MEDIAZIONE E NORMA UNI

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di Carola Colombo*

Non fa mai troppo caldo per evitare di avvolgersi in una spessa coperta di ridicolo. E non basta una pandemia per abbassare la guardia sulla mediazione.
Signore e signori, state per assistere a funamboliche acrobazie lessicali che eseguirò davanti ai vostri occhi per non privarmi del piacere di esprimermi sul progetto di “Prassi di riferimento” sulla mediazione civile e commerciale, elaborato al tavolo UNI (Ente italiano di normazione), ma provando ad evitare querele e la cancellazione da qualsiasi elenco mediatori esistente o futuro.


Il progetto di Prassi di Riferimento dal titolo “Mediazione in materia civile e commerciale – Servizio di mediazione stragiudiziale civile e commerciale e requisiti del profilo professionale del mediatore” è stato sottoposto da aprile scorso al pubblico ludibrio. Anzi no, chiedo scusa: sottoposto alla pubblica consultazione. Pessimo inizio, accidenti… cercherò di rimediare.
Noi, tutti presi ad ascoltare le dirette del presidente Conti, a fare yoga su Zoom e a cantare l’inno sul terrazzo alle 18, ce lo siamo fatti scappare. Meno male che tra noi mediatori c’è qualcuno più accorto che si è dato da fare per far pervenire alcune osservazioni all’Ente: per questo voglio ringraziare i colleghi D’Urso, Mosca, Nascimben, Santi e Uzqueda per aver affrontato con vero stoicismo la lettura del documento di ben 237 pagine, aver vinto la tentazione di emigrare in Australia o di venire a Codogno per l’harakiri ver. 2020, e aver scritto una decina di pagine dense di conoscenza e buonsenso. E prive di parolacce.
È giugno, vivo in Lombardia e fino ad ora ho schivato il virus; per questo mi sento un po’ in colpa e ho deciso di espiare leggendo a mia volta il progetto. È stata dura ma l’ho presa come una missione.
Le osservazioni dei colleghi, se avete avuto il piacere di leggerle, si concentrano sulla ignorata pluralità di modelli operativi e forniscono importanti suggerimenti per una messa a punto di tutto il documento. Io, invece, utilizzerò un approccio che definirei “cialtrone” per mettere in luce alcune perle che potrebbero migliorare la vostra giornata. Sempre che abbiate la pazienza di seguirmi.
Ho dovuto operare una scelta per questioni di spazio e vincere lo sconforto che di tanto in tanto mi prendeva. In alcuni momenti è stato come trovarsi indietro nel tempo ed è un peccato per almeno un paio di conquiste recenti che ci siamo guadagnati:
– avvocati, che insieme ad Albano hanno sconfitto i dinosauri, hanno vinto ogni ritrosia e si sono affacciati a Zoom per le mediazioni;
– la capsula Crew Dragon della SpaceX ha portato in orbita l’anticristo, cioè il termine “mediaconciliazione”. Per sempre (!)
Per non dire del primo incontro “di programmazione”, grande protagonista del documento in questione.
Ma partiamo dall’inizio: che cos’è una norma UNI?
Semplificando in modo sfacciato, possiamo dire che l’Ente Italiano di Unificazione codifica dei processi volti a realizzare prodotti o a svolgere una professione, attraverso il confronto delle parti interessate e con il coinvolgimento di esperti in materia; il tutto viene poi sottoposto ad inchiesta pubblica per un’ulteriore messa a punto. Insomma, fissa degli standard di qualità.
Parlando di professioni, una norma UNI è importante quando la professione in considerazione non ha una norma giuridica di riferimento: il mediatore familiare, ad esempio. Lo è meno quando le norme giuridiche ci sono, come nel caso dei mediatori civili e commerciali e degli organismi di mediazione; una norma tecnica, allora, può servire ad acquisire qualche stelletta in più, come un ristorante.
Potremmo dilungarci a dibattere sulla necessità o meno di una norma UNI per la mediazione civile e commerciale, cercare per esempio di individuare un possibile vantaggio competitivo nel particolare mercato in cui operiamo, ma vorrei andare oltre e ammettere che la fissazione di buone prassi e standard qualitativamente alti sia la strada giusta per liberare il nostro mondo da organismi e mediatori incompetenti. Bene, ma almeno facciamo che le prassi siano veramente buone e che la norma tecnica non sia la prima spia di un cortocircuito.
Va detto che qualche perplessità mi è sorta già leggendo l’indice (di 6 pagine!) e non posso non partire dal paragrafo 5.10.5 intitolato “Allargamento della torta negoziale”. Parola di lupetto, si intitola proprio così.
Ho delle riserve su cosa intendano gli estensori del documento per “torta negoziale”, dato che più che il far emergere il maggior numero di interessi non manifesti, fanno riferimento all’aggiunta di “nuove risorse potenzialmente oggetto di scambio tra le parti” o il “coinvolgimento di nuovi soggetti portatori di interessi nuovi o identici”. Cionondimeno, quello che più mi turberebbe sarebbe il dovermi attenere a quanto previsto nei paragrafi successivi nel caso il tentativo di “allargamento” andasse a buon fine: immediatamente andrebbe fatto un controllo dei centri di interesse per eventualmente battere subito cassa con la richiesta di nuove indennità. Già me le vedo le parti che, pur di non pagare, quella torta allargata se la mangiano.
Non volendo essere monotematica, concludo l’argomento con questo appunto: l’allargamento della torta fa parte del capitolo “Procedure complementari del procedimento di mediazione”, e viene dopo la CTU, la proposta, il notaio e prima della verbalizzazione e dell’arbitraggio in mediazione: praticamente l’ultimo tentativo disperato prima di gettare la spugna. Va beh, cambio argomento se no mi si alza la glicemia…
Salto a pagina 211, all’”Appendice C – Aspetti Deontologici Del Mediatore”: giuro, è scritto così. Ma non è il lessico del titolo che dovrebbe preoccuparci. Tra i principi su cui si fonda il codice etico (cit.) del mediatore c’è questo:
“Assoluta (aiuto!) consapevolezza (?? Conoscenza, competenza ??) delle dinamiche (?? Regimi, agevolazioni, incentivi ??) fiscali legate ai vari strumenti ADR: nell’ambito della fiscalità ai (ahi!) vari strumenti ADR, con particolare riferimento al procedimento di mediazione civile, sia relativamente ai costi del servizio, sia relativamente all’eventuale regime di imposizione fiscale legata agli accordi raggiunti (con eventuali correlazioni con necessità della presenza o meno del notaio durante il procedimento)”.
Penso con tenerezza ai miei amici avvocati bravissimi mediatori alle prese con la normativa fiscale e prometto loro che appena terminata l’emergenza Covid ci abbracceremo e piangeremo insieme rimpiangendo i vecchi tempi, quando ci pagavano poco ma almeno le responsabilità erano molto ben circoscritte.
A proposito di essere pagati poco, sappiate che secondo i paragrafi 8.2.3 (Conoscenze, abilità e responsabilità del mediatore) e 8.2.5 (Composizione monocratica e collegiale), la presenza di un solo mediatore potrebbe non garantire la giusta qualità del servizio. Testualmente: “Le conoscenze, abilità e responsabilità (brrr… paura) del mediatore devono essere trasversali, integrando il sapere tecnico-giuridico (sostanziale e procedurale) con la conoscenza e l’applicazione delle tecniche di comunicazione, relazione e negoziazione. Ecco perché è preferibile che il responsabile dell’organismo nomini un collegio di mediatori, anziché un solo mediatore (vedi paragrafo 8.2.5.).”
Comunque ci tengo a dire che per me non sarebbe un problema dividere con altri colleghi il compenso per il primo incontro con mancata prosecuzione.
Nella parte riguardante l’Organismo di mediazione (capitolo 6), si affronta l’organizzazione interna dell’ente e il budget (6.1.2). Senza ironia, quanto scritto è di buon senso e chi gestisce un soggetto economico dovrebbe farne tesoro. Sottolineo solo la difficoltà nella determinazione del budget annuale (sul triennale non mi esprimo proprio) senza la sfera di cristallo con le seguenti incognite: valore non preventivabile delle controversie sottoposte a mediazione, mancate adesioni, mancate prosecuzioni, incertezza del raggiungimento dell’accordo.
Infine parliamo del verbale, anzi lo sfioriamo e basta perché sul blog non è previsto l’inserto a puntate. Nel paragrafo 5.10.6.3 si cerca un “Equilibrio fra verbalizzazione e riservatezza”; discutibile in alcuni punti ma apprezziamo lo sforzo. Tuttavia, con un importante salto di pagina, andiamo a vedere l’Appendice A che “contiene specifiche indicazioni ….. per garantire un’amministrazione del procedimento di mediazione volto alla più ampia prospettiva di risoluzione conciliativa della controversia” con riferimento ad alcune materie specifiche. Prendo in considerazione la “a.4 Liti tra i soci e gli organi sociali” e leggo a proposito dell’avvio unilaterale: “È bene che il verbale venga inviato non solo alla parte assente, ma anche, per opportuna conoscenza, ad eventuali soggetti apicali o dirigenziali che possano fattivamente valutare l’adesione tardiva alla mediazione”. E magari anche ai loro genitori che potranno metterli in castigo.
Quanto al caso di “mancato accordo”, la previsione è la seguente: “È importante che nel verbale di chiusura il mediatore richiami il contenuto di tutti i verbali precedenti, riassumendo le attività svolte nel corso della mediazione e precisando la motivazione per cui l’esito è negativo. Ciò al fine di permettere al giudice tutte le opportune valutazioni del caso, rilevando che si tratta di materia sottoposta a condizione di procedibilità”. Insomma, al di là del refuso finale, mi pare di capire che al giudice vada fornita la tabella dei buoni e dei cattivi, come alla scuola elementare. Ma, mi raccomando, attenendosi al paragrafo 5.10.6.3, penultimo periodo: “Il mediatore ha inoltre facoltà di registrare nel verbale lo svolgimento fattuale degli incontri di mediazione, epurando la descrizione da qualsivoglia valutazione personale”. Vi avviso, io verbalizzerò solo alla presenza del mio avvocato.
Si è fatto tardi e non posso raccontarvi di quanto mi ha illuso il paragrafo 8.2.6 “Mediatore itinerante” (sul mio onore…), o quanto ci sia rimasta male nel leggere che nell’elaborazione del processo da certificare è stato inserito il brainstorming, dopo la fase esplorativa e prima dell’analisi della PAAN e delle MAAN. Non voglio certo dire che il brainstorming sia l’unicorno della mediazione ma mi piacerebbe raccogliere le testimonianze dei mediatori per capire davvero quanto questo strumento venga utilizzato in modo ordinario nelle procedure.
E torniamo al punto di partenza e chiediamoci “perché”. Poi, seguendo la strada dei nostri amati Fisher e Ury, chiediamoci anche “perché no” e, se riteniamo che avere una norma tecnica per una professione già disciplinata dal D. Lgs. 28/10 e dal D.M. 180/10 sia una cosa buona, lavoriamo per arrivare ad un documento di qualità e facciamo finta che finora non sia successo nulla.

Carola Colombo