Bail-in e Decreto “Salva banche”: arbitrato e/o mediazione?

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di Giovanni Matteucci

Al fine di gestire in maniera uniforme nei Paesi membri le crisi bancarie, senza ricorrere all’intervento degli Stati, l’Unione Europea ha approvato la BRRD Bank Recovery and Resolution Directive, Direttiva 2014/59/UE .
Se una banca è in situazione di dissesto, si possono:
– vendere parte delle sue attività ad un acquirente privato;
– trasferire i NPL (non performing loans) ad un veicolo (bad bank) che provveda alla loro liquidazione;
– attribuire attività e passività ad un veicolo (bridge bank) che ne assicuri la gestione; tale veicolo andrà messo in vendita in tempi ragionevoli;
– da ultimo, attuare il bail-in (salvataggio interno alla banca), tramite svalutazione / azzera-mento di azioni e crediti per assorbire le perdite, senza costi per i contribuenti.

L’intervento pubblico è previsto in situazioni assolutamente eccezionali, nel caso di rischi sistemici.
Le attività passibili di svalutazione / azzeramento sono, in ordine di priorità:
– azioni e strumenti di capitale;
– obbligazioni subordinate (junior debt);
– obbligazioni non subordinate (senior debt);
– depositi oltre i 100.000 euro.
Esclusi : depositi con saldo fino a 100.000 euro; obbligazioni garantite (es., certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia); debiti verso dipendenti, fisco, enti previdenziali e fornitori.
L’iter di recepimento della Direttiva 2014/59/Ue nell’ordinamento giuridico italiano si è concluso con l’approvazione dei decreti legislativi 18/2015 e 181/2015.

Decorrenza del bail-in, 1.1.2016.
Da alcuni anni, in Italia, quattro banche (Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio della provincia di Chieti) presentavano accentuati elementi di criticità. La piena operatività del bail-in, dall’ inizio del 2016, avrebbe comportato conseguenze nefaste per la loro sopravvivenza, per la stragrande maggioranza dei loro clienti e per i territori di appartenenza. Con estrema urgenza, quindi, il 22 novembre 2015 è stato il D.L. 183/2015 , da subito denominato “Salva banche” da alcuni, “Ammazza obbligazionisti” da altri.

Infatti:
– i NPL , svalutati di oltre l’80 %, sono stati trasferiti ad una bad bank;
– la liquidità, le posizioni di rischio non critiche ed altre attività sono state assegnate a quat-tro bridge banks, da rivendere al miglior offerente in tempi non lunghi;
– le obbligazioni subordinate in mano a 12.459 clienti, per un valore complessivo di euro 431 milioni di euro, sono state azzerate (unitamente alla totale perdita di valore delle azioni)
http://www.repubblica.it/economia/2015/12/13/news/salva_banche_ci_sono_12_500_obbligazionisti_coinvolti-129410220/?ref=HRER1-1
Clienti nella stragrande maggioranza piccoli risparmiatori, convinti di aver investito il loro denaro in maniera sicura: guadagni modesti ma garanzia del capitale. Per di più, nella maggior parte dei casi, sembra senza adeguata informazione sul rischio cui andavano incontro da parte egli istituti di credito che vendevano loro i prodotti finanziari. Molte di queste persone hanno perso i risparmi di una vita, una si è suicidata. Ben poco ancora si legge di eventuali aziende, cui erano stati concessi fidi contestualmente alla sottoscrizione di quei titoli; i loro affidamenti verranno confermati ?
Il Governo italiano aveva pensato ad una soluzione indolore per gli obbligazionisti, censurata dalla Commissione europea come aiuto pubblico e, quindi, contraria alla direttiva da poco entrata in vigore. Rimpallo di attribuzione di responsabilità tra Governo e Commis-sione, che ha portato anche ad un’inusuale pubblicazione della lettera con cui i commissari ai Servizi finanziari e alla Concorrenza ribadivano l’impossibilità di ricorrere ad aiuti di Stato http://it.reuters.com/article/bondsNews/idITL8N14C1IB20151223 .
In Italia le proteste, anche di piazza, sono state numerose e si prospettano molte mi-gliaia di controversie legali. Il governo, con la Legge di Stabilità per il 2016 (commi dall’855 all’861) ha dato vita ad un fondo massimo di 100 milioni di euro (alimentato principalmente dal ceto bancario) ed ha preannunciato la costituzione di un organismo arbitrale, che analizzi le situazioni una per una e, lì dove riscontri non osservanza della normativa, deliberi un ristoro totale / parziale delle perdite. Considerato il forte divario tra le somme perse e quelle disponibili, è altamente probabile che l’intervento dell’arbitro non sarà risolutivo e che le cancellerie dei tribunali verranno intasate, ancor di più rispetto all’esistente. Inoltre, non è improbabile che le bridge banks perdano clienti e depositi, con una riduzione degli effetti positivi dell’azione di risanamento. Arbitrato tra i clienti che reclamano i loro soldi e quale controparte ? in pratica lo Stato. Last but not least, le elezioni amministrative alle porte (primavera 2016), per cui il problema di migliaia di persone sarà utilizzato come clava politica e non analizzato in maniera razionale.
Ben difficile, quindi, che l’arbitrato possa risolvere la questione. Ad esso si potreb-be affiancare un altro strumento, la MEDIAZIONE, anche perché la Legge di Stabilità 2016, all’ art. 1, comma 857, lettera d, stabilisce che con decreto ministeriale saranno definite “le procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale”.
Le parti in questa controversia sono :
– gli obbligazionisti subordinati, che vogliono rivedere i loro denari;
– le bridge banks, che (al fine di mantenere appetibilità nei confronti di potenziali acquirenti) hanno interesse a mantenere i depositi e recuperare reputazione; la “buona fama” perduta non la si riacquista solo con la pulizia dei bilanci ed il cambio dell’alta direzione perché, come ammoniva Einaudi, “I risparmiatori hanno gambe da lepre e memoria da elefante” ;
– la bad bank, che ha interesse a liquidare in maniera redditizia i propri assets, peraltro in carico a valori di ultra-saldo;
– gli scheletri delle vecchie banche, gusci ormai vuoti.
Controversa, da un punto di vista giuridico, la responsabilità civile delle bridge banks e della bad bank ; in altre parole, superfetazione del numero delle controversie giudi-ziali, compresa l’eccezione di costituzionalità.
Per cui, “focus on interest, not position”.
L’arbitrato può giungere ad un’unica soluzione: ragione o torto (e non ci saranno denari sufficienti per tutti coloro che risulteranno aver ragione). Non prende in considera-zione scelte alternative, che tengano conto di eventuali altre necessità dei soggetti contrapposti. Possibilità, invece, realizzabile con la procedura di mediazione.
Per esempio :
– se qualcuno ha perso i soldi che aveva messo da parte per comprare la casa per sé o per il figlio, oltre ad un ristoro parziale della perdita, in mediazione si potrebbe concordare un mutuo ventennale (da parte della bridge bank) a tasso particolarmente contenuto e spese zero; oppure potrebbe esserci qualche immobile, collegato ad una posizione in carico alla bad bank, che potrebbe essere ceduto al cliente ad un prezzo particolarmente vantaggioso: soddisfatto quest’ ultimo e guadagno per la bad bank;
– se qualcuno ha perso denari, che gli sarebbero serviti per integrare la pensione futura, oltre ad un ristoro parziale, in mediazione si potrebbe convenire per un fondo individuale pensionistico (che attualmente rende ben di più dei tassi correnti e gode di agevolazioni fiscali consistenti) con un versamento iniziale di vari anni da parte della bridge bank (onere annuo modesto e spalmato nel tempo, fidelizzazione del rapporto);
– se qualcuno ha perso risparmi accantonati per eventuali spese mediche, o per l’assistenza sanitaria in vecchiaia, oltre ad un ristoro parziale, la bridge bank potrebbe offrire una polizza sanitaria o una long term care pagando i premi per i primi dieci anni (anche qui, onere annuo modesto e spalmato nel tempo, fidelizzazione del rapporto);
– se si tratta di un’impresa (in buona parte escluse dal provvedimento del governo – Il ricorso la Fondo di solidarietà “è riservato agli investitori che siano persone fisiche, imprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti” ; Legge di Stabilità 2016, c.855), oltre ad un ristoro parziale, in mediazione si potrebbe convenire un finanziamento pluriennale a tasso molto modesto, erogato dalla bridge bank, e l’assistenza gratuita da parte di quest’ultima per partecipare alla selezione per un finanziamento europeo (compresi i fondi destinati dalle regioni italiane alle aree in crisi);
– oltre al ristoro parziale nei confronti di obbligazionisti subordinati, la bridge bank potreb-be offrire loro obbligazioni (NON subordinate !) per esempio a cinque anni, con opzione, alla scadenza, di restituzione del capitale o conversione in azioni (in pratica, l’alternativa alla firma di cambiali da parte di un debitore con carenza di denaro).
In una controversia dove una delle parti è un fornitore di più prodotti o più servizi, quale una banca, le possibilità di trovare una soluzione aumentano in maniera esponenziale. E, scandagliando le varie necessità dei soggetti, si può giungere ad un accordo, se non ottimale, quanto meno soddisfacente per tutti. E con un beneficio, indiretto, per i territori in cui costoro vivono ed operano.
La mediazione, inoltre, potrebbe essere utile anche alla bad bank : la “mediation in bankruptcy” è utilizzata da decenni negli Usa e sta per entrare nella normativa italiana per la gestione della crisi di impresa e dell’insolvenza
http://www.mondoadr.it/cms/articoli/mediation-bankruptcy-prossima-ventura-italia.html .
Il tutto su base volontaria e gestita tra privati. Per cui la Commissione europea non si opporrebbe. Anzi ! E l’esperienza italiana potrebbe divenire caso di studio per altri Paesi membri, dove si stanno riscontrando problematiche analoghe .