Riprendiamo il discorso interrotto sulla STARS, uno strumento/tecnica molto importante nell’agire mediativo.
L’acronimo STARS sta per:
S: Situazione;
T: Target ossia obiettivo/i;
A: Azioni;
R: Risultati;
S: Soluzione/i (evidentemente “alternative).
Il conflitto genera nelle parti una confusione mentale che viene trasferita in setting; la confusione mentale origina a sua volta un “disordine mentale” che conduce ad un disordine espressivo: le parti non seguono un ordine logico e/o anche temporale nel racconto ed esposizione dei fatti; mischiano narrazioni di fatti posteriori con fatti anteriori, non sono ordinati e precisi nell’esposizione, si perdono dietro recriminazioni o espressioni emotive legate ai sentimenti che il conflitto ha generato in loro, etc. Tutte queste diramazioni narrative rischiano di “depistare” il mediatore, il quale, se non ha uno schema mentale di riordino della narrazione, può “perdersi” nell’intricato labirinto della situazione conflittuale. Oltre alle diramazioni conflittuali, poi, dobbiamo sempre tener presenti i meccanismi di difesa che scattanno in setting e che producono molto spesso, da ciò che si evince dalla pratica, prevalentemente cancellazioni e negazioni di parti consistenti della narrazione dei fatti. Normalmente il soggetto narrante, tende a negare o cancellare quei pezzi del conflitto nei quali vede una sua “responsabilità” diretta; è un tentativo inconscio di deresponsabilizzarsi nei confronti di ciò che è accaduto, è una sorta di “pudore” interiore che non permette alle parti di essere “sinceri fino in fondo”. La mancata sincerità, in questi casi, non è menzogna o tentativo di ingannare il mediatore, è espressione di una incapacità di ammettere a se stessi la corresponsabilità dell’accaduto.
Evidenziamo la complessità di tutti gli elementi che impattano in setting e che il mediatore deve saper gestire, altrimenti rischia di rimanerne “schiacciato”. Pertanto, un mediatore non “preparato” a tali situazioni corre il rischio di venirne travolto.
La confusione delle parti può “contagiare” e “travolgere” il mediatore non permettendogli di portare avanti il suo macro obiettivo: la gestione e risoluzione del conflitto, “incastrandolo” nel loop mentale della parte.
Venire travolti dalla confusione mentale che le parti portano in setting: questo è uno dei rischi di fallimento del mediatore e della mediazione.
Cosa deve fare il mediatore efficace?
• Analizzare la situazione
• Esplorare la situazione
• Essere fortemente empatico pur restando “distaccato” dal conflitto in modo da mantenere la lucidità analitica che serve alle parti per separare l’emotività dai fatti
• Aiutare le parti ad individuare punti in comune e ponti in modo tale da trovare LA soluzione (N.B. la soluzione e non una soluzione; scriviamo la soluzione perché quella che emerge in setting efficace è la soluzione che soddisfa pienamente le parti)
Al fine di condurre un lavoro “pulito” e ordinato, come anticipato, lo strumento cognitivo della STARS ci aiuta a mantenere uno schema mentale di riferimento che ci serve da “filo di Arianna” nel complesso labirinto del conflitto.
La STARS, come abbiamo visto prima, suddivide il lavoro di Analisi ed Esplorazione della situazione conflittuale in cinque diversi momenti:
S: Situazione;
T: Target ossia obiettivo/i;
A: Azioni;
R: Risultati;
S: Soluzione/i (evidentemente “alternative).
Lavoriamo per prima cosa, con domande aperte di esplorazione, sulla Situazione per poter raccogliere più dati e informazioni possibili su ciò che è accaduto, sul contesto, sulle dinamiche, sui tempi, sulle cause, etc. Non accontentiamoci MAI di restare in superficie, cosa che le parti tenteranno di fare per “fissarci” sulla loro posizione e averci quali “alleati”, anche perché le parti in quel momento non riescono proprio a vedere altro, ad andare oltre quella posizione; per loro esiste solo quella visione e null’altro! Noi mediatori dobbiamo invece riuscire a far spostare le parti e quindi dobbiamo, sempre con l’utilizzo delle domande aperte e dell’aggancio delle parole chiave, continuare a “scavare” (ricordate l’immagine dell’iceberg rovesciato: dobbiamo andare “sotto”, immergerci alla scoperta degli interessi, dei bisogni…).
Chiediamo alle parti qual’era il loro obiettivo (o obiettivi) iniziale e quindi passiamo a lavorare sul Target. Non diamo mai nulla per scontato perché ci renderemo conto con l’esperienza che molto spesso le parti in conflitto, a causa dell’escalation del conflitto stesso, si sono “allontanate” tantissimo da quello che era il loro obiettivo iniziale; a volte capita che l’abbiano anche “dimenticato” perché “messo da parte” in quanto troppo “impegnate” a dare fastidio o ostacolare l’altra parte in conflitto, o addirittura (dipende dal livello di escalation al quale sono giunte) danneggiare l’altra parte. Questo tipo di lavoro è molto “potente” ed efficace perché porta la parte a prendere consapevolezza di questo “allontanamento” dal suo obiettivo originario. In questa fase possiamo utilizzare domande ipotetiche ed ipotetico – proiettive.
Passiamo ora ad analizzare con la parte le Azioni che ha messo in campo nella circostanza conflittuale anche questo lavoro ci serve per far prendere consapevolezza alle parti che spesso le azioni fatte non erano poi così in linea rispetto all’obiettivo prefissato. In questa fase, se abbiamo lavorato bene nelle due fasi precedenti nella creazione del Rapport, ossia della fiducia, del feeling e dell’empatia, possiamo porre domande circolari che aiutino la parte a mettersi nei panni dell’altro.
A questo punto analizziamo con la parte il Risultato ottenuto; chiaramente essendo giunti in mediazione il risultato non sarà dei più positivi, anche questo lavoro ci serve a portare la parte a prendere consapevolezza di come le azioni messe in gioco non abbiamo generato risultati positivi; ci serve, inoltre, ad aiutare la parte a:
• scindere il problema dall’emotività;
• scindere il problema dalla persona.
Ed eccoci pronti a lavorare con la parte sulla Soluzione o Soluzioni alternative. La parte è consapevole e se abbiamo lavorato bene con le domande aperte, ipotetiche e circolari è anche uscita dal suo loop mentale, dal pensiero “convergente” che le impediva di vedere oltre la sua posizione di “arrocco”: è pronta a formulare soluzioni alternative nell’ottica di una gestione “win win” della situazione conflittuale.
N.B.: non esiste un numero esatto di domande da porre nelle varie fasi, il mediatore, nonostante lo schema mentale che la STARS gli offre per potersi “orientare” nel complesso labirinto della narrazione, deve sempre essere flessibile e seguire il flusso di pensiero della parte narrante, entrare nel suo flusso e agganciare le parole (concetti) chiave che questa esprime. E, soprattutto, il mediatore non deve aver fretta di arrivare alla soluzione per chiudere.
(3-continua)