci con lei sul rapporto tra avvocati e mediazione

Sulla base della tua esperienza qual è la difficoltà che più di frequente incontrano gli avvocati in mediazione?
Le difficoltà che gli avvocati incontrano in mediazione sono molte e riguardano più aspetti che possono toccare dal rapporto col cliente a quello con il collega dell’altra parte, dalla relazione col mediatore al come muoversi in mediazione.
Detto questo, e forse potrò sembrare provocatoria, la più frequente difficoltà che gli avvocati incontrano in mediazione è proprio capire che cosa è la mediazione, con le conseguenze e le difficoltà derivanti da un approccio giudiziale a questa procedura.
Noi avvocati iniziamo una mediazione con la stessa metodologia e con gli stessi strumenti coi quali affronteremmo una causa; spesso non vediamo il confine che delimita una mediazione da una transazione.
Questo accade poiché la mediazione è stata introdotta nel nostro sistema quando mancava quasi completamente una cultura della mediazione stessa. L’ormai conosciuto Decreto n. 28/10 ci mostra le regole formali di questa procedura; ma cosa vuol dire mediare e come si media?
Gli studi formativi per l’accesso alla professione legale sono orientati in modo univoco a formare abili professionisti nell’arte del convincere, perché così è richiesto dall’impostazione del nostro sistema giudiziario, dove troviamo un soggetto terzo che ha il compito di giudicare, cioè di decidere ciò che è secondo diritto.
Questo tipo di approccio in mediazione non funziona perché non c’è nessun terzo da convincere e che debba decidere.
Il mediatore ha un compito diverso e in mediazione non si parla solo di diritto.

Quali valutazioni dovrebbe fare un professionista per preparare il proprio cliente alla mediazione?
Partirei da un’altra domanda per rispondere a quest: che idea hanno i clienti di come si svolge il nostro lavoro? Fare questa valutazione preliminare è importante al fine di comprendere come preparare il cliente alla mediazione.
L’idea di come si strutturi il nostro lavoro è comunemente divisa in due momenti: prima di tutto gli avvocati cercano di trovare un accordo transattivo, basato sulle reciproche posizioni, e poi, se il tentativo di accordo ha esito negativo, inizia la fase contenziosa.
La mediazione è una terza via a cui il cliente viene introdotto dall’avvocato; per fare questo il professionista deve considerare come il cliente, nel maggior numero dei casi, ha una sua visione del ruolo dell’avvocato basata su schemi culturali, sulle esperienze di amici e parenti, e non ultimo su quanto apprende dai programmi televisivi; pertanto è importante che il professionista spieghi e illustri il mondo della mediazione in modo chiaro e facilmente comprensibile, magari utilizzando degli esempi così da facilitare la trasmissione degli elementi base che contraddistinguono la mediazione.
Più il cliente sarà preparato all’incontro di mediazione, consapevole di quali sono principi che la caratterizzano, più si potrà sentire a suo agio in uno spazio nuovo e inusuale dove non si cercano colpe ma soluzioni.

E’ possibile immaginare una checklist di elementi da considerare?
Ci sono in effetti alcuni elementi che è opportuno tenere in considerazione durante la fase di preparazione degli incontri di mediazione.
Prima di tutto è necessario mettersi nell’ottica dell’importanza che il preparare la prate alla mediazione; questo significa dedicare almeno una riunione col cliente esclusivamente alla preparazione del primo incontro e ulteriori riunioni per preparare gli incontri successivi.
Anche qualora la mediazione non dovesse proseguire oltre il primo incontro il valore del lavoro così impostato permane, poiché permette sia all’avvocato che al cliente di ampliare la loro conoscenza della controversia.
E’ molto importante che il cliente sia consapevole di come il ruolo del terzo neutrale, delle parti e degli avvocati cambi in mediazione; quindi un altro elemento è quello di spiegare qual è il compito del mediatore, quello dell’avvocato e perché è così importante che la parte sia presente agli incontri.
Il cliente rischia di sentirsi disorientato se sin dall’avvio della mediazione non ha ben chiaro che il mediatore non può decidere nulla e la sua presenza ha lo scopo di aiutare e sostenere il dialogo tra le parti; che l’avvocato non è presente per argomentare la linea di difesa scelta, perché non c’è nessun giudice da convincere, ma ha il compito di aiutare e di proteggere la parte; e che la parte è la vera protagonista di questo processo perché solo la parte sa cosa è davvero importante per la sua vita.
E’ altrettanto rilevante spiegare come si svolge la mediazione e cercare di comprendere quali possano essere le preoccupazioni o i dubbi del cliente inerenti a quanto sta per succedere.
Capire il perché del cliente, cioè ciò che vuole davvero serve a noi avvocati quanto a lui stesso. Se il cliente entra in mediazione consapevole di cosa è importante per lui e del perché ha formulato le proprie richieste, sarà più flessibile e maggiormente propenso ad accogliere i possibili scenari che potrebbero aprirsi con la mediazione.
Fare questo lavoro ci aiuta anche a sviluppare un ventaglio di possibili opzioni e di ipotesi di soluzioni, a cui però è necessario stare molto attenti a non ancorarsi o potrebbero diventare un ostacolo al negoziato.
Per lavorare sulle possibili opzioni è necessario aggiungere un altro tassello, forse uno dei più difficili per il nostro cliente là dove il conflitto è molto acceso: dovremmo cercare di capire i perché dell’altro. Come mai l’altro si muove così? Perché assume queste posizioni?
Un altro elemento da valutare con il cliente è quali sono le alternative a un accordo raggiunto in mediazione.
Sembra a volte che i clienti siano disposti ad aspettare anni per arrivare alla sentenza di un giudice, ma già alla fine del primo incontro di mediazione scalpitano se non si intravede una possibile soluzione.
Il tempo, la pazienza hanno un ruolo rilevante perché è necessario che alcuni aspetti del conflitto anche emotivi che non emergano, vengano raccolti e diano il loro frutto. Il senso dell’attesa manca in tutta la nostra società dove vorremmo avere le soluzioni a portata di un click.
Sia il professionista che la parte dovrebbero imparare a focalizzarsi sul futuro. Il nostro sistema giudiziario, come molti altri, ha, per sua naturale struttura, attenzione quasi esclusiva per il passato, per ciò che è successo, ma la soluzione è nel futuro ed è lì che è bene incominciare a guardare.
Tutta la forma mentis di noi avvocati è proiettata verso il passato, dalla ricostruzione dei fatti da illustrare al giudice, cioè di quanto è accaduto in passato, ai precedenti giudiziari che in qualche modo ci vincolano e indicano la rotta dell’interpretazione del diritto. Tutto ci fa guardare nello specchietto retrovisore. I nostri stessi atti non fanno che ricostruire il passato attraverso prove e testimonianze.
Ma questo modus operandi non fa altro che vincolarci alla visione del nostro cliente e al gioco della ragione e del torto, del giusto o sbagliato.
Sarebbe invece importante che come avvocati uscissimo da questa danza oggi che siamo consapevoli che la realtà è soggettiva; dovremmo aiutare le parti ad andare oltre verso il futuro creando e cercando soluzioni che guardino avanti.
Da ultimo, ma solo perché forse è uno dei passaggi più complessi per noi giuristi, è necessario comprendere e far comprendere al cliente come in mediazione si porti la domanda ma soprattutto il problema e che quindi l’oggetto della mediazione non è cristallizzato come in un giudizio, ma è flessibile e si può espandere sino a comprendere tutti gli aspetti del conflitto ed elementi e possibili soluzioni inizialmente estranei alla controversia.

Gli avvocati dovrebbero ricevere una formazione specifica alla mediazione?
Come ho accennato la mediazione è una procedura che è stata inserita all’interno del nostro sistema giudiziario senza un “bugiardino” di istruzioni. Quindi la maggior parte dei colleghi che si approccia alla mediazione lo fa con gli strumenti che gli sono noti, quelli del processo.
In realtà la mediazione è un mondo a sé in cui sia l’avvocato che il diritto assumono un ruolo differente, e per certi aspetti nuovo. Prevedere una formazione specifica alla mediazione per i professionisti penso sia necessario affinché questa procedura possa risultare uno strumento efficace.
In fondo è come passare da un’automobile col cambio manuale a una col cambio automatico, ci porta sempre verso una soluzione ma cambiano la pedaliera, il cambio e tutta una serie di importanti meccanismi interni; anche il nostro stile di guida si modifica, solo è necessario sapere come farla funzionare per sfruttare al meglio questa opportunità.