Media e Mediazione

1978

media Chiunque conosca in modo professionale un determinato argomento, è abituato a scorgere molto spesso imprecisioni, inesattezze ed errori circa notizie relative a quel tema, leggendo i giornali o seguendo i notiziari tv o quelli sul web.
La necessità di rendere la notizia in tempi rapidi fa vittime innocenti: basta parlare di un signor Tal del Tali come di “evasore” e la notizia è data. Poco rileva se poi, andando ad approfondire, ci si rende conto che questa persona ha un contenzioso con il fisco circa una somma comunque dichiarata (e quindi non evasa).
Si parla di “posto fisso”, di “responsabilità civile dei giudici”, di “aumento dello spread” in poche righe, evitando le complessità che si celano dietro questi argomenti.
La notizia è data, l’informazione un po’ meno…
La mediazione non fa eccezione. Si parla di mediatori come di “decisori” (?), “giudici” (??), “arbitri” (???). Si parla dell’obbligo di mediazione come se questo significasse trascinare le parti incatenate in mediazione, e via discorrendo.
I tempi e gli spazi dei media non sono adatti ad approfondire concetti complessi come lo scopo della mediazione, le modalità con cui viene offerta, la qualità degli organismi di mediazione.
Se la percentuale di accordi è bassa (ma bassa rispetto a cosa, poi?) la mediazione “non funziona”. Poco importa se dietro una percentuale o un giudizio c’è un mondo che meriterebbe di essere analizzato, approfondito, dibattuto.
E, ovviamente, il ragionamento vale anche in senso inverso: se si parla della mediazione come dello strumento che “svuoterà i tribunali”, “risolverà i problemi della giustizia italiana”, “toglierà lavoro ai giudici”, la necessità di approfondire meglio il tema dovrebbe essere evidente.
Fin qua, ahimè, niente di nuovo. Il tema ricorre da tempo e certo non lo si può affrontare in poche righe. Interessa invece ragionare su qualche possibile via di fuga che consenta ai professionisti dei media di lavorare bene e informare meglio i lettori.
Una prima proposta costruttiva che mi sentirei di fare è organizzare un momento di sensibilizzazione (un seminario, un corso, libero spazio all’iniziativa) proprio per gli addetti ai lavori della comunicazione, in modo da far loro capire che, al di là dei titoli e degli slogan pro o contro la mediazione, c’è una realtà molto più complessa che merita più di un approfondimento.