Vita da coach: impressioni di una competizione online

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di Caterina Marchetto*

Ecco, shhhhhh zitti zitti che inizia!

Copertina sulle gambe, tazza di caffè in mano, biscotti nell’altra e video piazzato sul tavolino davanti al divano: è iniziata la CIM.

Quest’anno on line, come si conviene in questo ventiventi .

Seguirla on line è un po’ come guardare la partita da casa, urli contro uno schermo incitando i tuoi o inveendo contro al valutatore di turno.

Ma adesso silenzio, sono partiti.

È la squadra X che si fa avanti, prende la scena e dribbla sulla fascia destra mentre Y avanza, inizialmente timida ma decisamente minacciosa.

“Dajjjjjjjjjeeeeeeee” sputacchio sul video mentre mi infervoro.

Gongolo come non si può dire cosa: domanda aperta!

Sorrisone.

“Bravi eh?!” “Ma viiiiieeeeeeeniiiIiiii ” : riformulazione piazzata lí, in calcio d’angolo.

“Volevo avvertire che mancano 10 minuti sig. Mediatore ” .

In settanta minuti si concludono mesi di aula: quando arrivano sono pulcini bagnati, increduli di poter dire la loro, di potersi confrontare con chi è dall’altra parte della scrivania.

In pochi mesi impariamo a conoscerli, ne vediamo il potenziale, le caratteristiche, le incongruenze che i vent’anni portano con sé.

In pochi mesi insegniamo loro che non solo domandare è lecito ma diventa doveroso se si vuole offrire Ascolto all’altro. “Quindi lei mi sta dicendo che” diventa il loro sfottò preferito del quale noi andiamo fieri.

Alcuni ti cercano fuori aula perché hanno bisogno di parlarti di un problema che non hanno il coraggio di dire ad alta voce.

“Se ho ben capito lei intende dire…”

E piano piano diventano consapevoli di un altro modo di stare, di parlare, di sentire.

Imparano che quando sentono “quella cosa lì” possono dargli un nome perché le emozioni hanno un nome, e un nome diverso per ogni cosa che si sente.

Iniziano ad ammorbidire quelle asperità senza perdere i loro vent’anni.

Iniziano a leggere i casi senza cercare subito ” il colpevole”, intravedono il mondo sottostante ai “torti e ragioni” e iniziano a ragionare ad alta voce.

Alla fine di quei settanta minuti ne seguono cinque in cui affidiamo i nostri piccoli “al mondo”, un po’ come quando da piccolo puoi attraversare per la prima volta la strada da solo.

Avviene a volte che quella strada sia attraversata da un carretto che li travolge: “avreste dovuto fare questo” “avrei voluto vedere quest’altro” , “non avete sviscerato questo” “sì, dai, siete stati bravini”

Bravini.

Bravini?

Hanno delle potenzialità: sottolineale!

Hanno delle capacità: evidenziale!

Hanno lavorato sodo: riconoscilo!

Hanno sicuramente tutta la vita davanti per dimenticare ma quei cinque minuti possono fare male, un gran male senza insegnare nulla.

Altre volte quei cinque minuti sanno accendere la luce giusta che mette in evidenza le cose belle che hanno imparato a fare dando loro il coraggio di continuare a cercare la strada migliore.

Goal: la squadra del cuore ha segnato ed io esulto nel silenzio del mio soggiorno.

*Consulente del lavoro, Mediatrice, coach della squadra dell’Università di Verona alla CIM, Membro del comitato organizzatore della MAV Mediazioni a Verona – CIM edizione Master Università degli Studi di Verona