ADR nelle assicurazioni: incontro con Fabio Maniori

1641

Uno degli ambiti su cui il D.lgs28/2010 aveva maggiormente puntato la propria attenzione è quello delle controversie assicurative. La sentenza della Corte Costituzionale ha ovviamente mutato le condizioni ed oggi è lecito ragionare sull’impiego della mediazione in questo settore. Per farlo abbiamo incontrato un esperto di diritto delle assicurazioni come Fabio Maniori*, avvocato e docente universitario e last but not least mediatore.
Il mondo assicurativo ha mostrato più resistenze di altri ad utilizzare la mediazione. Quali sono le obiezioni e come superarle?
Esiste indubbiamente un problema di carattere culturale. Da un lato molti assicuratori sono di formazione giuridica e condividono le perplessità di principio manifestate da una parte degli avvocati nei confronti dello strumento; dall’altra, molti addetti al settore della liquidazione danni sono da sempre abituati alla negoziazione diretta con la controparte e dubitano che l’intervento di un mediatore possa giovare alla soluzione conciliativa di una controversia là dove essi stessi hanno fallito.
Fatta questa premessa, secondo la mia opinione, e basandomi sugli scambi di vedute avuti con moltissimi operatori del mercato, le obiezioni principali sono tre: costi, indipendenza ed affidabilità degli organismi di mediazione, competenza dei mediatori.
Anticipando in poche parole la “ricetta” per il successo della mediazione (in campo assicurativo ma anche, più in generale, nel campo di tutti i rapporti che vedono coinvolto almeno un imprenditore), questa deve essere economicamente conveniente (cioè non necessariamente “a buon prezzo”: deve fruttare più di quanto costa) ed autorevole (cioè organismi di mediazione e mediatori devono essere – ed essere percepiti – al di sopra di ogni sospetto ed esperti autorevoli nella materia).
Il problema dei costi è senza dubbio il primo che si presenta all’attenzione delle imprese di assicurazione. Esse sono, infatti, probabilmente le maggiori frequentatrici delle aule giudiziarie in Italia e l’idea di aggiungere un esborso ulteriore al già pesante bilancio dei costi del contenzioso non è certamente gradita. Oltre a questo primo profilo ve n’è un secondo: vi sono, infatti, pesanti problemi di carattere organizzativo dovuti alla necessità di essere in grado di “coprire” incontri di mediazione che potrebbero tenersi virtualmente in ogni luogo d’Italia. Anche questo si traduce in costi ulteriori ed in un vero e proprio incubo gestionale.
Per quanto riguarda il secondo profilo, la soluzione è stata già individuata nell’utilizzo di strumenti elettronici o di veri e propri ODR (on-line dispute resolution).
Questo però riduce in parte, ma non elimina i costi, e qui torniamo al primo profilo. Il possibile rimedio, in questo caso, è effettuare una seria analisi economica costi/benefici, come le più attente compagnia hanno già in parte fatto. Ho già avuto modo di suggerire questo metodo in alcuni miei articoli. Alcune delle analisi economiche che ho potuto esaminare hanno un approccio molto parziale ed omettono di considerare alcuni elementi a mio giudizio decisivi, come il costo dell’ulteriore contenzioso, il costo della riservazione, l’impatto sulla customer care, ecc.
Certo è che l’elemento principale in questa analisi di scenario è la percentuale di conciliazioni raggiunte: è evidente che se si prevede di non conciliare mai, le spese per la mediazione – alte o basse che siano – non si giustificano mai anch’esse.
E qui ci riallacciamo alla seconda ed alla terza obiezione delle compagnie, riguardanti, in buona sostanza, da un lato l’indipendenza e dall’altro la qualità del servizio, e cioè tanto degli organismi di mediazione quanto dei mediatori.
Per quanto riguarda l’indipendenza, è stata notata la prossimità di certi organismi con associazioni di consumatori, brokers (che rappresentano gli assicurati) o avvocati che abitualmente assistono assicurati o danneggiati. Si sono anche verificati casi in cui il patrocinatore della controparte era legato all’organismo di mediazione prescelto come socio, responsabile o mediatore. Questo fatto, insieme col sospetto che, accanto ai casi eclatanti emersi, ve ne siano molti di più non scoperti, ha certamente ingenerato un sentimento di diffidenza nei confronti di organismi di mediazione che non vantino un “pedigree” tale da farli percepire come assolutamente indipendenti.
La polemica sul tipo di formazione del mediatore (sul metodo o sul merito della questione da trattare) è nota e non è certo questo il luogo per risolverla; certo è che – almeno nella percezione delle compagnie di assicurazione – la presenza di un mediatore esperto nella materia (cioè anche nel merito della controversia) è un elemento che contribuirebbe in maniera decisiva al riconoscimento della sua autorevolezza e quindi, in definitiva, al successo dell’istituto.
È opinione diffusa che le controversie assicurative possano essere oggetto di mediazione relativamente all’ammontare dell’indennizzo ma non per quanto concerne l’an. Che opinioni ha al riguardo?
In effetti si tratta di un’affermazione estremamente frequente, che però non mi trova assolutamente d’accordo. In genere, quando la sento, chiedo al mio interlocutore se sarebbe disposto a garantire l’esito positivo della controversia in giudizio. Dato che la risposta è – ovviamente – sempre negativa, cerco di spostare il discorso sulla valutazione realistica delle possibilità di successo od insuccesso in causa.
Nel bagaglio di ogni mediatore ci sono già la MAAN (BATNA) e la PAAN (WATNA). Un’analisi scientifica rigorosa richiede l’applicazione di metodologie quali la stima dell’EMV (Expected Monetary Value – valore monetario atteso) dello scenario, attraverso l’utilizzo di strumenti quali alberi decisionali. In questo campo un mediatore versato in queste tecniche può fornire un valido supporto al processo decisionale.
In questo modo, tra l’altro, le parti si concentrano maggiormente sul problema, realizzando così l’auspicabile situazione delle parti insieme contro il problema invece che l’una contro l’altra.
Da ultimo, sottolineerei che l’utilizzo di queste tecniche si attaglia non solo a stili valutativi, ma anche facilitativi, in quanto il mediatore può ovviamente limitarsi ad assistere le parti nell’utilizzo della metodologia, senza fornire egli stesso una prognosi sull’esito della controversia.
Quale approccio è più conveniente in una lite assicurativa, quello facilitativo o quello valutativo?
Mi piace affermare che non esiste la mediazione nell’assicurazione ma che esistono le ADR nelle assicurazioni. Infatti, sotto il cappello del D. Lgs. 28/2010 non c’è solo la mediation, facilitativa o valutativa, ma anche la early neutral evaluation, il joint fact finding e l’arbitrato non vincolante. Parallelamente, esistono vari rami di assicurazione, ognuno con le sue peculiarità, e vari clienti: imprenditori grandi o piccoli, professionisti, persone fisiche.
Senza voler qui affrontare la nota polemica tra evaluation e facilitation, che peraltro è limitata all’ambito della mediation, credo che vadano scelti con una buona dose di pragmatismo lo strumento di ADR e lo stile più adatti alla circostanza.
È sempre necessario ricordare che l’assicuratore è un imprenditore e, come tale, un decidente razionale. La sua decisione di conciliare si baserà sempre sulla sua percezione delle probabilità di successo in causa. Inoltre, come ho avuto modo di ricordare in alcuni miei scritti,  le controversie assicurative riguardano spesso elementi di fatto frequentemente documentati da perizie di parte. Ogni metodo di ADR dovrà trattare nel modo più efficiente anche questa peculiarità.
Come ho detto anche prima, ciò non significa necessariamente utilizzare metodi valutativi, ma – a mio parere – è certamente ed assolutamente necessario aiutare l’assicuratore ad effettuare una propria valutazione.
Certo che in campi specifici, come quello della RCA, almeno per i danni minori, strumenti valutativi e procedure esclusivamente documentali, quali quelli adottati dall’Arbitro Bancario Finanziario, potrebbero avere un senso. Le controversie RCA sono infatti caratterizzate da basso valore, alta conflittualità, coincidenza potenziale tra posizioni ed interessi, scarso interesse alla relazione tra le parti, presenza di elementi tecnici (perizie), tutti elementi che rendono il ricorso alla mediazione facilitativa costoso e potenzialmente destinato al fallimento.
Un’analisi neutrale non vincolante, resa all’esito di un procedimento informatico e documentale (e dunque a basso costo), avrebbe a mio parere alte possibilità di accoglimento da parte di tutti gli attori in conflitto.
Cosa suggerirebbe di fare ai nostri politici per sostenere lo strumento della mediazione?
In Italia l’obbligatorietà della mediazione imposta per legge è stata oggetto di un acceso dibattito ed è stata contestata tanto dai fautori quanto dai detrattori dell’istituto. Non è il caso di ripercorrere qui le argomentazioni del dibattito, del resto già note.
Sta di fatto che è difficile contestare che nel nostro Paese vi sia una scarsa conoscenza della mediazione, il che comporta una pesante diffidenza ed un utilizzo decisamente al di sotto delle potenzialità. Un sistema che prescinda da incentivi e disincentivi, come sostenuto dalla teoria economica, ha scarse potenzialità di successo; inoltre vorrei sottolineare che – se è vero che la mediazione obbligatoria per legge esiste in un numero limitato di paesi – è vero anche che in un gran numero di ordinamenti la mediazione è di fatto imposta dal giudice come condizione per iniziare o proseguire il processo.
Secondo la mia opinione una corretta regolamentazione della mediazione dovrebbe innanzitutto considerare il ricorso alla mediazione delegata dal giudice, prima del processo o nelle primissime fasi di esso; il giudice, a sua volta, dovrebbe essere “incentivato ad incentivare” la mediazione, se mi si consente il bisticcio di parole. Ciò potrebbe essere ottenuto con opportuni provvedimenti che valutino il magistrato giudicante in base al modo in cui gestisce il proprio ruolo, ivi compreso il ricorso alla mediazione.
Sarebbe poi necessario prevedere, da un lato, requisiti notevolmente più stringenti in tema di indipendenza di organismi e mediatori, dall’altro requisiti di professionalità maggiori per i mediatori, che includano la competenza sul merito ogniqualvolta si parli di ADR valutative (il che, del resto, è un requisito imposto dalla normativa europea).
Infine – ma si tratta di un aspetto a mio avviso fondamentale – andrebbe considerato un diverso sistema di costi. Se si vogliono attrarre talenti nella professione di mediatore non si può poi pretendere di pagarli poco, altrimenti si fa antiselezione; d’altro canto, per motivazioni di carattere tanto etico quanto legale, la mediazione non può impedire al cittadino l’accesso alla giustizia a causa di un costo sproporzionato. A mio parere, l’unica soluzione possibile è avere un sistema di risoluzione delle controversie finanziato in via generale dal mercato (o da singoli settori di esso), che preveda poi un costo molto ridotto per l’accesso al servizio relativamente ai singoli casi.

*Fabio Maniori, giurista di formazione ed avvocato, inizia la sua carriera presso il Gruppo Generali, dove assume crescenti responsabilità fino a divenire Chief Legal Officer, carica che ha occupato sino al 2009, quando ha deciso di dedicarsi alla libera professione ed all’insegnamento universitario.
Attualmente esercita la professione legale, insegna Insurance Law (corso tenuto in lingua inglese) presso l’Università di Trieste e svolge attività di formatore in mediazione, collaborando con varie università e formatori; è inoltre membro del Consiglio Direttivo e del Comitato Scientifico di AIDA – Associazione Internazionale di Diritto delle Assicurazioni, Sezione Lombardia.
Per un approfondimento dei temi trattati nell’intervista, si richiamano le seguenti pubblicazioni:
Fabio Maniori, La mediazione nell’assicurazione‚ nella responsabilità medica e nella RCA, 137-172, in  La mediazione, profili sistematici e potenzialità applicative, a cura di Cesare Bulgheroni – Paolo Della Vedova, 2012, ISBN 978-88-548-4909-9, DOI 10.4399/97888548490992
Fabio Maniori, Mediazione ed azione di classe, in Diritto e fiscalità dell’assicurazione, 2012, 1, 35-66, ISSN: 1125-9302
Fabio Maniori, Mediazione e assicurazione: cogliere le opportunità, in Diritto ed economia dell’assicurazione, 2011, 3, 993-1026, ISSN: 1125-9302
Fabio Maniori, La mediazione ai blocchi di partenza: il Regolamento di attuazione, in Rassegna di diritto civile, 2011, 1, 304-328, ISSN 0393-182X
Fabio Maniori, L’accertamento tecnico nella mediazione e… dintorni, in Assicurazioni, 2011, 1, 53-80, ISSN 0004-511X
Fabio Maniori, La mediazione con uno sguardo all’assicurazione, in Assicurazioni, 2010, 3, 409- 433, ISSN 0004-511X
Fabio Maniori, Indennizzo diretto: alla ricerca del filo di Arianna, in Assicurazioni, 2010, 1, 45-69, ISSN 0004-511X