Intervista a Leonardo D’Urso

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Oggi incontriamo Leonardo D’Urso, socio fondatore di ADR Center, organismo di mediazione tra i più noti, il primo soggetto privato ad operare nel settore dell’ADR, precorrendo i tempi ed aprendo la strada ai molti operatori attuali.

Sei stato tra i primi professionisti in Italia ad interessarti di mediazione. Quali sono stati i motivi della scelta?
Negli anni ’90, studiavo negli Stati Uniti e una delle materie del secondo anno del mio MBA era incentrata sulle tecniche di negoziazione per creare accordi commerciali. Nello stesso periodo, anche Giuseppe De Palo, con cui avevo appena terminato il servizio militare come ufficiale di complemento in Guardia di Finanza, frequentava un LLM (Master in Legge) a Berkeley. Anche lui studiava tecniche di negoziazione per risolvere conflitti commerciali. Ci chiedemmo come mai negli Stati Uniti in due percorsi formativi diversi, il mio economico e il suo giuridico, vi era una materia molto simile. Rimanemmo ben presto entrambi affascinati da quel campo di studio ancora inesistente in Italia. Presto scoprimmo che esisteva un preciso sbocco professionale come mediatori. Con un po’ di faccia tosta, Giuseppe chiese di poter assistere a delle mediazioni presso JAMS, il più grande organismo privato di mediazione al mondo. Ben presto mi unii a lui nell’assistere i maggiori mediatori americani in azione ed entrambi rimanemmo folgorati da come mediatori esperti riuscissero a risolvere controversie legali complessissime. Dopo qualche anno rientrati in Italia, nel 1998 con tanta incoscienza fondammo ADR Center scommettendo tutto il nostro futuro professionale sulla mediazione.
Il dibattito sulla mediazione in Italia è incentrato soprattutto intorno alla mediazione obbligatoria. Cosa ne pensi?
Come ogni mediatore della prima ora, credevo che la mediazione obbligatoria fosse una contraddizione in termini. Purtroppo, e sottolineo purtroppo, mi sono dovuto ricredere. L’esperienza italiana si è rivelata molto diversa rispetto alle aspettative iniziali. I numeri parlano chiaro. Dalla metà degli anni ’90 al 2010 nonostante i grandissimi sforzi promozionali, la mediazione volontaria non ha fatto grandi passi avanti e il suo ricorso è stato irrilevante in termini numerici rispetto ai 4,4 milioni di cause sopravvenute all’anno e ai 5,4 milioni di cause pendenti. Solo con l’entrata in vigore del D.Lgs 28/10 il tema della mediazione è sorto all’attenzione degli operatori della giustizia civile e ha prodotto un buon 50% di successo tutte le volte che le parti si sedevano introno ad un tavolo con un mediatore. Se ce ne fosse stato ancora bisogno, l’effetto della sentenza della Consulta è stata la prova del nove. Credo che il nuovo modello di mediazione introdotta con il Decreto del Fare sia un buon compromesso che elimina alcune storture presenti nel vecchio modello.
Qualità della mediazione: dopo un momento di attenzione intorno al Libro Verde del Ministero della Giustizia, non se ne parla più. Perché, secondo te?
L’assenza di alti standard qualitativi nella mediazione è stata ed è ancora il vero punto dolente. Alcune volte ci siamo ritrovati a difendere l’indifendibile e la parte più ostile dell’avvocatura ha avuto buon gioco nel fare di tutta l’erba un fascio. Spero che il nuovo ufficio del Registro del Ministero possa prendere spunto dal Libro Verde e delle risposte pervenute per iniziare una nuova stagione incentrata sulla qualità della mediazione. Noi insieme a Resolutia e Quadra abbiamo da poco rilanciato un “Codice di autoregolamentazione ed etico” volto a tutti gli organismi di mediazione.
Sei stato coinvolto e tuttora collabori con molte realtà ADR di altri paesi. Paragonata ad altri paesi, come si presenta la situazione nel nostro paese?
Abbiamo di recente iniziato due progetti – coordinati da Giuseppe De Palo – molto impegnativi in Afghanistan e Kenya per aiutare le autorità locali nel realizzare dei centri di mediazione. Negli ultimi 15 anni abbiamo gestito progetti sull’ADR in quattro continenti dalla Nigeria a Barbados e abbiamo imparato moltissimo dagli altri modelli di mediazione. Adesso il vento è cambiato e moltissimi paesi stanno guardando con molto interesse il nuovo modello italiano di mediazione. Se nei prossimi mesi dimostreremo che questo nuovo modello funziona bene, l’Italia diventerà un esempio da seguire in tutto il mondo nel campo della mediazione.
Ti sappiamo coinvolto in politica. C’è qualche nesso logico con la mediazione oppure sono passioni del tutto indipendenti?
Non c’è un nesso diretto con la mediazione, ma piuttosto con i miei recenti studi e una mia prossima pubblicazione in tema di Economia della Giustizia. Un settore in cui – con alcune autorevoli eccezioni – si è scritto molto poco in Italia. Per questa ragione cerco di apportare il mio contributo di studioso di economia ad un gruppo tematico sulla giustizia civile di un movimento politico.