Lo scorso 9 novembre ho avuto l’onore di partecipare a un incontro trilaterale organizzato dall’INTA (International Trademark Association)
Al fischio di inizio, in campo, con me, Filipe Fonteles Cabral, dal Brasile, e l’argentino Martin Chajchir, tutti e tre mediatori e consulenti in proprietà intellettuale (IP).
Tra il pubblico, colleghi avvocati e consulenti in IP da tutto il mondo, alcuni tifosi e qualche curioso.
In palio nessuna coppa, piuttosto un amichevole confronto sull’attuale sviluppo della mediazione nei rispettivi Paesi, con particolare attenzione al nostro settore professionale di riferimento, che riguarda la tutela dei marchi, del design, i nomi a dominio e altri segni distintivi.
Dopo le presentazioni di rito e qualche passaggio di riscaldamento, la palla è passata subito a me, che ho illustrato l’evoluzione dell’istituto della mediazione in Italia, nella cornice europea, specificando che la proprietà intellettuale non rientra attualmente tra le materie nelle quali il tentativo è condizione di procedibilità di un’azione giudiziaria.
Il Brasile è passato subito al contrattacco, snocciolando dati sulla recente legislazione brasiliana in materia, che ha reso la mediazione obbligatoria nella maggior parte del contenzioso civile, con una percentuale di accordi del 32% nel corso delle 2.744 procedure conclusesi nel 2016. Le corti specializzate in IP brasiliane inviano in mediazione tutti i casi ad esclusione di quelli per i quali non è ammessa la composizione amichevole, ad esempio, per le cause di nullità di un titolo di privativa.
L’Argentina non è rimasta ferma a guardare e il pubblico ha potuto vederla correre dietro al pallone, mentre illustrava le caratteristiche principali dell’istituto, che ha visto il successo nel 37% dei casi di IP affrontati.
Sul campo i giocatori hanno condiviso anche le fatiche legate alle culture in campo, tutte e tre mediterranee e inclini alla litigiosità, le resistenze dei giudici, soprattutto in Brasile, e quelle degli avvocati, particolarmente in terra italiana.
Questi ultimi, prima più ostili, forse anche per un’irrazionale paura, ora sembrano più preparati, allenati e disposti a passare la palla anche al mediatore.
La questione culturale è ancora attuale, in tutti e tre i Paesi a confronto. Al fischio finale, il risultato dell’incontro è che quando le parti, gli avvocati e i giudici scendono in campo con i mediatori, e senza un arbitro, il gioco di squadra premia tutti.
* Consulente in Proprietà Intellettuale; Mediatore