A proposito della mediazione obbligatoria

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Avv. Federico Bock
Avv. Federico Bock

Quando è stata varata la nuova disciplina sulla mediazione obbligatoria, la prima riflessione di getto mi si è mossa sull’altrettanto nuovo ruolo che inevitabilmente viene ad assumere il mediatore.

Qui non ci troviamo di fronte a due parti che, libere, aderiscono volontariamente all’ADR, ma a due, o più, parti, per di più assistite da “tecnici” cioè da avvocati, che al cospetto del conflitto sono “costrette” a trovarsi intorno a un tavolo per mediare.

E’ ragionevole pensare allora che cambi notevolmente il ruolo del mediatore, che a mio avviso tenderà a discostarsi da quel taglio “facilitativo” che finora lo ha caratterizzato, per assumere gradualmente connotati di “propositivo” e proprio alla luce della ratio legis della norma istitutiva.

Non a caso questa fa leva sulla (disastrosa) condizione del processo civile italiano (ad esempio, il rapporto “Doing business”, diffuso l’8 settembre 2004 e redatto dalla Banca Mondiale per fornire indicazioni alle imprese sui paesi in cui è più vantaggioso investire, indicava in 1.390 giorni il tempo necessario per ottenere il rispetto di un contratto, e le relative spese nel quadruplo rispetto alla Norvegia; situazione appena migliorata nel 2008, quando – secondo la stessa fonte – la durata stimata di un procedimento di recupero di un credito da rapporto commerciale era di giorni 1.210, contro 331 in Francia, 394 in Germania, 515 in Spagna).

Del resto, la nascita e la crescita dell’ADR ha una cosiddetta “fonte negativa”, ossia per l’appunto la insoddisfazione per i ritardi e le inadeguatezze della giustizia, così come è avvenuto in USA dove l’ADR ha iniziato il suo sviluppo, in conseguenza della “litigation explosion” verificatasi a partire dagli anni ’80 dopo la fine della crisi petrolifera del decennio precedente (tra il 1970 e il 1985 il numero delle cause civili pendenti presso le corti americane era più che quadriplicato, facendo quasi raddoppiare le spese del sistema giudiziario).

Ora, di fronte alle aspettative del legislatore, è del tutto inutile, e fuorviante, farsi venire a mente l’inanità della conciliazione obbligatoria nel processo del lavoro, sensazione invero alquanto diffusa fra gli operatori del diritto raggiunti dalla novità.

La mediazione obbligatoria possiede adesso, a differenza di prima, una sua precisa “deontologia”, un suo preciso dover essere”.

Deve servire ad evitare la lite giudiziaria, deve indurre le parti ad una soluzione mediatoria, che sarà di volta in volta transattiva, novativa, alternativa, ma comunque sempre diretta all’allontanamento del radicarsi della lite.

E’ chiaro che il ruolo del mediatore cambia consistentemente (e ritengo che su questo aspetto i prossimi stages dovranno battere), perchè la sua funzione – se così posso esprimermi – tende ad essere molto vicina ad una prestazione di “risultato” allontanandosi vieppiù da quella di “mezzo” che sinora l’ha connotata.

E ciò è tanto più interessante – mi pare – in quanto una buona riuscita della novità potrebbe finalmente radicare quella cultura della mediazione che sinora è mancata, inducendo le parti in conflitto ad accostarsi all’ADR anche al di fuori delle singole previsioni coperte dalla riserva di legge.

Ecco, mi sembra questo un tema di riflessione suggestivo.

Ringrazio dell’attenzione e invio un caro saluto a tutti

Federico Bock

Avv. Federico Bock, conciliatore del Servizio di Conciliazione della Camera Arbitrale di Milano