Ci sono esperienze che restano più di altre. Ci sono persone che, quando le incontri, ti rendi subito conto che saranno protagoniste del tuo cambiamento.
Si è appena conclusa la seconda Competizione Italiana di Mediazione a Milano e qualcosa in me è cambiato.
Formo da anni mediatori di tutte le età, tanti adulti consapevoli che non si può stare fermi, che la vita deve essere un processo di rinnovamento e crescita continuo.
Adulti, appunto.
In questi due giorni, invece, a parlare di mediazione, a “giocare” con la mediazione erano ragazzi, e quando da è un po’ che non sei più un ragazzo, esperienze come queste ti rigenerano. Nell’attuale momento storico, in cui sembra calato il buio dell’ottusità sulla disciplina giuridica che governa la mediazione, vedere e ascoltare ragazzi il cui bagaglio culturale comprende non solo la negoziazione ma anche il concetto di “metodo alternativo di risoluzione delle controversie” rappresenta un raggio di luce, di speranza.
È stata una competizione ma non c’era aria di scontro. Era mediazione ma non si è sentito mai nominare il decreto legislativo 28.
È stato un grande confronto: dottrinale, umano, generazionale.
Giudici, mediatori, coaches e squadre di ragazzi al servizio del cambiamento che da tanti anni auspichiamo e attendiamo e che in questi due giorni è sembrato più vicino.
Ho fatto il mediatore con due squadre preparate e vivaci: hanno saputo essere protagonisti singolarmente e insieme, hanno saputo “usare” il mediatore.
Ho fatto il giudice in altri casi e mi sono goduta in modo più rilassato l’osservazione di menti giovani e preparate che lavoravano per costruire un ponte per unire interessi diversi anziché per distruggersi in nome di una pretesa ragione o, ancor peggio, per schiacciare l’altro per desiderio di vittoria.
La competizione si è conclusa con una squadra vincitrice, certo. Tuttavia i veri vincitori sono stati tutti i ragazzi che rappresentavano le università di provenienza con la loro voglia di imparare e di mettersi in gioco. Vincitrice lo è la stessa competizione per il solo fatto di essere stata organizzata.
Vincitori siamo anche noi, giudici e mediatori, che ora siamo più ricchi di ottimismo per il futuro della mediazione.
Il workshop pomeridiano con gli interventi di docenti universitari è stato la ciliegina sul gelato: rappresentanti di dieci università italiane che a vari livelli hanno introdotto nelle facoltà corsi di mediazione e negoziazione, ci hanno confermato che qualcosa si muove e lo fa nella direzione giusta, tra i giovani che saranno gli avvocati, i professionisti, gli imprenditori di domani.
Avvocati, professionisti, imprenditori o semplicemente cittadini che a volte si troveranno coinvolti in conflitti e che sapranno che nel ventaglio delle possibili strade da percorrere per cercare una soluzione c’è con pari dignità anche la mediazione. E scusate se è poco…
Nel frattempo guardo al mio cambiamento delle ultime ore. Due aggettivi indicano cosa sono ora: fiduciosa e ottimista. Fiduciosa che l’investimento in cultura che si sta facendo sui giovani darà i suoi frutti tra pochi anni, contrastando i gufi che sognano la disfatta della mediazione e sono pronti per le esequie del 2017. Ottimista sulla preparazione professionale che potrà vantare la prossima generazione di mediatori che si ritroverà a dire: “pensare che una volta si poteva esercitare un lavoro complesso come questo dopo solo cinquanta ore di corso…”.
* mediatore e commercialista in Milano