Uno strumento in più per facilitare il dialogo commerciale Italia-Cina

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Grande Muragliadi Roberta Regazzoni*

Le relazioni commerciali Italia-Cina tornano prepotentemente alla ribalta: una serie di avvenimenti recenti ci porta a pensare che la Cina sia sempre più vicina: la visita del presidente Mattarella in Cina; la presentazione del Position Paper 2016/2017 della European Chamber of Commerce in China; la sigla del MoU “on establishing Silk Road Business Council“ tra CCPIT, Camera di Commercio italo-Cinese, Fondazione Italia-Cina ed, infine, l’acquisto del Milan.
Si tratta, come è giusto che sia, di occasioni caratterizzate da molto entusiasmo, grande disponibilità reciproca e calorose strette di mano.
Ed effettivamente anche le PMI guardano al mercato cinese con grande golosità, unitamente a una buona dose di inquietudine/diffidenza. Quest’ultima, in particolare, di quanti hanno già fatto business in Cina e hanno constatato nei fatti la diffusa mancanza di trasparenza e la pressoché impossibilità di rimediare facilmente a un (anche banale) incidente di percorso, ripristinando la relazione commerciale inceppata, creando problemi e controversie.
Il gruppo di lavoro sulle SME della Camera di Commercio Europea in Cina auspica e raccomanda, tra le altre cose, un miglioramento della trasparenza, chiarezza e integrità della normativa riguardante le piccole medie imprese così come un incoraggiamento del rispetto della proprietà intellettuale, uno dei punti (sempre meno) dolenti del rapporto commerciale con la Cina.
Dal 2005 CAM  – che insieme al centro di mediazione del CCPIT  gestisce l’Italy China Business Mediation Center, un centro di mediazione italo-cinese, riceve un certo numero di richieste di aiuto/intervento/assistenza da parte di medio-piccoli imprenditori italiani .
Non si può tacere il fatto che la scarsa cultura imprenditoriale nel nostro paese moltiplichi l’effetto del rischio d’impresa. In CAM constatiamo che l’approccio è spesso “piratesco”/avventato nel senso che l’imprenditore italiano si lancia in ciò che considera come un affare irrinunciabile confidando nel proprio fiuto, o nell’esperienza maturata in altri mercati (più affini al nostro, aggiungo) o sopravvalutando la propria astuzia. E’ l’illusione della lingua del commercio come lingua franca, identica in tutto il mondo.
Sì, fino a un certo punto.
Il tasso di successo di queste operazioni/avventure è limitato e comunque di molto inferiore alle attese. Le problematiche più frequenti riguardano la qualità del prodotto (che è generalmente inferiore rispetto a quella descritta dal venditore), il prodotto stesso (il container che viene aperto e su cui viene effettuato un controllo a campione contiene tutt’altro prodotto), la proprietà intellettuale.
Quando il problema si presenta/palesa è già troppo tardi: nella sterminata Cina dall’enorme numero di produttori, una modalità spesso utilizzata dai piccoli per fare business all’estero è l’intermediario, che allo stesso tempo facilita e complica le cose, perché l’imprenditore italiano che piazza un ordine (anche online) non ne ha la percezione, a lui pare di fare affari direttamente con il produttore. Spesso quindi non conosce il nome dell’azienda e neppure dove sia (e neanche se ancora esiste).
Fino a qui ho parlato di PMI, ma il problema si pone, con profili diversi ,anche per le grandi aziende.
Facciamocene una ragione. Fare business in Cina è tutta un’altra storia.
Avete intuito dove voglio portarvi?
Intanto prima di “aprirvi” alla Cina, studiate. Esistono numerose organizzazioni e associazioni che possono offrirvi gli strumenti necessari per prepararvi al salto (commerciale e culturale). Associazioni di categoria, camere di commercio, team creati a livello comunitario (es. EUSME, IPR SME HELPDESK)ecc..
Se il vostro è un progetto potenzialmente a lungo termine, investite in conoscenza dell’altro. Conoscere meglio la cultura del vostro partner vi renderà più consapevoli nelle vostre scelte strategiche e vi terrà alla larga da molti equivoci e conseguenti passi falsi.
Abbiate già un’idea di cosa fare se insorge una controversia. Esplorate alternative, almeno sulla carta.
Le piccole/medie transazioni avvengono per lo più in assenza di contratti scritti. Negoziateli. Cercate di convincere la controparte a scrivere in maniera sintetica (i 5 punti più importanti per voi) ma chiara le condizioni e termini del business che state intraprendendo. E’ anche vero che nella cultura cinese il contratto non ha il valore finale e definitivo che ha nel mondo occidentale, ma può comunque servire a fare chiarezza. Nelle clausole contrattuali inserite l’esperimento del tentativo di mediazione in caso di controversia – potrete poi aggiungere l’arbitrato, per il caso di fallimento della mediazione, a seconda del valore economico del contratto – meglio ancora se la mediazione viene offerta in maniera congiunta da soggetti italo-cinesi.
Perché la mediazione? Perché prima di siglare il vostro contratto avrete svolto un risk assessment per il caso di controversia. Avrete capito quindi che andare in giudizio in Italia o in Cina potrebbe non risolvervi il problema. Andate a chiedere l’esecuzione di una sentenza di un tribunale italiano in una corte di una sperduta città cinese e poi fatemi sapere. Andate a intentare una causa in una sperduta città cinese e poi fatemi sapere. Andate a chiedere di eseguire un lodo arbitrale in una sperduta città cinese e poi fatemi sapere. Certo, la situazione è in netto miglioramento rispetto a pochi anni fa, soprattutto nei tribunali delle città principali la certezza del diritto e la trasparenza sono ormai principi riconosciuti e radicati.
Il ricorso alla mediazione offre tuttavia un ulteriore beneficio da non sottovalutare nel caso in cui il vostro partner cinese vi sia necessario (i.e. non sia fungibile, non sia facilmente sostituibile con altri simili). Ad esempio perché è affidabile, oppure è ben posizionato, o è più conveniente. Sappiate allora che se in caso di controversia vi rivolgerete al giudice o all’arbitro avete un 90% di possibilità di perderlo. Anche questo è un dato culturale. I problemi si risolvono in casa, direttamente, senza ingerenze estranee e in maniera riservata. In questo modo, senza aver perso/fatto perdere la faccia, la relazione potrà proficuamente continuare.
E soprattutto, non pensiate (come uno stereotipo ancora ben radicato nel mondo legale) che la mediazione sia utile eventualmente solo per la gestione di piccole problematiche. Semmai è il contrario: con il mediatore le parti possono prendere in considerazione tutti i reciproci rapporti d’affari per metterli sul tavolo del negoziato e raggiungere un risultato che, a differenza della decisione di un giudice (per il quale vale il principio del non ultra petita), sia la sistemazione dei rapporti commerciali maggiormente rispondente ai propri interessi e bisogni. E tali rapporti valgono spesso milioni di Euro.
Perché una mediazione presso l’ICBMC? Perché la natura del centro, che ha due sedi operative, una a Milano presso la Camera Arbitrale e una a Pechino presso il centro di mediazione del CCPIT , e quindi due nazionalità, è tale da attrarre la fiducia di entrambi i partners. Sarà quindi più agevole inserire la clausola di mediazione nel vostro contratto e, in caso di controversia, attivare la procedura ottenendo tutte le informazioni necessarie nella propria lingua madre.
Così come il rapporto commerciale, anche la mediazione tra parti italo-cinesi risente moltissimo delle differenze culturali. Nei 12 anni di operatività, il servizio ha acquisito caratteristiche peculiari, ricevendo contaminazioni reciproche tali da renderlo particolarmente affine e omogeneo al tipo di problematiche – commerciali ma anche culturali – che si propone di affrontare (e risolvere).
Clausola standard:
“Parties agree to submit all disputes arising in connection with this agreement to the mediation attempt according to the Italy- China Business Mediation Center (ICBMC) Rules and jointly managed by the Milan Chamber of Arbitration and the Mediation Center of China Council for the Promotion of International Trade in Beijing”

ICBMC desk Milano www.icbmc.it; icbmc@mi.camcom.it
ICBMC desk Beijing tel. 010-82217052, adr@ccpit.org

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* Responsabile promozione mediazione internazionale CAM