di Stefania Lattuille*
Se, prima del Decreto del Fare, il ruolo dell’avvocato che affianca la parte in mediazione era importante, ora, alla luce delle novità in materia, si può dire che sia divenuto fondamentale.
Le nuove disposizioni valorizzano infatti l’apporto dell’avvocato in mediazione sia con l’obbligo di assistenza tecnica che con l’apposizione della firma in calce all’accordo di conciliazione ai fini dell’esecutività.
Da sempre, il buon andamento della mediazione dipende in gran parte dalla preparazione del cliente effettuata dal legale e, perché ciò avvenga, occorre che l’avvocato conosca questo strumento e sappia come utilizzarlo al meglio.
E’ infatti l’avvocato
a dover spiegare al suo assistito la natura della mediazione e i vantaggi ad essa collegati, a dover valutare se la mediazione sia la strada migliore da seguire per risolvere la controversia (valutazione, oggi, ancora più rilevante dal momento che l’”obbligatorietà” è limitata al primo incontro), a proporre al cliente un determinato Organismo di Mediazione, ora anche territorialmente competente.
Nella prassi poi l’avvocato assiste – e ancor di più assisterà – la parte sin dal momento della presentazione dell’istanza di mediazione o di adesione alla procedura, mentre durante gli incontri avvocato e assistito contribuiscono, in modo diverso ma interdipendente, alla buona riuscita della mediazione: gli avvocati in quanto esperti del procedimento di mediazione e delle norme applicabili alla fattispecie, i clienti perché a conoscenza delle circostanze di fatto e delle questioni sostanziali sottese alla controversia.
Determinante è poi il ruolo dell’avvocato nella fase finale della mediazione, con riferimento sia alla scelta di chiudere la procedura con esito negativo (dovendo valutare con il proprio assistito se vi siano maggiori possibilità di ottenere un migliore risultato continuando la mediazione o agendo giudizialmente), sia alla redazione dell’accordo conciliativo, momento in cui il legale è tenuto oggi non solo al controllo della puntuale attuazione degli accordi raggiunti, ma anche alla certificazione della loro conformità all’ordine pubblico e alle norme imperative al fine di generare con la sua firma un titolo esecutivo.
Previsione, quest’ultima, grandemente innovativa che crea una nuova competenza in capo all’avvocato, senza aggiungere granché, in punto responsabilità, rispetto alla consulenza prestata per la redazione dell’accordo conciliativo.
Alla luce delle modifiche legislative deve quindi ritenersi potenziata una nuova professionalità, quella dell’avvocato esperto in mediazione che sa come ottimizzare la gestione negoziale della controversia in tale sede.
Grazie a tale professionalità l’avvocato riesce a sfruttare al meglio, nell’interesse del proprio assistito, le potenzialità che la mediazione offre in un contesto che per le sue caratteristiche -quali il ruolo del mediatore, la presenza personale delle parti e la riservatezza- garantisce esiti favorevoli, anche dal punto di vista della qualità degli accordi raggiunti.
Diventa ancora più urgente pertanto l’impegno della categoria ad approfondire le tematiche inerenti la mediazione e i prossimi quattro anni serviranno a capire se quest’opportunità verrà colta, laddove è evidente che l’avvocatura, quale filtro di accesso alla giustizia, potrebbe divenire il volano per un efficace e proficuo sviluppo della mediazione.
*mediatore, avvocato in Milano