A cinque mesi dalla sentenza della Corte costituzionale 272/2012 proviamo a tracciare un bilancio di quello che ha comportato l’introduzione della mediazione obbligatoria, ormai venuta meno, in termini di utilizzo dello strumento mediazione in generale (vedi le statistiche ministeriali).
Un primo punto importante: contrariamente a quanto riportato da diverse fonti, la mediazione ha conseguito risultati degni di nota se quasi la metà degli incontri avvenuti durante l’anno 2011-2012 ha portato al raggiungimento dell’accordo (43,9 %).
Consideriamo poi il tasso di definizione con accordo che si è riscontrato nei diversi Organismi di mediazione, dove per tasso di definizione si intende il rapporto tra il numero di procedimenti conclusi con accordo e il numero totale dei procedimenti in cui compare l’aderente. Quello riscontrato presso le sedi delle camere di commercio è il più alto (48,6%). A seguire troviamo gli organismi privati (46,4%), Ordini professionali diversi da quelli degli avvocati (36,3%) e gli Ordini degli Avvocati (33,6%).
Ovviamente il tasso di definizione si riferisce ad incontri effettivamente avvenuti, in quanto hanno partecipato sia la parte istante sia quella invitata. La maggioranza delle parti invitate in mediazione non ha presenziato all’incontro (67,3%). Un dato rilevante che fa riflettere: scarso interesse alla mediazione (in alcuni casi la mediazione non era certamente adatta alla gestione del caso) ma anche poco efficace la campagna di sensibilizzazione sul tema. A questo si aggiunga il pregiudizio negativo giustificato nei confronti dello strumento e della non sempre eccelsa qualità del servizio offerto. In ogni caso rispetto alle domande di mediazione portate agli organismi ci troviamo davanti ad un 15% di casi risolti grazie al mediatore. Tanti? Pochi? E’ verosimile che la definizione di ambiti forse più adatti alla mediazione avrebbe potuto aumentare questo dato. In un’ottica deflattiva del contenzioso, il 15% dei casi in meno per ciascun anno sembra percentuale tutt’altro che disprezzabile.
La maggiore percentuale di accordi si è registrata nei casi di mediazione volontaria (62%), mentre in quelli demandati dal giudice l’accordo si è realizzato nel 29% dei casi e nelle mediazione obbligatorie è stato del 43%. Comprensibile che le parti raggiungano più facilmente un accordo se decidono volontariamente di sedersi al tavolo. Al contrario avere due parti “costrette” ad incontrarsi saranno decisamente meno motivate. La mediazione demandata dal giudice sconta poi il fatto che la controversia è già avviata e che, per certi versi, le parti abbiano già affrontato una spesa per il giudizio e in qualche modo si aspettano di vedere “fruttare” questo investimento.
A smentita poi del fatto che la mediazione sia stata utilizzata solo per vertenze c.d. “bagatellari” o di poco rilievo, stanno i dati statistici che hanno definito che il valore mediano di tutte le liti risulta essere € 10.000,00, mentre, prese singolarmente le tipologie di controversie, osserviamo come picchi alti si ritrovino nelle materia di “divisione” (€ 100.000,00), di “successioni ereditarie” (€ 76.819,00), “risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa” e “risarcimento danni da responsabilità medica” (per entrambe € 50.000,00), per poi calare, ma con dati comunque importanti come nei “contratti bancari” (€ 37.500,00) e nei “contratti finanziari” (€ 30.471,00).
La realtà che si prospetta da questo esame offre molti punti su cui riflettere. Questo anche in considerazione del periodo temporale molto ristretto in cui alla mediazione è stata data la possibilità di operare, seppur disciplinata da una legge che presentava diverse zone grigie e con un sistema di organismi di mediazione creato con troppa fretta e un’attenzione alla qualità conseguentemente limitata ad aspetti formali.