Caucus con Tracy Allen

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Tracy Allen di Corrado Mora*

Le preziose parole di Tracy Allen allargano l’argomento introdotto da Eric Galton, relativo al metodo “joint sessions-based” da loro sviluppato ed insegnato. Questo caucus offre preziosi spunti relativi a questo approccio. Più in generale, Tracy Allen offre una magistrale concretizzazione del concetto di mediazione come “comunicazione assistita”. Il senso di questa caratteristica emerge in modo netto dalle parole di Tracy, che permette una riflessione sul senso della partecipazione e del ruolo dei soggetti coinvolti in una mediazione e, quindi, su chi e come esercita il controllo sui “dilemmi” discussi. Queste riflessioni sono distillate in numerosi accorgimenti – in realtà, vere e proprie tecniche – da adottare in mediazione. Un clima di fiducia è fondamentale, così come l’attenta preparazione del setting e dei partecipanti. “Impostare il tono” della mediazione è un concetto chiave, difficile da realizzare pienamente e spesso trascurato, che merita una preparazione tanto specifica quanto generale, per rendere la mediazione una vera ed efficace zona di comfort.

Tracy L. Allen è una specialista, a livello internazionale di gestione del conflitto. Come avvocatessa d’impresa, svolge attività di mediatrice e di arbitro in svariate materie commerciali tra le quali controversie tra corporate, immobiliari, finanziarie, sanitarie e ambientali. Tracy è autrice di numerosi articoli ed ha servito come mediatrice in diverse organizzazioni per la risoluzione delle liti come corti statali e federali, CPR, WIPO, ICC, Financial Industry Regulatory Authority, AAA, American Health Lawyers Association e National Centre For Dispute Resolution. Tracy Allen è stata co-presidentessa del Mediation Committee dell’ABA Dispute Resolution Section ed è Distinguished Fellow ed ex Presidente  dell’International Academy of Mediators.

Tracy, la tua esperienza come formatrice e mediatrice ti rende una rinomata esperta della gestione e delle dinamiche del conflitto. Qual è il tuo approccio al conflitto e come questo influenza la tua pratica di mediatrice?

Permettimi di iniziare confessando che aborro il conflitto. Non mi fa sentire a mio agio, specialmente quando sono testimone di altre persone impegnate in una discussione animata. Sono colpevole e determinata tanto quanto molti altri quando credo di essere nel giusto, e che l’altro sia nel torto. Ironicamente, da specialista del campo della risoluzione dei conflitti sono spinta dal desiderio personale che gli altri evitino il conflitto, credendo fermamente che tutti provino per esso lo stesso sdegno che provo io anche se sono ben consapevole che molte persone lo gestiscono bene e lo evitano raramente.
La filosofia della mia pratica professionale, spinta dalla necessità di essere utile e riparare, è costruita su queste debolezze personali. Raramente un problema è legato solo ad una parte e altrettanto raramente ogni litigante ha ragione al 100%. Generalmente, come formatrice, credo che la conoscenza sia potere. Nella mia pratica, quindi, mi sforzo di creare degli ambienti dove i partecipanti possano avere l’enorme opportunità di essere educati. Ai partecipanti di una procedura di mediazione dovrebbe essere data la piena opportunità di raccontare la loro storia nel tempo a loro necessario e con le proprie parole. Vedo la mediazione come un luogo dove i litiganti possono esplorare il dilemma in tutte le sue dimensioni e raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sull’intera situazione prima di prendere una decisione sulla risoluzione. Armare i partecipanti con sufficiente conoscenza affinché possano prendere decisioni altamente informate sul loro futuro è un tema predominante in ogni mediazione in cui ho il privilegio di operare.

L’approccio alla mediazione che insegni con Eric Galton è ben conosciuto dai lettori di “Caucus On Mediation”. Lo scopo è quello di condurre una mediazione il più possibile attraverso sessioni comuni. Quali sono le ragioni e gli aspetti principali di questo approccio?

Come puoi dedurre dall’impostazione filosofica che ho esposto precedentemente, creare un’atmosfera in cui le parti possano comunicare direttamente tra loro è più educativo e persuasivo di quanto per loro sarebbe se le stesse informazioni fossero filtrate dalla prospettiva del mediatore e poi riportate all’altra parte in una sessione privata. Anche se i mediatori aspirano all’accuratezza nelle loro rappresentazioni, abbiamo la nostra serie di filtri che influenzano il contenuto, il come e il quando scambiamo le informazioni. Talvolta utilizzare un mediatore per riportare dei dettagli è incisivo ed efficace, ma quando le parti lo possono fare da sole, in modo rispettoso e diplomatico, la comunicazione dovrebbe scorrere tra loro direttamente, senza l’influenza o le distorsioni di un mediatore che operi come traduttore.
Riconosciamo che non tutte le controversie sono adatte ad una sessione congiunta. Ad esempio, laddove c’è stata violenza o minaccia, mettere la vittima e l’offensore insieme potrebbe essere una scelta sbagliata. Nei casi normali, comunque, possono esserci molti benefici per i partecipanti se una sessione congiunta può essere condotta in modo leale, ordinato ed efficace. Il compito di creare questa possibilità ricade sul mediatore, che può predisporre, dirigere e gestire l’intero evento.
La formazione di base sulla mediazione vede poco tempo dedicato al “come” di una sessione congiunta. Di conseguenza, i nuovi mediatori (e quelli non formati, più anziani) cadono facilmente nella trappola della separazione delle parti, per molte ragioni come: 1) non sanno come realizzare un dialogo congiunto efficace; 2) hanno timore delle emozioni forti, di un linguaggio accusatorio, di un dibattito vigoroso e/o dell’atmosfera poco confortevole che si crea quando i litiganti sono nella stessa stanza ; 3) gli avvocati hanno simili riserve e quindi, piuttosto che scomodarli o innervosirli, i mediatori si regolano sui loro livelli di comfort, legati alla separazione delle parti, e/o 4) i partecipanti potrebbero comportarsi irriguardosamente e l’intera mediazione potrebbe collassare.
Lavorando per il miglioramento delle nostre abilità come mediatori, possiamo imparare a condurre sessioni congiunte molto efficaci e persuasive. Ciò richiede preparazione, e la preparazione inizia ben prima che le parti appaiano in mediazione. Impostando il tono e le aspettative di decoro, contenuto e comportamento, il mediatore può inibire manifestazioni di rabbia, facilitare una assistenza efficace e permettere ai partecipanti di migliorare le loro abilità legate alla partecipazione alla mediazione.
Impostiamo inizialmente le regole di base. Raccomandiamo il possibile contenuto dei documenti da portare in mediazione. Ascoltiamo in anticipo i discorsi introduttivi delle parti e le loro presentazioni. Creiamo l’agenda per un dialogo comune. Guidiamo la conversazione tramite l’uso dell’agenda stessa. Utilizziamo l’arte della domanda, con linguaggio neutrale e non giudicante, per sviluppare gli argomenti di discussione della sessione congiunta. Re-inquadriamo le affermazioni e identifichiamo gli interessi e le emozioni soggiacenti, per assistere le parti a comprendere aspetti precedentemente sconosciuti del loro conflitto. Utilizziamo il nostro istinto, la nostra osservazione, il capitale personale e le nostre qualità umane per aiutare chi partecipa alla sessione congiunta ad effettuare una conversazione costruttiva.
Tutto questo richiede preparazione anticipata, comunicazione e organizzazione preventiva da parte del mediatore. Questi sforzi creano le basi su cui condurre la sessione congiunta. Il mediatore coscienzioso che compia questi passi manifesta un approccio attento e competente alle dinamiche sensibili del conflitto, e –auspicabilmente – permette ai partecipanti di utilizzare spazio ed agio per educare ed essere educati.

Quali sono le situazioni difficili che talvolta ti trovi ad affrontare, avendo tutte le parti nella stessa stanza? Come le gestisci?

Naturalmente, le persone in conflitto preferirebbero in generale evitare l’avversario. Il mediatore deve pensare in anticipo alle dimensioni della stanza, alla presenza o meno di finestre, al numero di persone che parteciperanno, al ruolo che ciascuno di loro avrà nella mediazione, alla disposizione delle sedie e, in generale, al luogo ed alle “sensazioni” date dal contesto fisico della mediazione.
Dando per scontato che le dimensioni della stanza e tutti i servizi presenti si addicano ad una sessione congiunta, il mediatore deve considerare il modo in cui la sessione congiunta si debba iniziare. Io parlo preventivamente con gli avvocati sullo svolgimento della sessione congiunta. Discutiamo le modalità, il contenuto, i discorsi introduttivi delle parti (se si debbano fare o meno), chi sarà presente al tavolo, chi parlerà e cosa dirà. Il giorno della mediazione mi incontro privatamente con ogni parte prima di iniziare qualsiasi discussione formale. Lo scopo di questi brevi incontri è presentarmi alle parti e capire quali siano le loro maggiori preoccupazioni. Per loro si tratta di un’opportunità per iniziare a conoscermi e, per me, per iniziare a conoscere e comprendere loro. E’ un ulteriore tassello nella costruzione della fiducia tra di noi e nei confronti della mediazione.
Successivamente, riunisco tutte le parti in un’altra stanza, se disponibile. Preferisco avere le parti sedute affianco a me, con i loro consulenti legali al loro fianco esterno. Tramite l’individuazione delle preoccupazioni e delle paure immediate delle parti, compiuta nell’incontro privato preliminare, il mediatore ha il senso del tono appropriato da utilizzare per il suo discorso introduttivo. Nell’introdurre la mediazione e nell’esprimere i principi guida della negoziazione, il mediatore può alleggerire la tensione, dare sicurezza e mantenere il controllo dell’incontro congiunto.
Tra i problemi più comuni posso includere le interruzioni, il linguaggio non rispettoso, gli sfoghi emotivi, le accuse, la discussione animata e il silenzio. Nello stabilire le regole di base e nell’affrontare le aspettative, il mediatore può incidere fortemente sul risultato e sui contenuti della sessione congiunta. Alcuni possibili commenti o linee guida che il mediatore potrebbe proporre includono: 1) Ognuno potrà parlare senza interruzioni; se si avverte l’urgenza di interrompere significa che è presente un argomento importante, quindi scrivetelo, prometto che affronteremo il punto; 2) Per favore, utilizzate con gli altri il linguaggio che vorreste fosse usato con voi; 3) Considerate che oggi sarete in disaccordo su molti elementi in discussione, ma che ciò non significa che non si possa raggiungere un accordo e porre fine a questo conflitto; di fatto, non dobbiamo essere d’accordo su tutto per poter raggiungere un accordo; 4) In mediazione avete il permesso di sentirvi arrabbiati, frustrati, sfiduciati o in disaccordo; 5) Questo è il vostro procedimento; oggi avete la possibilità di riprendere il controllo di questa controversia. Potete fare interruzioni, incontrarvi privatamente, parlare francamente e dire “no”; 6) Vi siete presi il tempo per prepararvi e venire qui, oggi; vi chiedo, per favore, di ascoltare con la mente aperta, poiché potreste imparare qualcosa. Potreste scoprire di essere senza dubbio nella ragione o potreste apprendere qualcosa di assolutamente nuovo che vi potrebbe permettere di rivalutare la vostra situazione.
Nel predisporre il passaggio dal coinvolgimento delle parti all’inizio della sessione di mediazione, il mediatore può dirigere ed influenzare l’incisività della sessione congiunta. Non sempre tutto procede con facilità ma 1) accordarsi e porre le linee guida per la mediazione; 2) facilitare, educare e dirigere il dialogo attraverso il procedimento e 3) conoscere e comprendere le aspettative di ogni partecipante, del mediatore e di tutti i soggetti coinvolti fornisce all’intera mediazione una alta probabilità di svolgersi in modo sicuro, efficace e soddisfacente per tutti.

Questo approccio è coerente con la filosofia che hai delineato all’inizio. Inoltre, evidenzia le principali caratteristiche della mediazione e può essere estremamente efficace quando gestito propriamente. Secondo me, l’approccio che hai descritto porta alla luce un equilibrio molto difficile da ottenere, tra il comfort (per le parti, per il mediatore e come atmosfera generale della procedura) e la paura (dell’ignoto, dell’incerto, dell’imprevedibile) insita nell’incontro di persone in conflitto, probabilmente molto coinvolte emotivamente. Secondo la tua esperienza, quali sono le chiavi per gestire questo equilibrio, quando emerge?

Affinché ogni mediazione abbia successo, a prescindere da chi sia il mediatore, dev’esserci fiducia. Dal momento iniziale in cui il mediatore assume l’impegno e dall’espressione della volontà di entrare in mediazione, si deve creare la fiducia per permettere ai partecipanti di negoziare efficacemente i loro dilemmi. Le persone devono aver fiducia nel processo di mediazione e nel mediatore. Sappiamo che le parti non hanno fiducia reciproca, e spesso nemmeno gli assistenti ne hanno. Personalmente, credo che sia responsabilità del mediatore iniziare a creare e ricreare l’elemento della fiducia verso il procedimento e la negoziazione.
La fiducia dev’essere inizialmente accordata alla mediazione. Quando le parti sono orientate alla mediazione contro la loro volontà, è naturale che non abbiano fiducia nel procedimento. Questo è il motivo per cui credo che il mediatore debba avere un ruolo molto attivo nell’accettare la designazione e debba costruire un processo che crei la maggior parte della fiducia nella mediazione PRIMA che le parti si incontrino di persona. Questo richiede comunicazione preliminare con l’assistente (o con le parti non rappresentate). A questo punto, il mediatore può prestare guida ed aiuto ai partecipanti nell’ideazione di un processo che le parti stesse pensino possa funzionare per loro. Il mediatore può anche assistere i partecipanti a prepararsi ad una partecipazione efficace ed alla comunicazione in mediazione. Con l’opportunità di essere decisori attivi in relazione alla struttura ed ai contenuti del procedimento, i partecipanti ottengono la proprietà della mediazione e si sentono così meno minacciati. Inoltre, dal momento che loro stessi hanno contribuito alla strutturazione sanno cosa aspettarsi, e questo riduce ulteriormente l’ansia.
C’è anche il discorso della fiducia tra i partecipanti – tra gli avvocati, tra avvocati e mediatore, tra le parti e il mediatore, tra le parti e i loro assistenti, tra le parti e gli assistenti dell’altra parte, e infine tra le parti stesse. In ciascuna di queste dimensioni vedo l’opportunità, per il mediatore, di modellare e guidare appropriatamente il comportamento ed il rispetto, per ridurre ulteriormente l’ansia/paura, e aumentare la fiducia tra i soggetti seduti al tavolo.
Le telefonate e gli incontri preliminari alla mediazione, come i brevi incontri introduttivi con ciascuna parte, sono dei modi in cui il mediatore può ottenere fiducia – lo chiamiamo il “capitale del mediatore”. Avere pazienza, ascoltare efficacemente, ri-formulare, essere preparati, essere fiduciosi e esprimere compassione sono tutti comportamenti sensati del mediatore che costruiscono fiducia. Essa può essere contagiosa e quindi incidere sullo stato emotivo e sulla condotta di tutti gli altri partecipanti.
Non mi vergogno di dirigere il decoro e l’assistenza nella mediazione. Nelle mie comunicazioni prima della mediazione e nel mio discorso introduttivo spiego agli avvocati presenti in mediazione come ci si aspetta che si comportino. Permetto e chiedo loro di abbandonare una rappresentanza accanita per sostituirla con una consulenza efficace e con l’educazione ed il supporto ai loro clienti. Spiego alle parti che i loro avvocati non si comporteranno nel modo in cui sono soliti comportarsi in un’aula di tribunale, ma che cionondimeno saranno per loro degli assistenti efficaci. Questo permette ai consulenti legali di ammorbidire il linguaggio e rigettare una postura posizionale a favore di un problem solving collaborativo.
Questo si trasforma nelle fondamenta del dialogo. Suggerisce che l’atmosfera e l’ambiente saranno “sicuri” per i partecipanti e che nessuno sarà soggetto a disagio o giudizio. Se molte delle parti presenti in mediazione sono nervose e non gradiscono il fatto di essere in conflitto, il mediatore può costruire un ambiente ed un processo che minimizzi la paura e conduca le persone a focalizzarsi su ciò che potrebbero ottenere, anziché su ciò che hanno perduto.

In che modo un mediatore dovrebbe formarsi e sviluppare continuamente le sue abilità, il suo istinto, l’osservazione e le qualità umane?

Non c’è sostituto all’esperienza. Il modo in cui faccio mediazione oggi è differente dal modo in cui lo facevo ieri. Siamo tanto bravi quanto lo saremo nel caso di domani. Se non ci muoviamo, cresciamo e cambiamo, moriamo. Ho imparato molto del modo in cui pratico come mediatrice da chi è più esperto di me. Seguo conferenze. Leggo e mi aggiorno tramite alcune listserv che contengono problemi interessanti e riflessioni tra mediatori esperti. Mi consulto con altri mediatori relativamente alle situazioni difficili e cerco il loro consiglio. Studio il comportamento umano e sono desiderosa di imparare. Finita ogni mediazione rifletto molto e valuto ciò che ho fatto e spesso cerco spunti dagli utenti circa la mia efficacia e il mio stile.
C’è anche l’elemento dell’esperienza di vita. I giovani mediatori spesso hanno difficoltà poiché non hanno sufficiente esperienza di vita per capire e relazionarsi con le parti. Un impegno alla crescita personale ed al miglioramento, a prescindere da quanto si è giovani o anziani, è probabilmente l’attributo più importante di un professionista della controversia di successo.

Post tratto da Caucus On Mediation, tradotto da Corrado Mora e utilizzato secondo licenza Creative Commons BY-NC-ND (http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/)

* Corrado Mora lavora a Verona come Avvocato. E’ Mediatore accreditato al CEDR di Londra e MCIArb. E’ Mediatore Civile e Commerciale presso la Camera Arbitrale Nazionale ed Internazionale di Milano, le Camere di Commercio di Firenze e Verona e l’Organismo Veronese di Mediazione Forense. Cura i blog Spunti per la Mediazione e la Negoziazione e Caucus On Mediation