Mediazione delegata: intervista a Elena Riva Crugnola

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Parliamo di mediazione delegata dal giudice, in vista dell’evento del prossimo 23 gennaio a Milano, cui abbiamo già fatto cenno in un precedente post. Abbiamo intervistato la dottoressa Elena Riva Crugnola,  Presidente dell’Ottava Sezione civile del Tribunale di Milano, che interverrà al convegno per presentare il Progetto Mediazione.

Quale obiettivo si propone il Progetto che sarà varato il 23 gennaio?
Il progetto  -promosso dall’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano e al quale hanno aderito l’Ordine degli avvocati di Milano e gli Uffici della formazione dei magistrati togati e onorari del distretto-  sulla mediazione demandata dal giudice parte dalla constatazione dello scarso utilizzo di questo strumento da parte dei giudici e dalle riflessioni di molti studiosi sulla utilità dell’invito alla mediazione in quei processi civili nei quali la natura della controversia e/o  i rapporti di “vicinanza” tra i litiganti indicano un possibile interesse delle parti a raggiungere un accordo che consenta loro di proseguire nella relazione, o comunque di porvi fine consensualmente, piuttosto che a moltiplicare le liti che la riguardano.
Si è quindi pensato da un lato di promuovere, far conoscere, lo strumento ai giudici e agli avvocati -anello indispensabile di ogni mediazione a processo iniziato, dato il loro ruolo di assistenza alla parte nello scegliere se aderire o meno all’invito del giudice-  e dall’altro di  monitorare gli esiti degli inviti alla mediazione in termini sia di adesione sia di raggiungimento o meno di un accordo, in modo da verificare in concreto l’utilità dello strumento.
Il progetto è stato illustrato ai Presidenti delle sezioni civili del Tribunale di Milano che si sono per la maggior parte impegnati a diffonderlo presso i giudici civili di ciascuna sezione e sarà oggetto dell’ incontro di formazione che si terrà il 23 gennaio prossimo, destinato ad avvocati e magistrati.

Fino ad oggi i magistrati hanno svolto un ruolo abbastanza marginale nella promozione della mediazione, almeno dal punto di vista numerico. Per quali ragioni, secondo lei?
Il giudice civile, anche se gli è sempre possibile tentare la conciliazione della lite facendo comparire le parti personalmente davanti a lui,  è chiamato a “decidere” le liti, vale a dire a determinare secondo diritto se la pretesa fatta valere nel processo è da accogliere o meno:  questo suo ruolo non porta quindi a una particolare propensione verso le tecniche della mediazione, volte non a una soluzione autoritativa della lite (e neppure a valutare il “rischio di lite” al fine di proporre ipotesi di conciliazione, come nel tentativo svolto dal giudice) ma a promuovere un accordo tra le parti valorizzando i loro interessi e le loro motivazioni “di fatto”, che non sempre emergono nella sede processuale.
Personalmente ho raccolto con una certa frequenza l’indicazione del legislatore e ho  constatato che formulando l’invito alla mediazione secondo le linee del progetto (con valutazione attenta delle controversie “mediabili”) si sono verificate percentuali non irrilevanti di adesione all’invito o comunque di esiti conciliativi della causa altrimenti raggiunti (comparizione personale per tentativo di conciliazione con esito positivo, negoziazione diretta tra le parti con abbandono della causa):  ciò ha confermato, sia pure sulla scorta dell’andamento di un solo ruolo civile, che l’invito alla mediazione proveniente dal giudice può avere una specifica valenza nel promuovere  l’accordo tra le parti, con effetti quindi positivi non solo nell’offrire alle parti uno strumento di composizione della lite “alternativo” ma anche in senso deflattivo del contenzioso.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale pensa che i magistrati avranno maggiori motivazioni nel proporre la mediazione alle parti?
Non penso che la recente “scomparsa” della mediazione obbligatoria  possa influire sulla propensione dei giudici a incentivare la mediazione demandata.
Si tratta di due istituti profondamente diversi. La mediazione obbligatoria è stata “vissuta” da molti giudici e avvocati come un istituto contraddittorio e inaccettabile, in quanto imponeva in via generale e per molte “materie”  un ulteriore costo per ottenere giustizia anche quando la parte non fosse convinta della sua utilità. La mediazione demandata richiede invece una valutazione di opportunità da parte del giudice rispetto al singolo caso e l’adesione della parte all’invito del giudice, dunque è uno strumento che, diversamente dalla mediazione obbligatoria, può adattarsi alle concrete esigenze dei litiganti e ne rispetta la capacità di autodeterminarsi.

Si parla di monitoraggio dei casi di mediazione delegata. Di cosa si tratta?
Il monitoraggio degli inviti alla mediazione sarà effettuato con la collaborazione della Camera di Commercio di Milano, che curerà il database nel quale i singoli giudici inseriranno via via il numero di ruolo dei procedimenti nei quali hanno rivolto alle parti l’invito alla mediazione e l’esito di questi inviti (non adesione delle parti; adesione; esito del procedimento di mediazione: mancato accordo, accordo). Al termine del periodo di sperimentazione di un anno attraverso il database sarà quindi possibile verificare sia il numero di inviti rivolti dai giudici del Tribunale di Milano sia il risultato di questi inviti in termini di adesioni e di esiti positivi o infruttuosi della mediazione.
Si tratta di un notevole passo avanti nella verifica delle potenzialità della mediazione demandata: finora presso il Tribunale di Milano gli inviti del giudice alla mediazione sono stati formulati per così dire “sporadicamente” solo da pochi  giudici, che in qualche caso hanno registrato artigianalmente con vari sistemi gli esiti, mentre tramite il database sarà possibile ottenere dati significativi e oggettivi sugli esiti dei vari inviti.