di Carola Colombo
Che la mediazione nella sua essenza sia una procedura informale non ce lo dice solo il decreto legislativo n. 28 del 2010. L’opera del mediatore, così difficile da descrivere a chi è digiuno della materia – e, ahimè, a volte anche a chi invece non dovrebbe esserlo – resta sfuggente negli enunciati teorici e assume connotati spesso molto diversi e personali quando la si osserva nella pratica.
L’obbligo vita natural durante del tirocinio consente ad ogni mediatore di venire a contatto con diversi colleghi e con il loro modo di declinare l’informalità del procedimento una volta che la mediazione è entrata nel vivo. L’utilità del tirocinio, magari da prevedere in futuro in una forma più ragionata, è indiscutibile per la possibilità che dà di osservare nuove tecniche e stili di mediazione diversi dal proprio da integrare con le conoscenze già acquisite o da scartare dopo averne verificato la poca efficacia.
Quello che è certo è che, non solo non c’è una mediazione uguale all’altra, ma non c’è nemmeno un mediatore uguale all’altro, anche quando la formazione seguita è la stessa.
In anni di osservazione, sono incappata in tanti “stili” diversi; vorrei riassumere i più divertenti in questa lista semiseria generata in ordine sparso.
MEDIATORE PESCE ROSSO: è un mediatore che nutre una fiducia così grande nella mediazione al punto di pensare che il solo essere presente al tavolo come terzo imparziale possa indurre le parti a sforzarsi di trovare un accordo. Dopo il discorso iniziale, si chiude in un silenzio solenne e osserva le persone come da dietro un vetro, anzi dalla boccia di vetro… Quando i toni si alzano, con uno sforzo sovrumano, può uscire dal suo silenzio e suggerire bonariamente ai presenti di comunicare in modo più pacato. Tutto quel chiasso produce fastidiose vibrazioni nell’acqua in cui nuota…
MEDIATORE FAI DA TE: è un professionista che ha seguito tutta la formazione richiesta dalla legge, si è sottoposto di malavoglia ai role playing in aula e, una volta abilitato, ha deciso che la teoria è bella ma sopravvalutata e la cosa migliore è farsi guidare dall’istinto. Quindi si avventura nella mediazione smodatamente fiducioso che, quando sarà il momento, saprà esattamente cosa fare. Qualche volta può andargli bene; più spesso, dopo la prima mezzora, appare agli occhi dei presenti come un tizio che gira in modo scombinato nella stanza con un sacchetto in testa.
MEDIATORE PUDICO: come la maggior parte dei mediatori in circolazione, si è avvicinato alla mediazione da professionista in altro campo, in cui tuttora opera e guadagna. Ha giurato e spergiurato che durante le mediazioni avrebbe smesso le vesti della sua professione d’origine ma, ogni qual volta è chiamato a farlo, la sensazione di essere nudo è troppo forte e si copre ancora di più con le sue competenze tecniche. Ovviamente promettendo a se stesso che è solo per questa volta e che può smettere quando vuole….
MEDIATORE SENZA CONFINI: passi il concetto di “imparzialità”, ma quello di “neutralità” gli è decisamente oscuro. A volte si tuffa nella controversia come se arrivare ad una conciliazione fosse una questione di onore. Il suo onore, per la precisione. Altre volte è nella relazione con le parti e con gli avvocati che non riesce proprio a non farne una questione personale. Ordina, polemizza, si offende, è sarcastico, lasciando ai presenti quella fastidiosa sensazione di essere entrati in mediazione con un problema e di uscirne con due….
MEDIATORE PRIGIONIERO: al corso di formazione gli hanno spiegato le fasi della mediazione e la sequenza con cui condurre la procedura. Le ha studiate bene, le ha assimilate e al tavolo di mediazione le vuole applicare. E senza sbavature, ovviamente. Non si capacita di come le parti e i loro avvocati si prendano la libertà di agire in modo diverso da quanto ha studiato sui libri e imparato ai corsi. Quindi, davanti ad atteggiamenti e dinamiche non previste può reagire in due modi: si sente in preda al panico e assume le sembianze del pesce rosso con un sacchetto in testa, oppure si abbandona all’ira davanti ad un chiaro complotto volto a rendergli la vita difficile.
MEDIATORE BADANTE: una delle parti del corso di formazione che gli è rimasta più impressa è la preparazione del setting, al punto tale da rimanere turbato ogni qual volta si trova a dover mediare in un ambiente non corrispondente all’ottimale. Sedie diverse gli provocano tachicardia, un tavolo grande e dispersivo predice sciagure, i rumori esterni sono un affronto personale. Arriva all’appuntamento con una borsa piena d’acqua, bicchieri, caramelle, penne, fogli e tutto ciò che può rendere confortevole la permanenza alle parti e ai loro avvocati. E trascorre il tempo della mediazione a riempire d’acqua i bicchieri, offrire caramelle e pregare di non interrompere chi parla ma di prendere appunti con carta e penna messe a loro disposizione.
MEDIATORE BIANCONIGLIO: è insofferente alle chiacchiere poco produttive, entra subito in agitazione se gli avvocati si dilungano su aspetti poco pertinenti alla mediazione e prova uno sconfinato senso di frustrazione se le parti litigano animatamente allontanandosi dall’oggetto della controversia per cui sono giunte davanti a lui. Guarda spesso l’orologio e richiama i presenti “dispersivi” sull’importanza di impiegare il tempo nella maniera più produttiva possibile, specie se considera le indennità maturate non remunerative dell’impegno che gli viene richiesto o se si sta avvicinando il momento dell’impegno successivo che ha preso.
MEDIATORE CRONOMETRISTA: nel discorso iniziale sottolinea con una certa enfasi che a tutte le parti verrà dato lo stesso tempo per parlare e la sua missione è quella di governare con massima precisione l’equilibrio promesso. Per questo non può accettare che nella fase espositiva le parti si interrompano e, quando lo fanno, interrompe a sua volta, come in un moto perpetuo, richiamando le regole iniziali. Regole a cui si attiene scrupolosamente anche bilanciando le sessioni separate nel numero e nella durata, indipendentemente da quello che hanno da dire le parti, inscenando a volte cortesi conversazioni sul nulla in attesa che il timer suoni.
MEDIATORE ANNUENTE: è quel mediatore che dà ragione a tutti di default, annuendo senza sosta quando parti e avvocati parlano. Non prende posizioni ma ritiene che questo atteggiamento sia incoraggiante per tutti per avviarsi verso la ricerca di un accordo. È una variante del Mediatore Pesce Rosso ma i due tipi si differenziano per un aspetto determinante: il MPR osserva con distacco ciò che succede senza sentirsene responsabile in alcun modo, mentre il MA, davanti all’escalation del conflitto o all’arroccamento sulle posizioni, resta spiazzato e frustrato dal non poter più usare il suo strumento preferito, neanche fosse colpito da un fulminante attacco di cervicale…
MEDIATORE PSICOTERAPEUTA: va alla ricerca a tutti i costi di un problema relazionale tra le parti che, a suo giudizio, è certamente nato al di fuori della vertenza – pretestuosa – che hanno portato in mediazione. Si lancia in incontri separati, possibilmente escludendo gli avvocati, in cui cerca di far emergere almeno un episodio nel loro passato che abbia generato rabbia, rancori e paure, confidando in un perdono più che in un accordo. Nulla possono le sempre meno timide proteste della parte che giura di non conoscere quasi il conduttore e vorrebbe solo che i canoni di locazione fossero pagati… Il MPT si convince che una tale ritrosia sia dovuta all’avvocato che ha fatto il lavaggio del cervello al proprio cliente.
MEDIATORE DITTATORE: chiarisce subito che lui è il mediatore e che in mediazione si procede come decide lui. Ha una personalità forte e diventa una belva se capta anche solo l’intenzione delle parti e soprattutto degli avvocati di utilizzare la mediazione in modo strumentale per avere vantaggi esterni. Conduce la procedura con mano ferma e secondo il passo che ritiene più opportuno, assecondando il suo protagonismo attraverso il mantra: “So io cosa è meglio per voi…”. Ha dei tratti in comune con il Mediatore Senza Confini ma la differenza sostanziale è che quest’ultimo si pone allo stesso livello delle parti mentre il Dittatore si colloca al di sopra di tutti. Può arrivare in mediazione indossando una tuta mimetica.
MEDIATORE ALL INCLUSIVE: è il mediatore totalmente votato alla mediazione che sta gestendo. Raccoglie in sé alcuni tratti dei mediatori già analizzati pur calibrando, quando è all’opera, un po’ meglio il proprio ego: sistema il setting, governa la procedura nei modi e nei tempi, è efficiente, buon osservatore, verbalizza, cambia l’aria all’ambiente e regola il termostato. Non di rado, se le sue conoscenze glielo concedono, l’all inclusive dispensa anche qualche consulenza tecnica, giusto per non perdere tempo. Quando torna a casa si riappropria di tutto l’ego, registra l’esito della mediazione e ricalcola la percentuale di successi ottenuti, mentre mette a punto il discorso di ringraziamento che pronuncerà quando gli verrà conferito ai Med Awards il premio quale migliore mediatore del globo…