Il lato oscuro dell’avvocato (in mediazione)

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darkside

di Carola Colombo*

Lo stile in mediazione non caratterizza solo i mediatori; ci sono altri soggetti che partecipano con una certa frequenza al procedimento senza esserne coinvolti personalmente e che sono chiamati a rivestire un ruolo. Mi riferisco agli avvocati la cui presenza costante in mediazione è così incisiva da influenzarne il divenire.
Sarebbe facile affrontare questo argomento con piglio polemico e avvelenato, soprattutto se in qualche caso, anzi parecchi, ci si è trovati come mediatori a far fronte ad una forza oppositiva che durante il primo incontro ha piantonato l’ingresso alla procedura vera e propria. Che ha rovesciato damigiane d’acqua nell’imbarcazione in cui lui stesso era seduto, mentre noi cercavamo di svuotarla con un cucchiaio. Che ha abbracciato il lato oscuro della forza come Darth Vader imponendoci di indossare la veste di Jedi. Che ci ha portato a tradimento a sostare e a volte superare quella linea di confine che separa il mediatorealprimoincontro dal venditore di pentole, dall’agente assicurativo, dal tossico in cerca di moneta, e per questo l’abbiamo odiato e abbiamo sperato che il giudice potesse diventare il nostro braccio armato, il nostro vendicatore.
Sì, sarebbe facile. E, ammetto, non privo di soddisfazioni.
Tuttavia si sa che la strada panoramica è la più impegnativa da raggiungere ma regala appagamenti più ricercati e un’utile e opportuna visione d’insieme; ed è ancora più gradevole se la si percorre indossando i panni dell’osservatore e inforcando le lenti dell’ironia. E allora prendiamo il telecomando e sintonizziamoci sul canale del National Geographic.
“Scrutiamo con attenzione il nostro Avvocatoinmediazione, detto anche AIM: si tratta di un esemplare dalle sembianze umane, dotato di poteri ancora non completamente circoscritti dai ricercatori ma che vanno ad incidere in modo significativo sul sistema nervoso del mediatore. Pare infatti che, se non intercettato in tempo, sia in grado di manometterne il funzionamento provocando gravi danni, reversibili solo con l’assunzione di psicofarmaci.
Stiamo parlando di una razza molto giovane di avvocati, ottenuta nel 2011 dall’incrocio tra un avvocato civilista e un gatto diffidente. È piuttosto selvaggia quindi tenere l’AIM in appartamento potrebbe non rivelarsi una buona idea. Percepisce l’habitat in cui è costretto a muoversi, le stanze della mediazione, come ostile nella maggior parte dei casi e i tentativi del mediatore di tranquillizzarlo spesso generano l’effetto opposto.
In questi sei anni la razza si è evoluta assumendo al suo interno caratteri distintivi molto diversi tra loro. Possiamo dire che rimane ben poco dei primi esemplari che hanno popolato il mondo della mediazione e che nel 2013 hanno rischiato di estinguersi. Dall’ottobre 2013 il rischio è stato scongiurato e un nuovo vigore ha consentito un proliferare di AIM senza precedenti e che non accenna a diminuire.
I ricercatori hanno condotto degli studi in laboratorio e ora disponiamo di un vademecum che elenca alcuni tipi molto diffusi di AIM e che non può mancare nella cassetta degli attrezzi del mediatore. È doveroso segnalare, tuttavia, che le fattispecie presenti in natura sono molte di più e ci aspettiamo a breve un aggiornamento della lista. Andiamo a vedere ora quali sono i ceppi già isolati e catalogati.
AIM scettico: è portatore di una posizione filosofica nell’ambito della gnoseologia che nega la possibilità di raggiungere, con gli strumenti a disposizione del mediatore, una conciliazione. Conseguentemente, il suo atteggiamento in mediazione è di forte resistenza e totale sordità nei confronti delle istanze del mediatore e dei suoi tentativi di farlo ricredere. Preferisce eventualmente trovare rifugio nel dogmatismo e affidarsi ad un giudice.
AIM disilluso: è un soggetto che porta in sé la sofferenza di chi ha sperato nella mediazione e nel mediatore ma ha collezionato solo delusioni. Anni spesi a considerare il bicchiere mezzo pieno e ora non vede nemmeno più il bicchiere perché si è bevuto tutto il contenuto, specie se alcolico. È come quei cuccioli che quando ti avvicini per accarezzarli, si ritraggono per paura di essere colpiti. Per il mediatore con la vocazione da etologo è una sfida accattivante.
AIM sfidante: la sua indole competitiva è stuzzicata dalla gelosia, dalla paura che la persona a cui si accompagna (spesso definita “cliente”, altre volte “parte”) voglia più bene al mediatore che a lui. Se il mediatore non coglie questa sua insicurezza e non lo accoglie per rassicurarlo, rischia di ingaggiare con lui un combattimento simile a quello tra galli secondo la tradizione induista balinese.
AIM superiore: l’ambiente in cui è cresciuto e quello in cui ha lavorato, hanno generato e fatto crescere in lui quel complesso di superiorità che gli impedisce di rivolgersi al mediatore con un tono privo di noia, insofferenza e lieve (se si è fortunati) disgusto. Per tutto il primo incontro di mediazione ha lo sguardo rassegnato di chi si sente costretto a partecipare ad un consesso di imbecilli e cerca a fatica di farsene una ragione.
AIM cecchino: è composto, misurato, attento e defilato rispetto al suo cliente, che viene incoraggiato ad essere protagonista. Il suo intento è quello di passare inosservato per raggiungere più agevolmente il suo obiettivo: smontare, con un colpo ben assestato sul finire della procedura, tutto il lavoro fatto dal mediatore con le parti. Conosce bene l’importanza dell’effetto sorpresa.
AIM mano di velluto: probabilmente incrociato con una gazza ladra, attende pazientemente che la mediazione produca ipotesi di accordo convenienti per il suo cliente. È in quel momento che agisce, spesso potendo contare sulla complicità del collega di controparte: con fare sicuro e faccia tosta, sottrae tutto il lavoro del mediatore portandolo al sicuro, fuori dalle stanze della mediazione.
AIM shakespeariano: ha una spiccata indole teatrale che asseconda nei toni più drammatici. Si tratta di una forma di narcisismo tale da impedire il lavoro del mediatore se non gli viene riconosciuto il ruolo di protagonista e regista al contempo. L’abilità del mediatore sta tutta nell’assecondarlo e fargli credere che è proprio lui sia il primo violino sia il direttore d’orchestra.
AIM poliedrico: più che molte facce, ha più personalità che possono affiorare durante il procedimento. C’è quella che pensa che il suo cliente voglia vedere, c’è quella che lui stesso vorrebbe avere, c’è quella che vorrebbe mostrare al mediatore, c’è quella che vede riflessa negli occhi del suo cliente, c’è quella che possiede veramente. La vera difficoltà per il mediatore è capire di volta in volta con quale sta parlando.
AIM proselito: faceva parte degli scettici ma è rimasto folgorato durante una mediazione e ha visto la luce. Da quel momento ne è diventato il più convinto sostenitore e ne tesse le lodi ovunque e con chiunque. Pure con i colleghi durante il primo incontro i quali, davanti a tanto fervore, spesso diventano sospettosi. Il mediatore, temporaneamente parcheggiato in un angolo durante l’arringa, tra sé e sé ripensa con un po’ di rimpianto a quando era scettico.
AIM simbiotico: la sua spiccata empatia lo porta a mettersi così tanto nei panni del cliente al punto di vivere la controversia come se fosse propria. Che ne faccia una questione personale è da subito chiaro al mediatore, il quale terrà sotto controllo la parte accompagnata che, solitamente, non tarda a manifestare un certo disorientamento davanti a tanta rigidità e immedesimazione. Non è raro che il cliente, per compensazione, assuma le sembianze di avvocato.
AIM turista: arriva in mediazione con molta curiosità nei confronti di qualcosa a lui sconosciuto. Si aggira intorno al perimetro del procedimento come un turista giapponese davanti ad una chiesa romanica manifestando, a volte in modo casuale, sorpresa e meraviglia. La difficoltà per il mediatore consiste nel trascinare all’interno del perimetro lui e la macchina fotografica dietro cui si nasconde.
AIM mediatore: dichiara subito che anche lui è mediatore, e non è sempre palese se l’intento sia intimidatorio o un mero tentativo di instaurare del cameratismo col mediatore titolare. Se non gli si presentano rilievi procedurali da evidenziare, dimentica in fretta questa sua competenza per far posto ad una competitività senza pari rivelando la sua vera identità, cioè quella di Harvey Due Facce Dent. In casi come questi avere un mediatore che si chiama Bruce Wayne può fare la differenza.”

 

*Mediatrice, Commercialista in Milano