Che cos’è l’OST? Perchè è utile conoscerlo?

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logo ost mediazionedi Stefania Lattuille

L’OST è stato definitivo “un coffee break di otto ore”. Nasce infatti nel 1983 dalla constatazione di un antropologo divenuto  consulente aziendale, Harrison Owen, secondo cui, al termine di una conferenza internazionale con 250 partecipanti, tutti  concordavano sul fatto che i momenti più utili erano stati i coffee break. Owen, invece di abbattersi, si chiese: “come mai?”.
Ora, sappiamo che nelle pause caffè i partecipanti  sono liberi di conversare con chi vogliono, su questioni di loro interesse e per il tempo che ritengono opportuno, nonché di scambiarsi idee, proposte e biglietti da visita.
Da qui la domanda di Owen: “è possibile organizzare una conferenza con le dinamiche e la vitalità tipiche di un coffee break?”.
Ebbene sì.
Nell’OST la discussione è focalizzata su un problema reale (o un tema complesso, meglio se controverso) che appassioni i presenti. I partecipanti inoltre devono essere lì del tutto volontariamente. Prerequisiti questi necessari affinché sussistano la piena espressione della questione che si ha a cuore e  il riconoscimento del risultato come proprio, con conseguente aumento delle probabilità di realizzazione e sostenibilità dei risultati finali della discussione.
Le caratteristiche della metodologia OST sono: il sedere in cerchio, il porsi in modo paritario, l’esplicitare le questioni che si vogliono condividere inerenti il tema proposto (usando la bacheca come agenda dei lavori), l’incontrare persone con interessi simili (al cosiddetto mercato), il mettersi a lavorare insieme suddivisi in gruppi e poi, alla fine, il tornare in cerchio per la sessione di chiusura in cui si riuniscono i vari report dei gruppi e si condividono le riflessioni sull’esperienza vissuta.
Il tutto basato sul principio dell’autorganizzazione e dell’informalità, fatte salve quattro semplici regole (“Chiunque venga è la persona giusta”, “Qualsiasi cosa accada è l’unica che pos-siamo avere”, “Quando comincia è il momento giusto” e “Quando è finita è finita”), che possono apparire insulse ma non lo sono affatto, e la ‘rivoluzionaria’ legge dei due piedi (“Se in un gruppo ti annoi e ti senti inutile, alzati e vai altrove”), che impone un comportamento, normalmente ritenuto ineducato, come un modo per migliorare la qualità del lavoro di gruppo.
L’OST è quindi un metodo per far lavorare insieme gruppi di persone in modo efficace basato sui principi dell’informalità, della generazione di più opzioni, della creazione di soluzioni  condivise, dell’empowerment e della responsabilizzazione dei partecipanti.
In altre parole, un metodo che costituisce la declinazione ad ampio raggio dei medesimi valori di fondo della mediazione.
Ma allora, se così è, per noi mediatori diventa davvero utile conoscere l’OST e per tre ordini di motivi.
In primo luogo, conoscere l’applicazione dei medesimi principi della mediazione in campi diversi amplifica la nostra formazione come mediatori, perché arricchisce la nostra cassetta degli attrezzi, ben potendo trarre spunto dall’utilizzo di tali strumenti anche nel nostro campo operativo.
In secondo luogo, proprio per noi mediatori che abbiamo una formazione giuridica, è davvero utile distogliere lo sguardo dal diritto e dal processo -che ben conosciamo e al quale, quindi, più facilmente facciamo riferimento- e volgerlo, proprio per trovare lumi per una gestione efficace e per la soluzione di impasse nelle procedure di mediazione, ad altre esperienze affini, come gli OST, i processi partecipativi, la mediazione familiare e comunitaria.
Infine, per riflettere sul nostro ruolo di mediatori.
Nell’OST il ruolo del facilitatore consiste nel fare il  meno possibile. Dice Owen: il facilitatore di un OST deve essere totalmente presente e al contempo assolutamente invisibile, deve creare e tenere lo spazio e il tempo di lavoro del gruppo, ma non deve essere direttivo né influenzare i lavori, deve lasciar andare le cose e lasciar fare ai partecipanti.
Ecco che allora, per un mediatore conoscere e sperimentare l’approccio dell’OST diventa un’esperienza formativa, uno strumento per interiorizzare un modo (attenzione, non dico il modo, ma un modo) di essere e di stare in mediazione.
Qualora vogliate approfondire la conoscenza dell’OST, sul sito www.associazioneinmedia.it potete trovare la bibliografia essenziale.
Se poi voleste spingervi a sperimentarlo di persona, il 25 novembre a Milano si terrà il primo OST sulla mediazione dal titolo “Quali opportunità e criticità nel futuro della mediazione?”. Tema sul quale, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale (che probabilmente per la suddetta data avremmo letto), diventa ancora più importante confrontarsi.