Alert: per l’incolumità della Bisbetica, se ne sconsiglia la lettura ai devoti del diritto
Alzi la mano chi, bloccato in un ingorgo nei pressi di un incrocio, scorgendo il vigile non ha mai partorito il pensiero irriverente: “Ah, ecco la spiegazione…”. A ben vedere, il Codice della Strada e l’istinto di autoregolamentazione degli automobilisti sarebbero sufficienti a sopperire al guasto temporaneo di un semaforo, magari meglio di quanto non riescano a fare le gesta non sempre sincrone dei due o tre vigili presenti. E, in fondo, nessuno si aspetta che il Codice della Strada venga arricchito dell’esatta procedura in termini di tempi di precedenza da adottare a semafori spenti o rotti a seconda dell’ora e del giorno della settimana, così da evitare l’intervento dei Ghisa.
Più o meno questi sono stati i miei pensieri dopo aver letto qualche giorno fa l’interessante articolo di Marco Marinaro sul Sole 24 Ore a proposito delle visioni divergenti in giurisprudenza su alcuni temi legati alla mediazione. Sì, insomma, ho pensato ai vigili che regolano il traffico della mediazione, ciascuno con una propria idea di quale parte del codice stradale prendere come riferimento, e a come sia facile per chi ci sta in mezzo – mediatori, avvocati, giudici – concludere che il legislatore debba mettere mano al Decreto Legislativo 28 una volta per tutte e sciogliere questi nodi.
Tuttavia, siccome a mio giudizio le addizioni andrebbero maneggiate con prudenza e le sottrazioni non godono mai del giusto prestigio, ho buttato l’occhio un po’ in là nel tempo e quello che ho visto non mi è piaciuto: un termine perentorio di qua, un obbligo a carico di qualcuno di là e finisce che con un paio di gomitate ci ritroviamo nel codice di procedura civile a suon di quater, quinquies… sedecies.
È iniziata una nuova legislatura e vedremo quali attenzioni verranno riservate alla mediazione; capiremo anche se, insieme al mandato precedente, è stato archiviato definitivamente anche il documento della Commissione Alpa o se verrà considerato ancora buono per trarne qualche ispirazione. Io mi auguro che non si sia smarrito del tutto lo spirito del legislatore del 2009/10 che in molti passaggi della bozza di quello che sarebbe diventato il D. Lgs. 28 aveva dimostrato di aver colto aspetti importanti che caratterizzavano la mediazione e che dovrebbero continuare a farlo.
Quali? Proprio quelli che ora vengono considerate omissioni da interpretare, sanare, regolamentare.
Quando molti avvocati capiranno che gli organismi di mediazione non sono tutti uguali e che l’obbligatorietà consente di andare dai più bravi spendendo la stessa cifra (spesso miserabile), il problema su chi deve attivare la mediazione si ridimensionerà parecchio. Il primo che si muove sceglie, l’altro si adatta e l’articolo 4 è già strutturato per la corsa al deposito della domanda.
Quando i giudici, tutti i giudici, applicheranno il D.Lgs. e fioccheranno come foto del figlio di Fedez e della Ferragni su Instagram le dichiarazioni d’improcedibilità delle domande giudiziali anche per gli ingiustificati mancati proseguimenti oltre il primo incontro, gli avvocati delle parti attrici saranno probabilmente più zelanti e bendisposti nell’abbracciare la mediazione.
In questo quadro, che mi auguro non sia troppo utopistico, il problema se il termine dei 15 giorni debba essere considerato ordinatorio, perentorio, o alla stregua della data di scadenza dello yogurt, non si porrà più.
Abbiamo già avuto un esempio di intervento per me fin troppo invasivo: la competenza territoriale. Non prevederla non era stata una svista del legislatore e continuo a considerare la sua introduzione come una prevaricazione: o sei tu, Stato o ente territoriale, a fornirmi il servizio, oppure, se lo devo pagare, voglio poter scegliere a chi rivolgermi, anche se non sto proprio “nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia” ma un po’ più in là. Tra i risultati ottenuti ci ricordiamo come fosse emerso che in alcune circoscrizioni territoriali mancassero organismi di mediazione, rendendo di fatto impossibile l’assolvimento della condizione di procedibilità, e una smodata moltiplicazione delle convenzioni tra organismi tale per cui, in alcune province, nella stessa sede operano decine e decine di enti iscritti nel Registro.
Ma tant’è.
Nei confronti degli Organismi di mediazione lo Stato ha applicato una sorta di principio di sussidiarietà sui generis, nel senso che ha delegato agli organismi la gestione di un passaggio obbligatorio per accedere al tribunale senza, tuttavia, accollarsene il costo. E noi, zitti, l’abbiamo fatto. In 8 anni sono nati oltre mille organismi (ne sono sopravvissuti 615 alla fine del 2017) che hanno investito complessivamente ALMENO dieci milioni di euro. Attualmente ci sono ALMENO 615 persone assunte con contratto a tempo indeterminato, 383 delle quali (ALMENO) a carico di enti privati. Se ho calcolato bene, le percentuali indicate nelle statistiche di proponenti e aderenti esonerati dal pagamento delle indennità ci dicono che nel 2017 quasi 500 persone hanno beneficiato del servizio di mediazione gratuito, che è gravato interamente sulle spalle degli organismi e dei mediatori.
Ecco, siamo arrivati ad un nodo. Che non riguarda certo organismi e mediatori; si sa che siamo così terrorizzati dalla cancellazione della mediazione obbligatoria che ci prestiamo in silenzio a qualsiasi vessazione dal punto di vista economico. Il nodo riguarda l’assistenza degli avvocati quando il cliente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, e la loro remunerazione; e va sciolto in fretta perché i vigili, ops i giudici, non si mettono d’accordo se, in base alla normativa vigente, anche per la fase della mediazione, e non solo per quella giudiziale, l’avvocato abbia diritto alla liquidazione del compenso.
Dato il numero dei tribunali che non liquida alcun compenso, il cortocircuito è alle porte.
Quindi, caro Stato e caro legislatore, su questo tema provvedete alla svelta. E se il costo dovesse essere troppo alto, alla copertura di bilancio, ça va sans dire, pensiamo noi mediatori. Che ne dite, vi basta un litro di sangue a testa?
Ps: la terminologia utilizzata in questo articolo è, dal punto di vista giuridico, alquanto approssimativa. È che dopo che la Corte d’Appello di Milano in un’ordinanza ha scritto “dispone che l’esito del procedimento di mediazione venga comunicato in cancelleria a cura dell’ufficio del mediatore e nel rispetto dell’obbligo di riservatezza” (a cura dell’ufficio del mediatore???), ho deciso che mi sarei adeguata…