Un altro viaggio sul pianeta assicurazioni: intervista ad Orsola Arianna

2539

Dopo la recente intervista al Prof. Maniori, ritorniamo sul rapporto tra mediazione e mondo delle assicurazioni incontrando Orsola Arianna. Occupandosi di assicurazioni come consulente ed avendo abbracciato l’attività di mediatore in tempi più recenti, Orsola Arianna è forse la persona più indicata per darci un’impressione diretta di cosa realmente accade all’interno di un incontro di mediazione. Nel volgere di poco più di un anno ha partecipato, presso diversi organismi di mediazione, ad incontri in qualità di parte, di assistente della parte, di tirocinante e di mediatore. Diversi punti di vista e diverse circostanze che le consentono un’analisi molto precisa e concreta.

Su quanti casi si basa fino ad oggi la sua esperienza e su quali argomenti vertevano le controversie?
Dall’entrata in vigore del Dlgs 28/10, ho partecipato a quattordici incontri di mediazione in materia assicurativa, oltre a due incontri in cui ero accompagnatrice di una parte. Le controversie hanno riguardato la responsabilità civile da circolazione stradale, globale fabbricati,  responsabilità medica,  polizza furto e incendio, polizza sanitaria di rimborso spese e polizza vita.
Come si sono conclusi i casi?
Direi che la media nazionale, indicata dalle statistiche ministeriali, è stata rispettata. Nel 50% dei casi è stato raggiunto l’accordo.
Tra le tante variabili, la capacità del mediatori, la predisposizione delle parti, il valore e la durata della lite, la presenza e la sensibilità dei legali, ecc., cosa ha influito maggiormente sull’esito degli incontri?
Secondo la mia esperienza, il valore e la durata delle liti non incidono sull’esito della mediazione. Hanno invece grande importanza il ruolo del mediatore, l’atteggiamento dei legali e, ovviamente,  la volontà delle parti di giungere ad una soluzione. Sono le persone a fare la differenza, indipendentemente dal loro ruolo, danneggiato-assicurato , avvocato, funzionario di compagnia o mediatore.
Negli incontri ai quali ho partecipato, ad eccezione di un solo caso in cui la compagnia di assicurazioni aveva inviato propri funzionari, erano sempre presenti    i legali, spesso in assenza del danneggiato-assicurato.
La presenza dei legali è sempre stata positiva, per aiutare gli assistiti a comprendere aspetti tecnico-giuridici e per la capacità di orientare il danneggiato; sono generalmente i legali a spiegare quali voci di danno richiedere e come possano essere quantificate, e sono fondamentali nel sostegno emotivo e psicologico ai propri assistiti.
È, in ogni caso, difficile parlare di “questioni assicurative” in generale, poiché è evidente la differenza tra un risarcimento danni alla persona, il ripristino di danni a un veicolo o ad un immobile, o, ancora, tra l’indennizzo di un furto o incendio e quello su una polizza infortuni.
Nella mia esperienza, quando le compagnie assicuratrici hanno aderito alla mediazione, hanno manifestato un atteggiamento orientato alla ricerca di un accordo, spesso scontrandosi con un eccesso di aspettative del danneggiato-assicurato o con comportamenti ostativi degli avvocati. Ma ho anche incontrato avvocati che hanno in ogni modo cercato una soluzione, tentando di ridimensionare le aspettative dei clienti ed evidenziando i rischi di un giudizio. In ugual modo ho avuto occasione di operare con rappresentanti delle assicurazioni che non hanno esitato ad andare oltre il proprio mandato, per consultarsi con la propria mandante ove ritenessero che fosse emersa una soluzione percorribile, ma anche medici ed assicurati disposti a mettersi in gioco personalmente pur essendo garantiti dalla propria compagnia.
Ritengo in ogni caso fondamentale la presenza dei diretti interessati, danneggiati-assicurati, medici o responsabili dei danni oggetto di mediazione che siano: in tutte le mediazioni l’aspetto “umano” è sostanziale. Il danneggiato può manifestare il proprio disagio e la sofferenza e ricercare un confronto con il medico, la struttura  sanitaria o con chi  gli abbia cagionato un danno, oppure l’assicurato può esternare la propria delusione nei confronti di una compagnia con cui, spesso, ha rapporti decennali. La manifestazione delle questioni più “intime”, nell’ambito protetto e riservato della mediazione, può spesso portare a soluzioni impreviste ed insperate.
È comunque essenziale il ruolo del mediatore: la sua capacità di capire l’ambito in cui si sta muovendo e quali siano gli elementi sostanziali, di individuare le strade percorribili, di porre le domande nel modo più appropriato e di conquistarsi la fiducia delle parti, evidenziando le opportunità della mediazione rispetto al giudizio, sono insostituibili.
Spesso le parti in mediazione non si comportano come entità distinte, in quanto emergono molteplici dinamiche relazionali: danneggiato-assicurato e proprio avvocato, danneggiato-assicurato e compagnia di assicurazioni, danneggiato e danneggiante, fiduciario o funzionario della compagnia e la mandante, avvocati tra di loro, parti e  mediatore, fiduciari e mediatore.
Il mediatore deve, perciò, riuscire a riconoscere il ruolo di ciascuno, dare i giusti spazi e il giusto valore alle persone, individuare tensioni e accordi. Deve essere imparziale, mantenendosi equidistante tra le parti, mostrandosi al contempo partecipe. La formulazione delle domande è fondamentale: non devono essere troppo invadenti ma neanche generiche, non devono essere tendenziose o imbarazzanti. Il mediatore deve capire fino a che punto può spingersi.
Sulla base di questa esperienza, le sembra più efficace la presenza di un mediatore che abbia competenze sul merito della controversia (in questo caso, assicurazioni) o piuttosto la capacità del mediatore di … aiutare le parti a comunicare e negoziare, insomma la sua preparazione come mediatore?
Questione complessa. La teoria dice che non conta tanto la pregressa competenza professionale del mediatore, quanto la sua capacità di far comunicare le parti. A mio avviso è così, ma in termini pratici dipende dalle situazioni. Avere competenze specifiche aiuta a riaprire il dialogo nelle fasi di stallo. Conoscenze specifiche aiutano a porre le domande giuste e a proporre soluzioni praticabili, che non creino false aspettative e rischino di irrigidire le posizioni delle parti.
Ricordo un caso di mediazione in materia di reversibilità di polizza vita in cui le parti discutevano da anni su come trovare una soluzione. Per la compagnia assicuratrice non c’erano precedenti in materia, mentre l’assicurato era irremovibile nella sua posizione. La strada giudiziaria avrebbe probabilmente risolto il contenzioso ripristinando le condizioni di polizza, in tal modo scontentando le aspettative economiche dell’assicurato e facendo sì che la compagnia perdesse l’assicurato e ne ricavasse una pessima pubblicità. La mia competenza specifica in materia assicurativa mi ha aiutato a porre le domande giuste e, senza in nessun modo fungere da consulente o suggerire una mia proposta, a far riflettere sugli aspetti rilevanti, orientando così le parti, verso una soluzione soddisfacente per entrambe.
La mia esperienza mi è stata utile anche in un caso di risarcimento danni da circolazione stradale, in cui si discuteva sulla quantificazione del danno. In assenza del danneggiato, il tono dell’incontro è stato da subito tecnico.
Ci sono stati però casi  nei quali le mie conoscenze non mi sono servite, quando, ad esempio le parti fondano le proprie ragioni su questioni di principio o di affermazione professionale, o quando ciò che più intessa al danneggiato è una sorta di “ristoro morale”. In questi casi ciò che più conta è la sensibilità del mediatore.
C’è un caso che l’ha colpita più di altri e che può raccontarci?
Ho assistito ad una mediazione sul risarcimento danni per l’allagamento di un’unità immobiliare in cui è stata in primo luogo determinante la capacità della mediatrice di aprire canali di comunicazione: erano presenti il danneggiato con il proprio legale, gli altri proprietari di appartamenti dello stesso immobile con i legali e l’avvocato della compagnia di assicurazioni di uno degli appartamenti. Non esisteva una copertura assicurativa sull’intero immobile e la proprietà immobiliare non era costituita in condominio, quindi non si capiva come dividere i danni provocati dalla rottura di tubazioni comuni. Inoltre erano stati eseguiti lavori pubblici nella strada prospiciente l’immobile che avevano cambiato  la pendenza della strada e modificato il deflusso dell’acqua piovana e l’assorbimento da parte della rete fognaria. Uno dei proprietari, presente con l’assicurazione, nel corso della ristrutturazione del proprio appartamento aveva modificato il percorso di alcune tubazioni. Il danneggiato era il possessore di laboratori seminterrati che avevano subito l’allagamento. Insomma, la situazione era davvero ingarbugliata e non si riusciva a capire chi avrebbe dovuto pagare cosa!
La mediatrice è andata al di là di qualsiasi valutazione tecnica, giuridica e assicurativa, puntando sul rapporto tra le parti, individuando le necessità specifiche di ciascuna, inclusa la compagnia di assicurazioni, ed è riuscita a condurle ad una soluzione che ha soddisfatto tutti, ricucito i rapporti di vicinato e salvato il rapporto assicurato-assicuratore.
Ho riportato questo caso perché evidenzia i pregi specifici della mediazione: qui tutti gli attori sono presenti e possono decidere di “mettere sul piatto” cose che una compagnia non potrebbe mai proporre. Un medico può fornire chiarimenti sull’intervento effettuato e magari proporre prestazioni aggiuntive rispetto al risarcimento assicurativo; il  conducente di un veicolo può riconoscere una responsabilità prima parzialmente o totalmente negata, o semplicemente partecipare alla sofferenza del danneggiato; un condomino può decidere di integrare di tasca propria il risarcimento offerto dalla compagnia pur di ottenere qualcosa in cambio (non tenere la tv alta fino a tardi, non lasciare il cane ad abbaiare sul balcone per ore ecc); la compagnia assicuratrice può integrare l’indennizzo con una nuova garanzia di polizza.
Per concludere, fondamentale è la preparazione del mediatore, la sua capacità di negoziare, di aprire canali di comunicazione, di porre attenzione alle parti e agli aspetti personali, di individuare i nodi della questione e il modo per scioglierli, però sono utili anche le competenze specifiche.
Sta al mediatore decidere di utilizzarle quando ciò non faccia correre il rischio di rimanere invischiato nei tecnicismi e di ricordare che, in mediazione, il suo compito è uno e uno solo: mediare.