La mediazione italiana sotto i riflettori dell’ABA

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La sezione di Dispute Resolution dell’American Bar Association con i suoi 19.000 associati è la più grande associazione luci della ribaltaal mondo di professionisti (per intenderci, avvocati che si occupano di giudiziale, arbitri, mediatori, giudici ed accademici)
Quattordici anni fa quando l’ABA istituì la sezione ed organizzò la prima conferenza i soci fondatori si domandavano preoccupati se vi fossero partecipanti; ad Aprile 2012 a Washington erano presenti oltre 900 soci, prevalentemente americani  (anche se la sezione conta soci da tutto il mondo inclusa Africa, Oceania, Sud America, Asia, Europa)
Quest’anno per il XIV° anniversario i suoi membri si sono ritrovati nella splendida cornice di Washington per discutere di una varietà di argomenti che spaziano dal conflitto israeliano-palestinese al ruolo della neuroscienza nella mediazione, dai sistemi di ODR (online dispute resolution) al ruolo della mediazione nel gestire la violenza tra le bande di Chicago ed infinde del “fenomeno” della mediazione in Italia.
Ebbene si, quest’anno la mediazione italiana è stata sotto i riflettori dell’ABA sia per le peculiarita’ dell’istituto italiano (si pensi al carattere valutativo della proposta del mediatore, alle sanzioni pecunarie collegate alla mancata partecipazione senza giustificato motivo) sia per la prospettiva di crescita in termini numerici.
L’intervento sulla mediazione italiana presentato dal Prof. De Palo – fondatore di ADR Center, affiliato a JAMS uno dei maggiori provider privati di mediazione e arbitrato statunitensi – ha infatti rivelato l’immenso potenziale in termini numerici della mediazione italiana.
Nel suo intervento (From a Few Thousands to a Million Cases, Annually: The Italian Mediation Explosion) il prof. De Palo ha presentato i dati della mediazione italiana: sulla base delle statistiche del Ministero di Giustizia, sono state effettuate 60.810 mediazioni nei primi 9 mesi dall’entrata in vigore della legge (Marzo 2011- Dicembre 2011), e la prospettiva di crescita è stimata in 1 milione di mediazioni annue (ammesso e non concesso che la consulta non dichiari l’incostituzionalità della legge).
Quest’ultimo dato pur essendo una proiezione presenta interessanti sviluppi per l’Italia, non solo in termini di migliore gestione del sistema giudiziario ma anche dal punto di vista economico.
Concludendo, la mediazione italiana ha suscitato un notevole interesse generale ed una curiosità per le relative modalità di svolgimento portando i tre partecipanti italiani al centro di numerosi dibattiti.
C’è anche chi ha detto alla sottoscritta che gli Stati Uniti dovrebbero imparare dall’Italia in quanto a mediazione collegata al sistema giudiziario, lodando la scelta del legislatore italiano circa l’obbligatorietà della mediazione, l’incentivazione fiscale e il potere sanzionatorio del giudice per la mancata collaborazione in buona fede (negli Stati Uniti la “mandatory court-annexed mediation” è parzialmente sovvenzionata dal governo e parzialmente offerta pro-bono – si veda al riguardo il relativo articolo sul blog)
Al di là di un rinnovato “orgoglio nazionalistico” che tale commento ha suscitato, apro la discussione ai colleghi e blogger, dopo che il mondo dell’ADR ha puntato i suoi occhi su di noi.
Vogliamo veramente spegnere i riflettori sulla mediazione italiana e lasciarci sfuggirci un’altra occasione?

di Chiara Catti