Caro Signor Ministero,
Le scrivo mentre affannosamente il mio corpo cerca di digerire il pranzo pasquale e la mia mente cerca di digerire la Sua circolare del 5 aprile scorso.
Il 5 aprile è una data che confonde, tardi rispetto al pesce d’aprile e presto rispetto all’uovo di Pasqua. Ci dica, signor Ministero, è uno scherzo o una sorpresa?
Comunque, dopo lo smarrimento iniziale di qualche giorno, ora siamo pronti a farci grasse risate del testo che ha diffuso. Ha architettato tutto davvero bene, io ci sono cascata mani e piedi e la sera in cui l’ho letta mi sono preoccupata.
Quindi tanti complimenti, signor Ministero; solo, la prossima volta, si metta un promemoria sul telefono e pubblichi il 1° aprile.
Ora mi lasci dire degli indizi che a mente fredda mi sono apparsi e mi hanno svelato lo scherzo architettato con stimabile professionalità.
Il primo indizio è in realtà l’ultimo che ho capito e questo dovrebbe farLa riflettere sull’opinione che abbiamo di Lei: abbiamo trovato verosimile che diramasse una circolare del genere – con il valore giuridico di una circolare poi – prima di presentarci la nuova versione del D.M. 180/10, quel compito che la Riforma Cartabia Le ha assegnato e che, a distanza di mesi, ancora non ci ha mostrato. D’altra parte se l’avesse fatto questo scherzo non sarebbe riuscito.
Ora che ha ottenuto il Suo scopo, signor Ministero, rilasci questo benedetto decreto attuativo e amici come prima. Io per prima mi impegnerò a non pensare male di Lei come in questa occasione.
C’è un passaggio sublime in seconda pagina, lo riporto brevemente perché è spassosissimo: «In assenza – allo stato – di apposita normativa regolamentare di attuazione, nell’approssimarsi della scadenza del termine (…), si rende necessario precisare quali requisiti, sinora non previsti, gli odm e di ef già iscritti dovranno soddisfare…».
Ma signor Ministero, se la normativa è “assente”, di quali requisiti da soddisfare parla se sono “non previsti”!?! E chi la deve scrivere l’”apposita normativa” se non Lei? È un po’ come dire: «Siccome non ho avuto tempo di fare quello che una legge mi obbliga a fare (morto il gatto, funerale della nonna o generici motivi familiari?), vi mando un whatsapp con quello che ho in mente così iniziate a prepararvi».
E veniamo all’organizzazione degli Odm. Due cose sono in effetti spiritose a pagina 6 e, anziché allarmarci, ci avrebbero dovuto strappare almeno un sorriso: la prima è che la sede legale deve essere dotata di una propria struttura amministrativa. Non che non si possa, ovviamente, e che non sia la situazione più frequente: è che niente del genere è contenuto nell’attuale D.M. 180/10. Pertanto, signor Ministero, prima fa quello che deve fare, cioè modificarlo, e poi ne riparliamo. Nel farlo, e qui mi affido alle sue competenze, verifichi che si possa imporre ad una società di capitali che la sede legale sia necessariamente anche quella operativa e amministrativa. Magari sì.
La seconda riguarda i dipendenti degli Odm: 1 addetto ogni 200 procedure di mediazione. Da sbellicarsi. Quale parametro ha usato per questo rapporto? Non mi faccia dire cattiverie, su. Duecento procedure per dipendente significano 4 protocollazioni alla settimana, con convocazioni, nomine di mediatori, impostazioni dei verbali e cos’altro. Nel tempo libero li iscriviamo ad un corso di uncinetto? Ammetto che qui ha fatto emergere la mia milanesità. Genio.
Un altro bell’indizio l’ho trovato a pagina 8. Come non condividere che il responsabile dell’organismo abbia almeno le competenze di base di un mediatore. Tuttavia, mi consenta di chiederle una cosa, signor Ministero: la qualificazione professionale dei mediatori verrà rivista nel nuovo D.M. 180/10 o la lasciamo patetica così com’è? E se verrà rivista, il responsabile dell’organismo che alla presentazione dell’istanza di permanenza del registro dovrà impegnarsi a completare la formazione secondo gli attuali requisiti, sarà a posto così o dovrà rincorrere quelli nuovi?
Se i requisiti di qualificazione dei mediatori resteranno immutati, nessuno potrà mai accusarla, signor Ministero, di non avere coraggio da vendere. Ma a questo punto le chiederei il senso delle proporzioni utilizzato per chiedere sulla Riforma Cartabia un aggiornamento di 18 ore: 50 ore la formazione di base contenente “tutto” e più di un terzo del tempo per l’aggiornamento normativo dei mediatori già abilitati. Se faccio due conti partendo proprio dalle 18 ore di aggiornamento, che peraltro non contengono quello sul nuovo e attesissimo D.M. 180/10, direi che la formazione di base del mediatore non potrà essere inferiore a 100 ore. Su questo punto l’aspetto, signor Ministero: sarà così impavido da lasciare la formazione immutata o altrettanto audace da raddoppiarla, oppure tanto timoroso da collocarsi nel mezzo?
Mi avvio alla conclusione, non senza un passaggio sui formatori e sul responsabile scientifico degli enti di formazione che mi tocca da vicino e per questo ho impiegato un po’ di più a cogliere il lato comico della circolare. Dunque apprendo che sia i formatori teorici e sia il RS devono aver pubblicato negli ultimi 5 anni almeno 5 contributi scientifici in materia di mediazione su riviste scientifiche di classe A, area 12, secondo gli elenchi pubblicati dall’ANVUR. Che si tratta di uno scherzo è evidente: vorrebbe dire che pubblicazioni di contributi sulla mediazione su riviste tipo “Giornale di metafisica” o “Il pensiero mazziniano” vanno bene mentre non sono idonee le pubblicazioni di libri sul tema per editori come Il Sole 24 Ore e Giuffrè? È ovvio che non sta in piedi. Divertente anche l’immagine dei responsabili scientifici che pietiscono inviti a convegni per non perdere i requisiti. Sa che Lei è davvero una sagoma?
Su una cosa sono d’accordo: che serva una comprovata formazione in metodologia didattica. Peccato che abbia inserito il requisito solo per il responsabile scientifico e non per i formatori. Se non è un indizio questo!
E poi la firma, signor Ministero: che capolavoro far firmare a chi ha il mandato scaduto da due mesi, come il collega Pietro Elia ci ha fatto notare! Forse sta tutto qui, una firma scaduta a siglare una catasta di stupidaggini a cui dare fuoco come al falò di Sant’Antonio.
E ora lo dica finalmente, signor Ministero, si liberi: dica che siamo su Scherzi a parte.