L’arte della mediazione (5): l’utilizzo della domanda

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*Raffaella Verga

Il nostro atteggiamento più orientato all’io che al tu non ci permette di ascoltare veramente, in modo autentico, attivo, partecipativo, empatico e di lasciarci andare nel flusso di pensiero della persona che abbiamo davanti.

Cosa significa lasciarsi andare nel flusso di pensiero della parte?
Significa spegnere il nostro dialogo interno, essere totalmente “sintonizzati”  sulla parte e lasciarsi trasportare da ciò che la persona ci sta dicendo mettendo da parte la nostra necessità di:
•    guidare il dialogo,
•    controllare la situazione,
•    dire la nostra.
Tendenzialmente il più grosso ostacolo al lasciarsi andare nel flusso di pensiero della parte è rappresentato dalla nostra necessità di tenere la situazione sotto controllo.
La “paura” di perdere il controllo ci trattiene dal lasciarci andare e trasportare nel flusso.
Come dicevamo poc’anzi, l’ascolto autentico ed il lasciarsi andare nel flusso di pensiero rappresentano le uniche condizioni attraverso le quali poter cogliere le parole chiave, agganciarle e sulla base di queste formulare le domande.
Le domande giuste al momento giusto.

Le domande sono uno strumento potentissimo che ci permette di far “spostare” le parti dalle loro posizioni di partenza; ricordiamo che le posizioni sono “rigide” e le parti sono “ancorate” (“arroccate”) ad esse.
Trincerarsi dietro le posizioni è una sorta di difesa della quale tutti noi abbiamo bisogno; lo strumento più potente che abbiamo a disposizione noi mediatori per far spostare veramente le parti è l’utilizzo delle domande, ossia l’arte della maieutica (il “tirar fuori”). Le domande sono di 6 tipi: aperte, circolari, ipotetiche, ipotetico – circolari, di riformulazione e chiuse. Le domande vanno poste al momento giusto.

Cosa intendiamo per momento giusto?
Una tecnica efficace e che ci serve da “guida” nella formulazione delle domande al momento giusto è la “Tecnica a imbuto”, che ci suggerisce di formulare all’inizio solo domande aperte, di scoperta e di riformulazione, che ci permettono di conoscere meglio la situazione, di indagare e di comprendere se abbiamo capito bene ciò che la parte ci sta comunicando.
E’ importantissimo non dare MAI nulla per scontato, altrimenti cadiamo in uno dei grandi errori della comunicazione.

Nel colloquio di apertura, nel quale le parti sono congiunte, utilizziamo sempre domande aperte e di riformulazione.
Nei colloqui separati, riprendiamo la fase di indagine con le domande aperte e quelle di riformulazione per cercare di “andare più a fondo”; è molto probabile che la parte, se approcciata nel modo corretto (coach approach), si apra molto più facilmente nel colloquio individuale a tu per tu con il mediatore (che non deve mai dimenticare di verbalizzare alla parte che i colloqui sono strettamente riservati e che tutto ciò che si diranno non verrà riportato all’altra parte se non dietro esplicita richiesta della parte con la quale stiamo per intraprendere il colloquio individuale).
Dopo aver compiuto la fase di indagine e di raccolta delle informazioni (delle quali non dobbiamo mai essere sufficientemente “sazi”) attraverso le domande aperte, e solo dopo essere riusciti a creare il giusto Rapport (ossia il feeling e l’empatia con la parte) possiamo passare alle domande circolari (ossia quelle domande che aiutano la parte a mettersi nei panni dell’altro) e a quelle ipotetiche ed ipotetico circolari.

Quali strumenti abbiamo a diposizione per generare Rapport?
La PNL ci aiuta attraverso due potenti strumenti a creare il feeling e l’empatia con la parte, ossia a generare Rapport; questi due strumenti sono la Calibrazione ed il Ricalco.
Calibrare significa cogliere tutte le sfumature del non verbale, del para verbale e del verbale espresse ed utilizzate dall’interlocutore; significa avere le famose “antenne comunicative” attive ed allenate nel cogliere tutti questi elementi al fine di poterli ricalcare.
Il ricalco è molto delicato, deve essere utilizzato con “cautela” e nei tempi giusti; per eseguire un ricalco efficace dobbiamo essere ottimi osservatori dell’atteggiamento della parte e ottimi ascoltatori per recepire al meglio il para verbale ed il verbale dell’interlocutore.
Esistono tre tipi di ricalco: quello del non verbale, quello del verbale e quello del para verbale.
Il ricalco del non verbale si realizza nel “riprodurre” l’atteggiamento adottato dall’interlocutore, ma con grande attenzione a non cadere nello “scimmiottamento” della parte.
Per adottare un ricalco efficace del non verbale, la PNL ci dice di ricalcare in “tono minore” e di attivare il ricalco dopo un certo tempo.

Riportiamo un semplice esempio molto basico: la parte si adagia sullo schienale della sedia e si mette a braccia conserte; lasciamo trascorrere qualche secondo al fine che l’atteggiamento della parte si “consolidi” e mettiamoci anche noi appoggiati allo schienale della sedia.

Questo esempio va “allargato” a tutti i tipi di atteggiamenti, sia negativi che positivi o misti.
Molto importante diventa anche il ricalco della prossemica, ossia della gestione dello spazio.
Analizziamo ora il tipo di ricalco portato in esempio: anche noi ci appoggiamo allo schienale della sedia, ma ricalchiamo in tono minore perché non ci mettiamo a braccia conserte, al massimo possiamo mettere le mani sovrapposte sulle gambe, e prima di appoggiarci allo schienale aspettiamo qualche secondo.
Ricordiamoci, però, di non interrompere MAI il canale visivo, significa che anche se la parte abbassa lo sguardo o si mette a guardare altrove, noi dobbiamo sempre mantenere il nostro sguardo sulla parte.

Il canale visivo è il primo canale di comunicazione!

Per ciò che concerne il ricalco del para verbale, dobbiamo prestare particolare attenzione al tono utilizzato dalla parte, al volume ed alla velocità del suo eloquio.
E’ importante che il mediatore ricalchi questi tre elementi e se la parte parla lentamente si sforzi di parlare anche lui lentamente, se parla velocemente deve a sua volta parlare velocemente, se la parte utilizza un volume basso adeguare il suo volume e così via, altrimenti rischia di “perdere” la parte.
Abbiamo visto, negli anni passati in simulazioni di setting, che la fatica maggiore si fa sulla calibrazione della velocità: chi parla velocemente fatica a rallentare e chi parla lentamente fatica a velocizzarsi; bisogna allenarsi!
E’ fondamentale l’allenamento sul para verbale, soprattutto sulla calibrazione della velocità e del tono.

La calibrazione e ricalco del verbale, anche chiamata “Traduzione del linguaggio”, consiste nel cogliere la tipologia di linguaggio utilizzata dalla parte (es. parla in modo forbito o in modo “popolare”), le sue espressioni “forti” caratterizzanti, le sue parole chiave ed introdurre tutto ciò nel nostro discorso; in questo modo la parte avrà l’impressione di “parlare la stessa lingua” e si sentirà compresa, capita.
Molto spesso noi rispondiamo ad una tipologia di linguaggio continuando ad utilizzare il nostro codice verbale, qui si tratta di “tradurre” il nostro codice in quello dell’interlocutore (nostra flessibilità mentale e linguistica).
Per fare questo, chiaramente, dovremo essere veramente “sintonizzati” sull’interlocutore.

(5 – fine)

*Mediatore civile e professore universitario in un master Adr presso l’università E-Campus occupandosi di insegnare la gestione psicologica del conflitto e le tecniche di negoziazione efficace.